Come d’aria di Ada d’Adamo
Recensione di Donatella Vassallo
Come d’aria è un romanzo scritto da Ada d’Adamo edito da Elliot nel 2023.
Di cosa tratta di Come d’aria?
Cosa vuol dire vivere con una figlia disabile?
E come cambia la sua e la tua vita, se tu, madre, ti ammali? Tenta di rispondere a queste e altre domande “Come d’aria”, il libro di Ada d’Adamo, da poco pubblicato da Elliot edizioni.
Se cercate un racconto edulcorato sulla disabilità, non lo troverete qui.
L’autrice, diplomatasiall’Accademia Nazionale di danza, si è occupata per anni del corpo e delle sue declinazioni nell’artecontemporanea.
La nascita di una figlia affetta da oloprosencefalia suona per lei come una beffa.
L’avrebbe messa al mondo se l’avesse saputo? No. Lo scrive chiaro e tondo a febbraio del 2008, in una lettera inviata e poi pubblicata su “La Repubblica”.
La riporto integralmente, val la pena leggerla:
“Gentile Augias,
un “bravissimo” medico non è stato in grado di leggere da una ecografia che mia figlia sarebbe nata con una grave malformazione cerebrale.Oggi la mia bimba, poco più di due anni, è persona pluridisabile, invalida al cento per cento. Frequentando i reparti di neuropsichiatria infantile e i centri di riabilitazione incontro quotidianamente decine di bambini nati prematuri.
Sono perlopiù ciechi o ipovedenti, come la maggior parte dei nati pretermine. Ma quasi sempre il deficit visivo si accompagna ad altri danni, cerebrali o motori, irreversibili.
In questi anni ho conosciuto famiglie sbriciolate, unioni distrutte, donne sprofondate nella depressione.
Non tutti hanno la forza fisica, gli strumenti psicologici, i mezzi economici, la cultura che ci vuole per combattere contro la burocrazia implacabile, contro la crudeltà di certi medici e l’inciviltà imperante, la solitudine e la stanchezza e, infine, contro se stessi e la propria inadeguatezza.È per queste persone, soprattutto, che le scrivo.
La chiesa, la politica, la medicina smettano di guardare alle donne come a puttane che non vedono l’ora di uccidere i propri figli.
L’aborto è una scelta dolorosa per chi la compie, ma è una scelta e va garantita.Anche se mi ha stravolto la vita, io adoro la mia meravigliosa figlia imperfetta.
Ma se avessi potuto scegliere, quel giorno, avrei scelto l’aborto terapeutico.
Ai medici che vogliono rianimare i feti anche senza il consenso delle madri dico di uscire dai reparti di terapia intensiva, andare a vedere con i loro occhi cosa sono diventati quei bambini, a quale eterno presente hanno condannato quelle madri.”
Ci tiene a non essere considerata una madre coraggio, Ada d’Adamo:
“Io la croce avrei preferito non caricarmela sulle spalle, la virtù non l’avevo scelta”.
Eppure di coraggio ne dimostra tanto, ogni giorno, quando attraversa i primi sei mesi d’inferno della figlia (“Questa le farà passare i guai” le dice la caposala al momento delle dimissioni dall’ospedale), quando i vari ausili occupano lo spazio di casa (“Ogni nuovo dispositivo è un’ammissione di incapacità, sta lì a sottolineare tutto quello che non puoi o non sai fare, e che bisognerà aiutarti a fare per sempre. Ogni volta è un colpo, incasso la sconfitta e vado avanti”), quando la figlia comincia a frequentare la scuola e la maestra di sostegno le dice, al primo giorno delle elementari: “No, signora, io a sua figlia da bere non glielo do, perché se poi l’acqua le va di traverso finisco in galera”.
Non nasconde i momenti di sconforto, l’altalena emotiva quotidiana, la solitudine:
“Avere un figlio invalido significa essere soli. Irrimediabilmente, definitivamente soli. Indietro non si torna. Uguale a prima non sarà più. È come se dentro di te si fosse accomodato il punteruolo delle palme che rosicchia la pianta dall’interno piano piano, la trasforma in un involucro pieno di segatura.
La superficie resta uguale, ma sotto i bordi, sotto la pelle, non resta più niente. La solitudine è fatta di puntini piccoli, uno vicino all’altro”.
Perchè leggere Come d’aria?
Incalzati dal ritmo della narrazione di Come d’aria, che a tratti rischia di trascinarci giù, si cerca uno spiraglio d’aria, uno spazio in cui riprendere fiato.
Ma la vita non è un romanzo: il momento in cui si si ferma non sempre lo decidiamo noi e non sempre arriva come vorremmo.
All’autrice, alla soglia dei suoi 50 anni, viene diagnosticato un tumore metastatico alla mammella che, oltre a trasformare il suo corpo, cambia anche il suo rapporto con la figlia.
Usa il termine “incorporazione”, mutuandolo dagli studi sulla danza:
“Ha a che fare con la nozione di corpo come luogo della memoria, con la trasmissione e l’apprendimento, con il passaggio da corpo a corpo di informazioni, pratiche e tecniche, quindi con la capacità del corpo di creare conoscenza”.
Prosaicamente significa che la badante della figlia diventa anche la sua.
Poeticamente, che la malattia le rende simili, che nell’acqua di una piscina quei due corpi martoriati possono ritrovare istanti, forse eterni, di intimità.
A noi, che guardiamo dal bordo vasca, resta lo stupore verso la vita, sempre più vasta del nostro sguardo, e l’ammirazione per chi trova le parole per raccontarla con coraggio e verità.
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Sinossi
Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi.
Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant’anni scopre di essersi ammalata.
Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontare la loro storia. Tutto passa attraverso i corpi di Ada e Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza.
Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente. Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come un dono.