Vita e pensiero di Grazia Deledda

a cura di Carolina Colombi – Valentina Dragoni –Maria Lucia Ferlisi  e  Giulia  La Face

Terzo appuntamento con Grazia Maria Cosima Damiana Deledda.

Grazia Deledda

Oggi Giulia La Face, attraverso un’approfondita e straordinaria recensione, vi farà conoscere un altro racconto di Grazia Deledda.

Giulia ci racconterà  il “Vecchio della montagna“. Un romanzo dove l’introspezione psicologica dei personaggi è condotta con rara sensibilità.

La società rurale  fa emergere in modo forte i caratteri delle persone.  Deledda ne trasmette la forza con una capacità stilistica, che ci fa capire come  ha ben meritato il Nobel. Nessun altra letterata l’ha eguagliata!

La terra sarda arcaica e  primitiva fa da sfondo esemplare nel racconto. Il Monte Ortobene è quasi il protagonista principale attorno a cui girano i personaggi del libro.

Colori,  suoni,  personaggi, sono descritti così minuziosamente che sembra  di leggere un romanzo corredato di foto dell’epoca.

Il lettore se chiude gli occhi ne vede scorrere le immagini. In effetti Grazia Deledda aveva la capacità di disegnare con le parole la terra e le persone.

Il lettore si immerge nei suoi personaggi e li fa quasi dialogare con loro, in una sorta d’immaginaria interazione con il romanzo.

Anche questo romanzo è stato pubblicato a puntate nel 1899 sulla rivista : “La nuova Antologia”.

Ferlisi Maria Lucia

 Il vecchio della montagna

Lettura di Giulia La Face

Il vecchio della montagna

“Melchiorre Carta saliva la montagna, ritornando al suo ovile.”

Il romanzo si apre nel centro del mondo barbaricino, il Monte Orthobene, che giganteggia, aspro, selvaggio, a protezione di un mondo arcaico e segreto, pastorale, agreste, mitico, sulla città di Nuoro.

In quell’ambiente sono nati e cresciuti uomini forti che vivono solo di agricoltura e pastorizia. Sono  condizionati, nel loro agire, dai tempi del giorno e delle stagioni.

I protagonisti del romanzo sono uomini e donne che vivono quella cultura e ne sono gli unici e veri interpreti .

« No, non è vero che l’Ortobene possa paragonarsi ad altre montagne; l’Ortobene è uno solo in tutto il mondo: è il nostro cuore, è l’anima nostra, il nostro carattere, tutto ciò che vi è di grande e di piccolo, di dolce e duro e aspro e doloroso in noi. » . Così ne scrisse Grazia Deledda.

Sul crinale e nei boschi di questa montagna si apre e si svolge il romanzo,  che apre una nuova stagione narrativa della Deledda. Costituisce un punto di passaggio fra la produzione giovanile a quella più matura, che vede la Deledda scrivere fuori dalla sua città natale.

L’intreccio del romanzo si basa su un dramma intimo, che mette in rilievo tutte le tematiche sviluppate nei romanzi successivi. tematiche quali l’amore, il senso di colpa, la morte, l’espiazione. Tutto questo all’interno di un mondo dalla cifra geologica e culturale tipica dell’ isola sarda, caratterizzato da valori ancestrali, immutabili, ma anche universalmente umani.

Ed ecco i personaggi del racconto, sempre uguali a se stessi come statue: Melchiorre Carta, il vecchio padre Pietro, Basilio, Paska, zia Bisaccia.

  E poi i rumori di quell’ambiente, che fungono da cassa di risonanza dei sentimenti dei protagonisti, immersi nei suoni ancestrali della natura del monte Ortobhene, fin giù, nel vociare indistinto e sguaiato dei nuovi cittadini nuoresi.

Melchiorre, pastore innamorato della cugina Paska, si avvia sul monte ,addolorato, triste, deluso per essere stato abbandonato da lei e preferito ad altri uomini.

Sale con il cuore desolato tra valli selvagge e può vedere Nuoro in lontananza. Il  silenzio rotto dagli zoccoli del suo cavallo, che battono sulle chine spazzate dal vento.

È il mondo della scrittrice, dei suoi pastori, della povera gente e vediamo il suo eroe, piccolo nell’immensità del panorama, stizzito con il mondo intero.

Ad attenderlo troviamo il padre Pietro Carta, un uomo molto anziano e affetto da una grave cecità e un giovane garzone, Basilio. Quest’ultimo  abita e lavora con loro, soprattutto affiancando Pietro nelle umili mansioni di cui si occupa dopo aver perso la vista.

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 Pietro Carta incarna il mondo antico, chiuso nella purezza incontaminata delle tradizioni e dei valori che cerca di tramandare al proprio figlio.

Emblematica in tal senso risulta la sua collocazione sulla cima del monte Orthobene lontano anche fisicamente dalla città in cui si svolgono i grandi mutamenti di tipo sociale ed economico.

L’anziano padre, ancorato alla realtà del villaggio agro – pastorale è estraneo a tutti i cambiamenti che si stanno verificando a Nuoro. Difende e protegge con tenacia le leggi del mondo agro-pastorale a cui appartiene e di cui rivendica l’autenticità morale rispetto a quello in cui si muovono i ricchi signori.

La trama è complessa,a tinte fosche e drammatiche . Vi si tratteggia il tragico effetto della tentazione e della rovina portata dalle passioni dissolute.

Il vecchio Pietro appare  tormentato da una profonda inquietudine dovuta alla relazione che il figlio ha avuto con la cugina Paska.

Il figlio Melchiorre,  innamorato della cugina Paska, non riesce ad accettare che lei l’abbia lasciato. La ragazza intrattiene relazioni fugaci con uomini ricchi, soggiogati dal suo fascino.

Se ne serve per dimostrare il potere che riesce ad esercitare sul sesso maschile e per ottenere vantaggi e favori.

“[…] perché sua cugina Paska lo aveva abbandonato alla vigilia delle loro nozze. E senza motivo! Così, solo perché ella si era improvvisamente accorta di essere graziosa e corteggiata anche da giovani signori!”

Melchiorre, geloso della ragazza, decide di raggiungerla a Nuoro, dove vive e lavora come serva. In quell’occasione ha la possibilità di assistere ad una festa tra paesani.

Durante la festa-cui Melchiorre fa da spettatore silente-Paska narra un episodio di cui sarebbe stato protagonista Melchiorre. Lo  umilia pubblicamente  suscitando il riso dei presenti.

Il giovane pastore, in preda a rabbia e gelosia la aggredisce.

 Il vecchio Pietro incontra la nipote per convincerla a stare lontana dal figlio, in modo che lui  si liberi  dall’ossessione  per la giovane.

È qui che il vecchio Pietro parlando con Paska viene a conoscenza dell’accaduto e delle intenzioni di Paska di denunciarlo se il figlio si avvicinerà ancora a lei.

Mentre Melchiorre si rassegna e cerca di dimenticarla, per non addolorare il vecchio padre, il garzone Basilio, durante una discesa a Nuoro incontra Paska. Se ne innamora e da quel momento cerca di sfruttare ogni occasione per scendere a Nuoro e incontrarla.

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 La ragazza invece, abile manipolatrice, sfrutta il sentimento che il ragazzo nutre nei suoi confronti. Cerca di  ottenere tutte le informazioni che le interessano su Melchiorre e sulla sua famiglia, in modo da potersi vendicare per l’affronto subito.

Basilio, accecato dalla sua giovane ed ingenua passione, per compiacere Paska arriva addirittura a inventarsi un furto di bestiame . Lo attribuisce malignamente  al povero Melchiorre, dimostrando tutto il suo cinismo.

Le certezze di Basilio che vorrebbe sposare la giovane sembrano incrinarsi . A casa di Bisaccia scopre che la bella serva è stata fidanzata con uno dei suoi figli. Questi l’avrebbe  lasciata dopo aver scoperto il suo tradimento.

Il garzone per la prima volta sembra vedere il vero volto di Paska. Ma l’ingenuità e la debolezza  lo contraddistinguono.Si convince infatti  che Paska sia vittima della cattiveria e dell’invidia degli altri uomini.

Così Basilio, incurante delle conseguenze delle proprie azioni, propone a Paska di sposarlo ma viene respinto. grazia deleddaMelchiorre, nel frattempo, si rassegna e  sacrifica per il bene del vecchio padre. Infatti accetta il  matrimonio con una delle nipoti di zia Bisaccia, pur non essendone innamorato.

La ragazza, dall’aspetto poco gradevole, scatena il disprezzo del pastore che non riesce ad avvicinarsi per il disgusto.

La notizia del fidanzamento di Melchiorre suscita la reazione di Paska, che non accetta di aver perso uno dei suoi spasimanti. Infatti quando il protagonista scopre, che la cugina è contrariata, decide di rivederla.

I due ragazzi si incontrano di nuovo riaccendendo le fiamme della passione.

Melchiorre spera di ricominciare una nuova vita con lei. Così torna all’ovile per raccontare al padre del riavvicinamento.

Tornando a casa, viene arrestato dai carabinieri con l’accusa di furto di bestiame.  Il vecchio padre , colto da un cattivo presentimento, lo attende impaziente e preoccupato.

 Quando scopre che Melchiorre è stato arrestato  l’anziano ,  teme di non rivedere più il figlio. Per questo chiede di essere accompagnato a Nuoro, ma sia Basilio che il suo vicino di casa si rifiutano.

Pietro disperato, decide di partire da solo provando a seguire il cavallo di Basilio.

Qui si compie la tragedia che aleggia su tutto il romanzo. Man mano i protagonisti vengono travolti dalle proprie debolezze e dalle proprie passioni incontrollate fino all’epilogo drammatico.

Pietro infatti privo di punti di riferimento, si perde tra le rocce che solcano l’Orthobene e cade  in un dirupo.

All’alba il vecchio pastore viene soccorso dal garzone. Riportato alla sua capanna  muore poche ore dopo. Il romanzo si chiude con Basilio  schiacciato dai sensi di colpa.

Rimasto ormai solo nella tanca riflette sui propri errori. Comprende solo in quel momento la gravità delle conseguenze delle sue azioni e cerca soluzione agli errori commessi. Sente di dover salvare Melchiorre dalla prigione dove le sue menzogne lo hanno condotto.

Tutti i protagonisti sembrano sprofondare in una spirale di rimorsi e sensi di colpa dalla quale riescono a liberarsi solo dopo una lungo e doloroso percorso di espiazione interiore.

La figura di Basilio è  utile per comprendere il divario che separa il mondo arcaico,  caro alla scrittrice, da quello moderno. Mondo  segnato dalla decadenza morale e dalla totale perdita di valori.

Oltre l’ingenuità  con cui si relaziona con Paska, Basilio si rivela  una persona particolarmente egoista e ambiziosa.

Infatti, sfrutta tutte le debolezze del suo padrone pur di incontrare Paska.  Accumula denaro per poterla sposare, arrivando addirittura a tradire la fiducia dei Carta. Solo in seguito alla morte del vecchio pastore, il ragazzo riesce a capire la gravità dei propri errori.  Comprende drammaticamente le conseguenze dei suoi comportamenti sprovveduti e cinici.

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Con questa figura Deledda delinea un personaggio debole, destinato al fallimento.

 Vittima delle proprie ambizioni e della propria ingenuità, è costretto a soccombere sotto il peso dell’astuzia e della passione amorosa. Questa è  debolezza fatale che porta tutti i protagonisti alla rovina, causando dolore nelle persone che lo amano.

 Paska, al contrario, risulta molto differente dalle figure femminili che compaiono nei lavori successivi.  Donne votate alla fedeltà verso l’uomo che amano.  Disposte a qualsiasi sacrificio in nome del sentimento che provano.

In lei, al contrario, non c’è mai un segno di cedimento, o di sincerità. Anche quando si lamenta con Melchiorre della cattiveria delle persone, non trapela un reale dispiacere . Si avverte invece la volontà di ricorrere a qualsiasi mezzo per ottenere ciò che più le sta a cuore.

Ne “Il vecchio della montagna” vi è un chiaro abbozzo del grande tema della colpa che grava sugli individui.

Questo  elemento  costituisce il nucleo centrale del romanzo,  dove incontriamo il percorso di caduta e di redenzione dei protagonisti. Compaiono in nuce tutte le tematiche deleddiane del periodo letterario che si sta aprendo. Parliamo di  AMORE, MORTE ,SENSO DI COLPA, ESPIAZIONE.

Il romanzo quindi è un buon punto di partenza per introdurre il lettore nel nuovo percorso di ricerca letteraria iniziato dalla scrittrice. sappiamo che incide con l’allontanamento dalla casa natale, nel periodo della maturità artistica.

Con padronanza si addentra nell’ambiente sardo, nelle sue tradizioni ataviche rappresentate da Pietro. Ci mostra suoi lati più oscuri e moralmente corrotti, con la bella Paska.

Essa rappresenta il nuovo che avanza, il mondo cittadino slegato dai valori della terra, della fedeltà, dell’onore. Tutti  capisaldi della vita del mondo agro-pastorale .

Le passioni sono destabilizzanti quando tradiscono i valori di cui Pietro Carta è portatore, testimone e custode.

Il quale tenta di dissuadere il figlio dal cedere all’amore corrotto e immorale con Paska. Per lui essa   rappresenta il tradimento della tradizione.  Un mondo di valori che i nuovi signori di Nuoro mettono a repentaglio. Paska simboleggia il rifiuto del mondo pastorale, del mondo antico, chiuso nella sua purezza.

Così la morte di Pietro è causata dal tradimento di questi stessi valori ma sembra anche essere origine per una nuova redenzione e una rinascita. Rinascita fatta di pentimento ed espiazione della colpa, che trascinerà, si intuisce, la vita di Melchiorre e di Basilio, fino alla fine dei loro giorni.

Neppure l’amore per Paska può durare, superato dal senso di colpa e dalla enormità delle azioni che hanno prodotto la morte del vecchio Pietro.

Un protagonista su tutti resta a racchiudere la vicenda facendo non solo da sfondo. Protagonista che fa da narratore e testimone silente: il paesaggio.
La Natura  si fa specchio dello stato d’animo dei protagonisti, tanto che non funge semplicemente da sfondo, ma  enfatizza le sensazioni e le emozioni dei protagonisti.

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 “ Il mistero della notte era completo; il bosco rombava di nuovo, col fragore di un torrente: un roteare d’acque fredde, torbide, che si perdevano in nere lontananze.

Nessun altro rumore.

Il cieco ricordava altre notti, e gli sembrava di vedere le rocce nere nell’ombra, e nel cielo incolore la Via lattea che descriveva appena una traccia di candore vaporoso: ad oriente una nebbia grigia e triste, e sulle montagne, fra la nebbia un fuoco vermiglio che sembrava un fiore di melograno.

Altri lavoratori erano lassù, e dissodavano la montagna; e la luce del lentischi incendiati mandava un saluto ai solitari pastori dell‟Orthobene. Ma zio Pietro, nella sua tenebra profonda, dava ascolto solo al lamento di solitudine e d’abbandono del bosco, e gli sembrava d’esser circondato da un freddo gorgo d’acque nere.

Un’angoscia mortale lo opprimeva: pensava puerilmente che Melchiorre non sarebbe tornato mai più, che egli sarebbe rimasto solo su quel limitare, davanti al buio eterno.”

Il paesaggio appare quasi come una cassa di risonanza dei sentimenti vissuti dai protagonisti.

 In chiusura del romanzo ancora il paesaggio incede, descrive, avvolge la storia degli uomini.  Si percepisce in ogni luogo il peso della morte appena avvenuta.

“Basilio scavalcò l’orlo del macigno, si calò agilmente di roccia in roccia, fino al punto preciso ove zio Pietro era caduto; tastò il musco, l’erba, i cespugli, trascinandosi sui ginocchi. L’ombra cresceva. Così curvo al suolo, stanco, con le palpebre pesanti, egli vedeva sempre la figura del morto, col dorso tumefatto e violaceo, una graffiatura rossa sulla mano destra, una foglia secca fra i bianchi peli della barba. Il suo dolore allora cominciò a diventare ossessione; l‟’nfruttuosa ricerca del bastone lo stancava e irritava, e a un tratto sedette e poi sarrovesciò sulla pietra dove il morto era caduto. I boschi tacevano: le nuvole salivano dal mare e passavano lentamente, oscure sul fondo pallido del cielo.”

Giulia La Face

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