La Bambina che vive fra due mondi –

di Silvia Bodini

Bambina mia,
sono la mamma e ti scrivo in una giornata uggiosa di un grigio novembre, qui in Irlanda.

Ti guardo, mentre giochi con tuo fratello e mi fai sorridere, quando parli italiano con quell’accento così inglese.

Sei una bambina diversa da quella che ero io: tu vivi tra due mondi.

Da un lato, la fresca e verde Irlanda che è per te casa, scuola, quotidianità, parchi verdi dove accarezzare cerbiatti.
Dall’altro, la calda e dolce Italia che profuma di vacanze, di pane fatto in casa dalle nonne e sa di acqua salata del mare, quella che ti resta sulla pelle mentre costruisci castelli di sabbia con gli zii.

Io, che il primo aereo l’ho preso a quindici anni, resto meravigliata al pensiero che quegli occhietti di soli cinque anni abbiano già visto le nuvole dall’alto e che quel corpicino tanto minuscolo sappia racchiudere dentro di sé la bellezza di due culture.

Sai, Aurora, mi chiedo spesso cosa significhi per te, questa vita tra due mondi a cui ti abbiamo “obbligata” io e papà. Un regalo o un enorme macigno sul cuore, fatto di nonni troppo lontani e di arrivederci detti troppo spesso?

Leggerai questa domanda tra vent’anni e forse, allora, avrai una risposta.

Se puoi immaginami in veranda mentre indosso la vestaglia di seta bordeaux e, ascoltando la pioggia, immagino il tuo futuro.
Perdona, se puoi, gli errori che commetterò, perché ce ne saranno, nel tentativo di proteggerti e di volere il tuo bene.

Anche noi mamme, sai, siamo umane e non conosciamo, ahimè, formule magiche per questa vita immensamente bella ma altrettanto
dura.
Mi auguro, figlia mia, che tu non debba essere colpita da un evento violento e scioccante, per comprendere a pieno il valore di un singolo respiro.

Non finché sei giovanissima perlomeno.

Piuttosto, spero di essere stata brava e paziente abbastanza in questi anni, nell’insegnarti la bellezza della vita attraverso quella cicatrice, lunga 30 cm, che taglia la schiena di papà a metà.

Avevo la tua età, Aurora, venticinque anni, quando l’ho visto sdraiato, su un campo da rugby. I suoi occhi fissi in un cielo grigio, come quello della nostra Irlanda.
Lui che mi dice: “Silvia, non riesco ad alzarmi”. Io che sento il cuore fermarsi.
Poi la corsa in ospedale su un ambulanza. Era un mese dopo il nostro matrimonio.
Due vertebre fratturate e sei ore di operazione, sei ore di attesa estenuante e io ero da sola, in America.
Io che prego, anche se non credo in nessun Dio. Io che immagino un futuro insieme a lui, che rischia di scapparmi dalle mani.
Poi, quel dottore indiano che mi raggiunge in sala d’aspetto e mi sorride. Io, che quasi svengo.

Si può crescere più velocemente in sei ore che in sei anni? Se te lo stai chiedendo, amore mio, la risposta è: sì, a me è successo.

E allora, Aurora, io ti auguro di sapere apprezzare la vita in ogni suo istante, perché poi il resto viene da sé.
Non rinnegare sentimenti negativi come rabbia, tristezza o paura.
Accettali, perché sei umana e saranno inevitabilmente tuoi compagni di avventura.
Accettali, consapevole che vanno e vengono, come nuvole in Italia durante gli acquazzoni di agosto.
Anche la sofferenza sai, ci forgia e trasforma. A volte ci rende persino più affascinanti.
Pensa alla nostra Irlanda. Potrebbe essere così verde e bella se non subisse tutti i giorni quella pioggia incessante e fastidiosa?
E perciò fatti travolgere bambina mia, dalle emozioni e dai cambiamenti, da accenti nuovi e cibi esotici.

Porta alto il valore della diversità di cui sei sempre stata portatrice.

Tu, la bambina dagli occhi scuri e profondi in una classe di occhi color smeraldo.
E quando incontrerai chi vorrà farti credere che non sei abbastanza, proprio perché sei diversa, tu pensa alla tua mamma che parlava strano, a detta dei tuoi amichetti dai capelli rossi, ma poi li faceva impazzire con le sue lasagne, di cui andavano ghiotti.
Resta te stessa, sempre! Non permettere a niente e nessuno di cambiare il tuo cuore, con
un’unica eccezione: l’amore. Quello lo cambierà, inevitabilmente.
E capirai che ne varrà la pena, solo quando incontrerai chi ti guarda con gli stessi occhi con cui papà guarda me. Come in quella foto sul davanzale in salotto che ti piace tanto, quella dove lui indossa un abito blu e io ho una coroncina di fiori tra i capelli.

Senza quegli occhi non ci saresti stata tu: oggi la mia nana che corre per il soggiorno, tra vent’anni la mia piccola donna.

Con tutto l’amore che ho,
la tua mamma.