Il canto di Penelope – di Margaret Atwood

Voce alle Donne

recensione di Emma Fenu

canto penelope

 

Il canto di Penelope è un romanzo di Margaret Atwood edito  nel 2005 e ristampato più volte, anche nel 2021 da Ponte delle Grazie.

Voce alle donne, dunque. E finalmente.

Ogni tanto lo ricordo, per i lettori più assidui, e lo comunico, per i lettori occasionali: sto portando avanti un progetto, Voce alle donne,dunque. E finalmente, che prende atto della copiosa presenza negli ultimi anni e, date le anteprima, anche per questo 2022 agli esordi, di una letteratura a firma prevalemente femminile che si propone di raccontare il punto di vista di donne del mito e della storia.

Donne che non hanno mai avuto possibilità di parola e di legittima difesa.

Donne che erano sfondo alle gesta belliche degli eroi.

Donne con un nome divenuto simbolo, o meglio stereotipo, della moglie perfetta e della puttana.

Donne spesso senza nome che hanno bruciato sui roghi perchè ribelli, capaci di compiere guarigioni grazie ad antiche conoscenze, stimate e poi temute e infine uccise come colpevoli di tutto.

Donne con nome, sante, mistiche e rispettate, che hanno scritto e parlato premettendo che molto derivava dalle loro visioni dettate dalla fede: corpi strumento del divino.

Donne con nome, scienziate, viaggiatrici, combattenti, filosofe… dimenticate dai libri di storia e scivolate nell’oblio.

Donne scomode, troppo colte e autodeterminate, condannate alla prigione dei manicomi dove se pazza non lo sei, talvolta lo diventi.

Donne costrette al silenzio dal potere, dall’autorità, da padri, mariti, fratelli e figli adulti. E da altre donne, perfino dalle proprie madri.

“Stai zitta, torna al tuo posto.”

“Stai zitta, te la sei cercata.”

“Stai zitta non capisci niente e non vali niente.”

Stai zitta, non sarai mai in grado di cavartela da sola”.

C’è una violenza che non passa attraverso le botte, ma annienta psicologicamente: imporre il silenzio è violenza. 

Di cosa parla Il canto di Penelope?

E, dopo questa lunga premessa, torniamo alla nostra Penelope, di cui più volte abbiamo dissertato.

Margaret Atwood ce la descrive come una donna traumatizzata, non risolta, logorata dalla gelosia per la cugina Elena, la donna più bella del mondo, irata contro ogni esponente del mondo maschile, intelligente, indubbiamente, ma anche voltafaccia e priva dsi sorellanza.

Del resto la protagonista ci parla dall’Ade, per togliersi i sassolini dalle scarpe e i macigni dal cuore.

Non è una donna da prendere come esempio, non la scusiamo, ma analizziamo le cause del suo cinismo ossessivo.

Il padre ha tentato di annegarla: non vi è riuscito, ma il fatto le ha regalato il soprannome di Anatroccola. Non proprio un cigno e, se ricordiamo che la cugina è Elena, l’aggettivo “brutta” aleggia senza essere detto.

Non che non fosse graziosa, la nostra Penelope, ma i pretendenti non storcevano il collo per guardarla, del resto, anche avessero ardito, si sarebbero imbattuti nel velo che sempre le copriva il volto.

Arriva poi lo sposo che la conduce ben lontana da Sparta, in cui era principessa, alla volta di un’isola di rocce e capre. E Penelope vomita tutto il tempo sulla nave: niente di romantico con il mal di mare.

Concepisce e dà alla luce un bel maschietto, ma Ulisse deve partire per la guerra di cui la causa è, indovinate un po’, la cugina Elena.

E Penelope, invisa ai suoceri, sola, cresce Telemaco che si rileva essere viziato, prepotente e terribilmente infantile, anche anni dopo lo svezzamento.

Si circonda di 12 ancelle, coetanee del figlio, che la aiutano a disfare il sudario la notte, perchè, nel frattempo, a guerra finita, Ulisse va in giro per terre e amanti e più di 100 giovinastri si sono insediati a casa sua, bevono, tracannano e stuprano le fanciulle che sono di corredo alla casa.

Tornato Ulisse, le fanciulle finiscono impiccate, perchè non è accettabile che oggetti appartenenti al padrone sia stati usati senza permesso dagli scrocconi aspiranti al trono, e Penelope inscena il suo pianto di felicità.

Dura poco, perchè, in questa storia della Atwood, a Ulisse questa Itaca e questa Penelope vengono di nuovo a noia, e riparte.

Deprecabile la mancata difesa delle dodici ancelle, ma questa Penelope è anche questo: una vittima incattivita di un patriarcato atroce per cui manco di tuo padre ti puoi fidare.

Perchè leggere Il canto di Penelope?

In questa destrutturazione del mito, La Atwood non si propone di essere politicalmente corretta.

Penelope non è un’eroina e da questa storia non ne esce in uno scosciare di applausi.

Eppure è un racconto, intenso, estremamente attuale, che rimanda alle cause attuali di stupro, ad ogni donna considerata corpo, ad ogni donna colpevole solo di essere tale, ad ogni donna che non può scegliere e che, per vivere, deve morire prima che la terra la ricopra.

Non è un testo, consolatorio, sappiatelo.

Dure le parole delle 12 ancelle, forse residuo di un antico culto ad Artemide di cui Penelope era la sacerdotessa, che costituiscono il coro in rima ma in lemmi estremamente contemporanei, con un’ironia che uccide e impicca chiunque legge.

 

 

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Sinossi

Fedele e saggia, Penelope ha atteso per vent’anni il ritorno del marito che, dopo aver vinto la guerra di Troia, ha vagato per il Mar Mediterraneo sconfiggendo mostri e amoreggiando con ninfe, principesse e dee, facendo sfoggio di grande astuzia, coraggio e notevole fascino, e guadagnandosi così una fama imperitura.

E intanto che cosa faceva Penelope, chiusa in silenzio nella sua reggia?

Sappiamo che piangeva e pregava per il ritorno del marito, che cercava di tenere a bada l’impulsività del figlio adolescente, che si barcamenava per respingere le proposte dei Proci e conservare così il regno.

Ma cosa le passava veramente per la testa? Dopo essere morta e finita nell’Ade, Penelope non teme più la vendetta degli dèi e desidera raccontare la verità, anche per mettere a tacere certe voci spiacevoli che ha sentito sul suo conto.

La sua versione della storia è ricca di colpi di scena, dipana dubbi antichi e suggerisce nuovi interrogativi, mettendo in luce la sua natura tormentata, in contrasto con la sua abituale immagine di equilibrio e pacatezza.

L’autrice di culto Margaret Atwood, con la sua scrittura poetica, ironica e anticonvenzionale, dà voce a un personaggio femminile di grande fascino, protagonista di uno dei racconti più amati della storia occidentale.

Titolo: Il canto di Penelope
Autore: Margaret Atwood
Edizione: Ponte delle grazie, 2021

 

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