Il mio nome è Maria Maddalena – di Roberta Trucco

recensione di Emma Fenu

Maria Maddalena

 

Il mio nome è Maria Maddalena è un romanzo di Roberta Trucco edito da Marlin nel 2019.

Un nome composto, una ragazza con una duplice storia, una donna nata due volte.

Si chiama Maria, come colei che concepì per opera dello Spirito Santo, e Maddalena, come colei che nell’utero, secondo la leggenda, contenne il Santo Graal, ossia fu coppa del sangue reale, quello del Figlio di Dio.

Due figure dalla maternità mitica, controversa, emblematica e non convenzionale.

La nostra protagonista, la nostra Maria Maddalena, è una giovane italiana iscritta alla facoltà di Antropologia di Los Angeles che decide, per pagarsi un viaggio di studio in Amazzonia, di diventare una madre surrogata, ossia ospitare nel proprio ventre embrioni biologicamente non propri per affidare il nascituro – o i nascituri – a genitori committenti.

Fin dall’inizio appare chiaro che la giovane non è psicologicamente idonea per essere una madre surrogata.

Mi auguro che la valutazione psicologica in California sia molto diversa da come viene raccontata nel romanzo.

Maria Maddalena è una figlia adottiva che vive il dramma della “tessera mancante” nella ricostruzione delle proprie origini e che ha ancora un conflitto non risolto, in particolare con la figura materna (negli screzi le rinfaccia di non essere la genitrice biologica) e che in adolescenza ha dato in adozione un bambino concepito durante un rapporto occasionale.

A tali due traumi legati all’abbandono del ventre, si aggiunge la mancanza di chiarezza legale circa le procedure dell’adozione, che la ragazza ipotizza essere stata facilitata da conoscenze familiari presso il Vaticano.

Mi auguro che l’adozione in Italia sia molto diversa da come viene raccontata nel romanzo.

Maria Maddalena non è psicologicamente pronta per affrontare un percorso che coinvolge nelle fibre più intime del proprio essere e che scoperchia il vaso di Pandora anche di chi ha, apparentemente, una condizione priva di falde.

Chi sono i genitori committenti?

Una coppia di cui uno è il ginecologo che opera presso la clinica e segue la paziente.

Mi auguro che la deontologia professionale in California sia molto diversa da come viene raccontata nel romanzo.

Al di là di tali forzature dell’intreccio, il testo di Roberta Trucco, soprattutto nella seconda parte, è un interessante e stimolante invito alla riflessione sull’etica, sul progresso e sulla vita rivolto a tutti, non solo a chi è potenzialmente coinvolto nell’infertilità,  poichè ci conduce nel cuore dell’Amazzonia, quale correlativo oggettivo dell’utero della Grande Madre, e nel cuore della Storia umana.

Ci lascia domande vive e pulsanti, il romanzo.

Chi è la madre?

Colei che ha il patrimonio genetico dell’embrione? Colei che offre a quest’ultimo nutrimento e accoglienza nella gravidanza? Colei che lo cresce con amore, una volta nato?

Il desiderio che diventa diritto è un pericolo?

Il desiderio di genitorialità di chi può procreare è diverso dal desiderio di chi non può, per varie ragioni?

Ciò che avviene secondo natura è sempre più giusto ed etico di ciò che è creato in laboratorio?

La maternità surrogata riduce le donne, anche se non indigenti e consenzienti, a oggetti sfruttati il cui utero è un prodotto su un mercato di persone disposte a tutto?

Quali sono i diritti primari da assicurare a un nascituro?

Cercare risposte, attraverso il confronto e la maturazione di un’opinione, non è facile. Ma è necessario.

 

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Sinossi

Maria Maddalena ha 22 anni e vive a Los Angeles insieme ai genitori, una coppia italiana emigrata in California; è una figlia adottiva e non sa nulla dei genitori biologici.

A diciassette anni ha affrontato una gravidanza indesiderata da cui è nato Michael, dato in adozione.

Studia antropologia alla UCLA e ha un sogno: andare in Amazzonia grazie a un progetto dell’università. Esclusa dalle selezioni, decide di candidarsi come madre surrogata per guadagnare i soldi che le permetterebbero di andarci autonomamente.

Quando, in seguito alla fecondazione in vitro, rimane incinta di due gemelli, i genitori committenti le chiedono di abortirne uno, come previsto dal contratto.

Nel frattempo l’università la richiama: può partecipare al progetto.

È allora che Maria Maddalena decide di partire per sottrarsi all’aborto.

Uno dei genitori committenti resta spiazzato dalla determinazione della ragazza, cade in una crisi profonda e decide di seguirla in Amazzonia.

A loro si uniranno un’infermiera e un giovane antropologo, e insieme raggiungeranno una missione di monache nel nord del Brasile.

Immersi nei ritmi ancestrali degli Indio troveranno le risposte che cercano.

Il romanzo si sviluppa attraverso una felice alternanza di punti di vista e denota sorprendenti capacità narrative dell’autrice, che dimostra di saper dominare la materia trattata, anche in base alle sue dirette esperienze di vita e di lotta politica.

Prefazione di Grazia Francescato.

 

Titolo: Il mio nome è Maria Maddalena
Autore: Roberta Trucco
Edizione: Marlin, 2019