“Il conte di Montecristo” di Alexandre Dumas
Recensione di Caterina Stile
Edmond Dantès è un uomo felice: sta per sposare la donna che ama e che lo ricambia con ardore ed è appena stato nominato capitano della nave di cui era secondo. Il suo animo umile e semplice non potrebbe chiedere altro ma, quando è a un passo dalla felicità, viene accusato ingiustamente e imprigionato nell’impenetrabile Castello d’If come il più pericoloso dei criminali. L’accusa è falsa e architettata sotto l’ombra della gelosia e dell’invidia ma va a incastrarsi in pericolosi complotti politici che coinvolgono personaggi scomodi.
L’unico modo per proteggere i sotterfugi è nascondere la verità e, con essa, “cancellare” chiunque ne sia in possesso.
E, all’ombra del suo isolamento, Dantès viene cancellato per quattordici anni.
La solitudine, il buio, il silenzio plasmano lentamente un uomo nuovo. Un uomo che ha giocato a dadi con la pazzia e con la morte, che ha sofferto, pianto e implorato Dio nell’oscurità della sua cella.
Quest’uomo che ha scoperto il potere del sapere e della conoscenza e che ha imparato a dar valore a ogni singolo raggio di sole, riesce con uno stratagemma a fuggire dal Castello d’If.
Tornato al mondo senza che il mondo se ne accorga, Dantès scopre che il suo amato padre è morto di fame e di dolore in attesa del figlio e la ragazza che amava ha sposato uno degli artefici del complotto tramato alle sue spalle.
Dopo anni di attesa e di una speranza che sapeva di follia, Dantès ha nel cuore un solo sentimento: la vendetta.
Come l’araba fenice, il giovane ingenuo Edmond Dantès muore in silenzio per far sorgere dalle sue ceneri il potente Conte di Montecristo.
Chi è il Conte di Montecristo nessuno sa dirlo.
Un pascià dalla fortuna inestimabile, un potente in grado di annullare esecuzioni capitali, un mago capace di far morire i vivi e resuscitare i morti.
Denaro, potere e gloria sotto il nome dei carnefici di Dantès – Danglar, Villefort e Fernand – si inginocchieranno davanti al Conte di Montecristo, piegati sotto il peso di un destino che sa di riscatto. O di vendetta.
Ma fino a che punto il conte di Montecristo può considerarsi strumento di Dio sostituendosi alla Provvidenza?
Montecristo crede realmente che Dio voglia ripristinare la sua giustizia servendosi di lui – “Dio aveva bisogno di me” – in un’ottica che capolge la relazione di dipendenza tra l’uomo e Dio.
Eppure è forte il messaggio religioso laddove il concetto di giustizia è più incisivo.
I buoni vengono premiati e i cattivi puniti. La mancata osservanza di questa legge universale non è da imputare a dimenticanza divina, ma a un progetto di giustizia a volte inconcepibile per la mente umana fino a che il disegno non sia completo.
“Qualche volta Dio sembra dimenticare, quando la sua giustizia riposa, ma viene sempre un momento in cui ricorda.”
Per quanto Montecristo cerchi di nascondere la sensibilità di Dantès, essa alberga silenziosa nel suo cuore senza mai scomparire del tutto. Ed è quel seme fecondo che spingerà il Conte di Montecristo a mandare a monte i feroci piani di vendetta progettati così a lungo. L’amore per le persone buone e per la vita riconquistata a caro prezzo lo spingeranno perfino a dubitare di se stesso e del suo potere di fronte al rincorrersi degli eventi.
“Dio voglia che non abbia fatto troppo”.
Saranno i sentimenti incondizionati di poche persone a salvarlo dall’odio e dai dubbi, a spingerlo finalmente a ricredersi nei riguardi dell’animo umano e a riaccostarsi all’amore. Quel sentimento puro e nobile che, liberandolo dalle catene del passato, lo condurrà, capitano di vascello, verso mete inesplorate.
Delle diverse trasposizioni cinematografiche del romanzo, la miniserie interpretata da Gérard Depardieu resta la più fedele ed emozionante. Nonostante la complessità della trama, il film rende in maniera egregia le diverse sfaccettature emotive, il dolore, il tormento interiore del protagonista.
SINOSSI
Nel febbraio del 1815, a Marsiglia, il marinaio Edmond Dantès viene falsamente accusato di bonapartismo. Arrestato nel giorno delle nozze, alle soglie di una brillante carriera navale, sarà imprigionato nel castello d’If. La prigionia affina un odio feroce per gli autori della sua rovina ai quali rivolgerà una vendetta grandiosa e spietata. Le mille identità che il conte assume per preparare la trappola ai suoi nemici, i suoi viaggi, gli avvelenamenti, gli intrighi, le scomparse, i ritorni: questo grande fiume creato dalla penna infaticabile di Dumas sa far voltare pagina come pochi altri, con la stessa urgenza con cui i lettori di due secoli fa aspettavano l’uscita della puntata successiva.