Marianna Sirca
Vita e pensiero di Grazia Deledda
a cura di Valentina Dragoni
Quarto appuntamento con Grazia Deledda.
Sembra strano che debba introdurre io il mio pezzo, ma assumo con felicità l’onere e l’onore di farlo presentandovi Marianna Sirca, romanzo pubblicato nel 1915 che si colloca nel periodo di maturità di questa straordinaria scrittrice che ho imparato ad amare proprio scrivendo questo articolo.
Conoscevo molto poco l’opera di Grazia Deledda – mea culpa, mea maxima culpa! – e, dovendo scegliere un’opera, non volevo puntare su quelle più note; quindi sono andata d’istinto e mi sono fatta catturare da questo titolo. Direte voi “cosa avrà mai questo titolo di così attraente?”
Il nome: Marianna Sirca
Un libro che porta il nome del personaggio principale mi incuriosisce sempre; mi fa lo stesso effetto di quando conosco una nuova persona e mi chiedo che personalità avrà, quale sarà stata la sua storia, che ricordi galleggiano nella sua memoria.
E in questo romanzo che profuma di erba, terra e sole troviamo una giovane donna descritta in un ambiente, quello sardo, ricco di misteri e narrazioni ma che ho sempre pensato aspro e difficile.
Quindi, non potevo farmi sfuggire l’occasione di conoscere questa storia e ho sbirciato per un po’ nella vita di Marianna, nelle sue emozioni e paure.
Marianna Sirca
I sentimenti nella natura
Sin dalle prime pagine ho capito che questa importanza dell’ambiente naturale sarebbe stata la cosa che avrei apprezzato di più, considerando che la presenza della natura nei romanzi è una cifra stilistica della Deledda.
Su questa tela imbastita di natura si intreccia una storia che di per sé non è complessa o caratterizzata da eventi straordinari, ma è solcata da tanti temi diversi: la divisione tra le classi sociali; l’importanza quasi soffocante della ricchezza e della terra; il ruolo delle donne, sottomesse e padrone allo stesso tempo.
Su tutto questo regna la presenza di una natura madre e protettrice, che sa però essere anche arida e severa.
E su tutti spicca Marianna: ragazza non più giovane con i suoi trent’anni, che ha sacrificato il fiore della sua gioventù alla sete di ricchezza del padre Berte.
Marianna domina tutto il romanzo con il suo carattere, protagonista di una storia d’amore che è destinata a finire nel peggiore dei modi.
“Marianna, dà retta a chi ti vuol bene. Obbedisci”
le viene ripetuto di continuo dal padre e da Fidela, la serva fedele dello zio prete.
“E Marianna aveva obbedito. Aveva obbedito sempre, fin da quando bambina era stata messa come un uccellino in gabbia nella casa dello zio, a spandere la gioia e la luce della sua fanciullezza attorno al melanconico sacerdote, in cambio della possibile eredità di lui”.
Morto lo zio, Marianna diventa davvero la padrona e lascia la casa di Nuoro in cui aveva speso la sua giovinezza per tornare nella Serra, in campagna.
Lì deve abituarsi ad un nuovo ruolo, al fatto che tutto quello che vede intorno a sé lo possa chiamare suo.
È in questa nuova condizione di padrona che Marianna incontra Simone Sole. O meglio, lo rincontra dopo anni di lontananza e questo evento scatena in lei sensazioni dirompenti e sconosciute.
Per la prima volta un uomo la guarda per come è, non per le cose e le terre che possiede.
Un uomo che ha scelto la vita da brigante per sfuggire ad una vita di schiavitù e povertà. Simone infatti è un fuorilegge che non ha mai compiuto alcun crimine violento, ma che si è dato alla macchia per la disperazione di avere una madre malata, un padre che si spacca la schiena per poco e delle sorelle bellissime che nessuno vuole sposare perché troppo povere.
Ed è durante una cena in casa Sirca, tra rituali di ospitalità che sembrano usciti da tempi remoti e silenzi che valgono più di mille parole, che nasce tra questi i due giovani un sentimento profondo eppure titubante; come un bambino che muove i primi passi, l’amore si apre la strada nel cuore della giovane, che mai aveva provato la sensazione dello sguardo di un uomo su di lei.
La delicatezza e insieme il furore con il quale la Deledda descrive in modo lirico e straordinariamente vivido le sensazioni e le emozioni che si dibattono nel cuore di Marianna la quale, non più ragazzina, le vive in modo totale e allo stesso tempo quasi infantile fanno di queste pagine tra le più belle di questo romanzo.
Nel sogno che Marianna fa la notte stessa del suo primo incontro con Simone prende parola il sentimento che le sconvolge la mente:
“Ella gli diceva ‘Io so che ti piaccio e che ti vuoi vendicare d’esser stato mio servo’; ed egli rispondeva ‘So che tu aspettavi un uomo come me: eccomi, ti do tutto di me, il bene e il male, ma ti prendo tutta, col tuo bene e col tuo male’”.
Segnali sommessi di una passione
È proprio questa, la parte iniziale del romanzo, quella che mi ha affascinato di più: vedere questi due ragazzi fare i conti con questo nuovo sentimento che smuove in lei e in lui delle sensazioni forti, dirompenti e contraddittorie.
Marianna Sirca vuole finalmente essere amata, ma ha allo stesso tempo paura di abbandonarsi a questo desiderio perché teme di dover abdicare alla libertà che le sembra di aver finalmente raggiunto dopo anni di servitù e catene. Simone, dal canto suo, vede in Marianna un riscatto dalla sua condizione: vuole lei e vuole la sua ricchezza, desidera amarla e possederla e allo stesso tempo la vede lontana “inafferrabile come l’immagine in fondo al pozzo”.
Ad ogni sensazione la Deledda accompagna una descrizione della selvaggia natura sarda, in modo che interiorità ed esteriorità si fondano in un unicum tratteggiato con un linguaggio schietto eppure corposo, denso come le notti invernali in campagna che avvolgono tutto e tutti con i loro veli.
Dai primi passi infiammati dalla passione, Marianna e Simone si uniscono in una storia d’amore che viene ostacolata non solo dall’ambiente sociale che li circonda – un fuorilegge come Simone viene ritenuto inferiore a Marianna, ora proprietaria terriera – ma sembra anche da loro stessi.
Marianna vuole Simone ad ogni costo e lui le promette che la sposerà.
Marianna è convinta però che solo se lui si costituirà e sconterà la pena che merita potranno vivere il loro amore in libertà e pienamente, ma il richiamo della vita da bandito sembra urlare più forte dell’amore che Simone prova: non volendo finire in carcere e non volendo perdere la faccia di fronte agli altri banditi, il giovane si rifugia nella foresta.
Ferita da questo comportamento, che l’ha costretta a difendersi dal biasimo di tutti i compaesani, Marianna deve ritrovare il suo posto nella vita.
Avrebbe sacrificato tutta la sua ricchezza per poter vivere il suo amore, per trovare uno scopo diverso da quello che le avevano affidato, ma la sorte, sorda ai sentimenti, spazza via le sue speranze di felicità.
Simone viene ucciso da Sebastiano, cugino di lei, convinto di dover difendere l’onore della ragazza e speranzoso di poterla conquistare; ma il dolore che scaturisce nel cuore di Marianna inonda tutto, tanto che anche l’ambiente intorno a lei sembra venirne assorbito.
Sul letto di morte si celebra il matrimonio e la fine del loro amore.
Sembra tutto finito, ma invece ritroviamo Marianna qualche tempo dopo e la Deledda ci racconta così il suo nuovo inizio:
“Finalmente egli andò a trovarla per la festa del Redentore; fu suo ospite e lei lo accolse quieta e seria; ma quando si trattò di dargli la risposta decisiva lo guardò negli occhi ed ebbe un tremito che parve scuoterla dalla sua morte interiore. E disse di sì, perché gli occhi del pretendente rassomigliavano a quelli di Simone.”
Che dire, sono rimasta stregata da questa semplice storia infusa di poesia ma anche di crudeltà. Una narrazione che mostra la dolcezza dei sentimenti, ma anche la loro forza distruttiva in un mondo in cui le regole e le consuetudini ingabbiano le scelte dei singoli.
È un romanzo da leggere lentamente, assaporando ogni parola che Grazia Deledda riesce con maestria ad incastonare nelle sue frasi, cercando di costruirsi nella mente i panorami e le sensazioni che ella descrive in ogni pagina.
Marianna Sirca è per me un romanzo che entra di diritto nelle letture in grado di creare per il tempo che durano un mondo dilatato e magico, che lascia una scia profonda anche dopo che si è voltata l’ultima pagina.