L’apprendista – di Gian Mario Villalta

recensione di Giovanna Pandolfelli

L'apprendista

Tra i dodici semifinalisti del Premio Strega 2020, Gian Mario Villalta dà alle stampe L’apprendista, per SEM edizioni.

Direttore artistico dal 2002 della nota manifestazione libraria Pordenonelegge, Gian Mario Villalta è insegnante liceale oltre che poeta e scrittore.

Ambientata nelle zone delle sue origini, in un piccolo villaggio friulano, la narrazione de L’apprendista scorre lenta e claustrofobica proprio come ci si
immagina la vita di paese:

Nel centro del paese ci sono poche famiglie, e anziani soli, qualche extra africano nelle case più vecchie con i bagni scassati e gli infissi a pezzi. Quelli almeno fanno famiglia. Il resto, più cani che bambini.

Allo stesso modo, lento e claustrofobico, scorre la vita dei due protagonisti, il sacrestano Fredi e il suo apprendista Tilio, le cui giornate sono scandite dagli orari delle messe quotidiane, sempre poco frequentate e il cui futuro è invece misurato sul ritmo degli eventi salienti della chiesa: matrimoni (non molti), battesimi (pochi), funerali (molti).

“Domani un funerale. Un solo battesimo dal primo di giugno, tre matrimoni. Con i funerali, al 5 luglio siamo a quattro. Chissà se viene fuori un pareggio, alla lunga.”

Tristemente il lettore assiste ad una gestione della chiesetta affidata interamente al sacrestano, un uomo dal passato costellato di indecisioni, di tentennamenti, di smarrimenti, che si aggrappa a regole non scritte create dalla sua personale concezione di chiesa e forgiate sulla base delle proprie esigenze.

“Le regole ti aiutano quando vuoi troppe cose e non sai deciderne una.”
“[…] perché la chiesa è fatta per altro e non per mendicare.”

Tilio l’apprendista osserva in disparte la gestione di Fredi, non lo giudica, al contrario apprende, non solo a decidere il numero delle ostie da consacrare, a pulire la cera delle candele e a sistemare i banchi nella navata, ma anche e soprattutto apprende a conoscere l’altro e se stesso.

[…] siamo fatti a cassetti. E c’è sempre un doppio fondo, credi di vedere tutto quello che c’è dentro, ma non è così, tiri fuori il cassetto e capisci che c’è molto di più.

Nel doppiofondo dei nostri cassetti mentali si annidano convinzioni limitanti, regole create ad hoc per non vedere la realtà, la nostra stessa realtà, quella che ci impedisce di progredire.
Anche l’apprendista si affida alle regole dettate dal sacrestano. Il sacerdote, il Don, inesistente, incurante, assente.
Tra le quattro mura della sacrestia, fresche d’estate e umide d’inverno, avviene il quotidiano scambio tra i due uomini, ormai vecchi dentro, oltre che anagraficamente, che ripercorrono goccia a goccia il passato reciproco. È questa l’occasione per entrambi per esprimere riflessioni sui rapporti umani e sui tempi odierni.

Anche i preti comprano su internet. Il negozio di articoli sacri della diocesi abbassa la saracinesca.

Fredi non ci voleva credere. Tilio gli ha fatto vedere i prezzi […] hanno le ostie per celiaci.

Le riflessioni si susseguono toccando corde universali come il diritto ad una morte degna, rinunciando all’accanimento terapeutico oppure il ruolo stesso della Chiesa e della religione per l’individuo. Cosa significa interpretare le Scritture? Quanto ci mette l’uomo e quanto Dio nella divulgazione della Sua Parola?
La conversazione tra i due prende forma faticosamente, tra scherni e gesti di malcelato affetto.

Con grande cautela l’apprendista Tilio svela pensieri e riflessioni sul proprio passato e sulla vita in genere e sospinge dolcemente il sacrestano a schiudersi poco a poco.

Aggrappandosi disperatamente a quel mondo asfissiante di regole, muri e barriere che lui stesso si è costruito, il sacrestano riesce tuttavia a permettere al suo apprendista di far breccia sulla sua corazza.

L’amicizia è così, tra uomini, ci si comporta come ragazzi pure da vecchi. E si fa i seri quando si vuole parlare di cose serie, ci si mette d’impegno, come da ragazzi […]

Una volta prese le distanze dalla minuscola lente che osserva il microcosmo come da un pertugio in una crepa sulle antiche mura, il lettore nota uno scorcio che getta luce sul grigiore di un piccolo centro friulano, laddove il clima non è clemente, la gente si dimostra chiusa e poco accogliente e sempre pronta a criticare.

Un romanzo di formazione, quello di Villalta, una formazione che parte dall’età matura, perché non è mai troppo tardi. Il romanzo, nonostante una certa tendenza all’ovvietà delle vicende e di certe riflessioni, oltre che alla banalità del finale, si pregia dell’originalità di protagonisti giunti nella terza fase della loro vita che pure dimostrano di poter ancora imparare a vivere.

“L’apprendista sacrista è perfetto per me, senti come suona bene, apprendista. Sto all’ultimo posto, nessuno mi manda via, dormo bene e saluto per strada. […] Siamo noi che crediamo migliori i posti davanti, e poi viviamo con la paura che arrivi qualcuno a mandarti via. L’apprendista non è un ultimo posto […]”.

Link d’acquisto

 

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Sinossi

Fuori piove, fa freddo. Dentro la chiesa, in un piccolo paese del Nord-Est, fa ancora più freddo. È quasi buio, la luce del mattino non riesce a imporsi. Un uomo, Tilio, sta portando via i moccoli dai candelieri, raschia la cera colata, mette candele nuove. Sistema tutto seguendo l’ordine che gli hanno insegnato, perché si deve mettere ogni cosa al suo posto nella giusta successione.

Parla con se stesso, intanto, in attesa che sulla scena compaia Fredi, il sacrestano. Tra una messa e l’altra i due sorseggiano caffè corretto alla vodka.

Così inizia il teatro di una coppia di personaggi indimenticabile, che intesse nei pensieri, nei dialoghi e nei racconti un intreccio vertiginoso di vicende personali, desideri, rimpianti e paure che convocano la vita di tutto un paese, in una lingua che fa parlare la realtà vissuta.

Con questo nuovo romanzo, Gian Mario Villalta, uno degli scrittori più interessanti e significativi della nostra letteratura, scrive una pagina memorabile del suo percorso d’autore.

Titolo: L’apprendista
Autore: Gian Mario Villalta
Edizione: SEM, 2020