La stanza delle mele di Matteo Righetto

recensione di Antonella Spanò

la stanza mele

La stanza delle mele è un romanzo di Matteo Righetto, pubblicato dalla casa editrice Feltrinelli nel 2022.

Di cosa tratta La stanza delle mele?

Il protagonista di questa storia è Giacomo, che, rimasto orfano, vive con i nonni paterni e i due fratelli maggiori in una frazione bellunese tra le montagne venete.

Siamo nel 1954 e Giacomo, tornato nel Bosch Negher per recuperare un attrezzo dimenticato dal nonno, nota un uomo impiccato senza una scarpa, che dondola tra i rami dell’albero a cui è legato.
Terrorizzato, il ragazzino fugge via senza rivelare niente a nessuno. Purtroppo, l’esser tornato indietro senza aver portato a termine il compito affidatogli dal nonno, gli procura una dura punizione corporale, con conseguente “prigionia” dentro la stanza che profuma di mele.

“I Nef la chiamavano “la stanza delle mele”. Lontana dalle camere e dall’abitazione veniva utilizzata come magazzino alimentare, in particolare per stivare le mele selvatiche che ogni autunno Giacomo e i suoi fratelli raccoglievano e depositavano lì dentro, avvolte in carta di giornale e adagiate sul fieno.

Le mele venivano sistemate con rigoroso ordine e consumate con parsimonia durante l’inverno oppure utilizzate da Angelo Nef per la preparazione di mòst, sidro e distillati alcolici che rivendeva alle osterie di Alleghe e Caprile.

Il vecchio si prendeva cura delle mele con un’attenzione maniacale e nonostante fosse l’unico membro della famiglia a possedere la chiave di ferro che apriva il portoncino di quell’antro scuro, tra l’autunno e l’inverno trovava il tempo per andare a contare ogni giorno i pomi uno a uno e vedere se i nipoti avevano fatto i furbi”.

Nonostante le precauzioni di Giacomo, il segreto del Bosch Negher si diffonde tra i compaesani e, da lì in poi, la situazione familiare di Giacomo precipita, tanto che fino all’età adulta egli sarà ossessionato da questo ricordo, o visione che sia.

Nessuno gli ha mai creduto, nonostante tutti provassero timore e turbamento, tanto da far emergere una sorta di violenza collettiva.

Ma come un giorno gli disse la vegia Tina de Tiè,

“questa montagna veniva chiamata Blutberg, la montagna di sangue […] negli anni successivi alle guerre, in un tempo che doveva essere di pace, accaddero molti crimini. Il Bosch Negher è stato chiamato così, giovane Nef, perché in esso sono nascosti le vendette, le colpe, i segreti più neri di molte famiglie fodòme”.

Giacomo cresce lontano dalle montagne, prova a indagare sull’identità di quel corpo penzolante, ma è necessario che passino quarant’anni prima che, ormai artista affermato, riesca a rimettere piede nei luoghi d’infanzia, farsi sopraffare dai ricordi, per chiudere, così, un cerchio.

Quell’ossessione gli ha impedito di vivere appieno la vita ed è giunto il momento di lasciar andare le leggende e i segreti per ricominciare tutto da capo!

 

Perché non leggere La stanza delle mele?

La stanza delle mele è una lettura gradevole, la cui narrazione si dipana su due piani temporali.

Il lettore, quindi, conosce e si affeziona al Giacomo bambino, costretto al duro lavoro quotidiano e a subire le pesanti punizioni corporali da parte del nonno, una figura onnipresente e violenta, che incute terrore e, nello stesso tempo, rispetto.

Nel contesto familiare emerge, a fare da contrappeso, il personaggio della nonna che non può opporsi materialmente all’autorità del marito, ma che, in silenzio e in ombra, si prende cura di Giacomo e delle sue ferite del corpo e dell’anima.

Nella seconda parte Giacomo è ormai adulto, taciturno, cupo e solitario, ancora ossessionato dalla visione di gioventù e il lettore si ritrova un po’ spaesato nel sovrapporre le due figure.

Nonostante l’interesse per la risoluzione dell’enigma del Bosch Negher, questa seconda parte della storia de La stanza delle mele perde, a mio parere, forza narrativa nel descrivere il processo di catarsi del protagonista, forse un po’ troppo semplicistico, incidendo così sulla qualità totale del romanzo.

Mi aspettavo che la risoluzione del trauma infantile avvenisse in modo più graduale, secondo meccanismi psicologici più complessi.

La sensazione è stata, quindi, di una conclusione affrettata, che ha reso la lettura meno accattivante e non in linea con la prima parte del romanzo.

 

Link d’acquisto

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Sinossi

È l’estate del 1954, Giacomo Nef ha undici anni e con i due fratelli maggiori vive dai nonni paterni a Daghè, sulle pendici del Col di Lana, nelle Dolomiti bellunesi. “Tre case, tre fienili, tre famiglie.”

I bambini sono orfani e l’anziano capofamiglia li tratta con durezza e severità, soprattutto il più piccolo.

Il nonno è convinto infatti che Giacomo sia nato da una relazione della nuora in tempo di guerra e lo punisce a ogni occasione, chiudendolo a chiave nella stanza delle mele selvatiche. Lì il ragazzino passa il tempo intagliando il legno e sognando l’avventura, le imprese degli scalatori celebri o degli eroi dei fumetti, e l’avventura gli corre incontro una tarda sera d’agosto.

Con l’approssimarsi di un terribile temporale, Giacomo viene mandato dal nonno nel Bosch Negher a recuperare una roncola dimenticata al mattino. Mentre i tuoni sembrano voler squarciare il cielo, alla luce di un lampo scopre vicino all’attrezzo il corpo di un uomo appeso a un albero. L’impiccato è di spalle e lui, terrorizzato, fugge via.

Per tutta la vita Giacomo cercherà di sciogliere un mistero che sembra legato a doppio filo con la vita del paese, con i suoi riti ancestrali intrisi di elementi magici e credenze popolari.

Matteo Righetto conosce profondamente il mondo arcaico della montagna – durissimo e al contempo vivo di profumi, sapori, dialetto e leggende – e ce lo restituisce nel suo romanzo più maturo e incalzante. Leggerlo è una corsa notturna nel bosco, con il cuore in gola.

I segreti tornano sempre a galla attraverso le leggende.

Titolo: La stanza delle mele
Autore: Matteo Righetto
Edizione: Feltrinelli, 2022