A piedi nudi sull’erba di Giuseppina Carta
Voce alle Donne
recensione di Emma Fenu
A piedi nudi sull’erba è una silloge poetica di Giuseppina Carta, edita da Kubera nel 2020.
Perché leggere A piedi nudi sull’erba?
Tale poesia è la voce negata o costretta a sussurro di quanti sono messi a tacere spinti contro il muro della violenza o imbavagliati dall’abuso dell’indifferenza.
vi è un varco dentro ognuno di noi
da scoprire e osservare,
come versi scandaglia l’anima
fino a sentire lo strazio del cuore.
L’Io lirico, attonito ma non silente, assiste al trionfo dell’imperfezione umana.
L’io lirico sogna, si disillude, prega rivolto verso nuovi cieli.
Sono le radici antichi, scavate in millenni, a ricordare che la terra è stata donata all’uomo come dono prezioso e dall’uomo è stata calpestata senza misericordia: bisogna ritrovare il contatto con l’essenza, con il ventre della Grande Madre; bisogna procedere fieri con i piedi sull’erba, scalzi, come sacerdotesse di benedizione.
Grande Madre,
tempi bui di carbone e ruggine,
nel ciclo continuo
immersa nell’oblio
l’inconsapevolezza divora radici.
Una poesia Donna, guerriera e madre, che genera versi di acuta analisi del mondo contemporaneo cercandovi bellezza, raggi di luna e baci sulla pelle e ricorda che il passato è premessa di futuro.
Link d’acquisto
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Sinossi
I testi della silloge non sono solo un messaggio d’amore, sono anche ribellione, speranza e consapevolezza, una consapevolezza che apre al dialogo per cercare di ritrovare il bello dentro se stessi, come in “Ho addosso il tuo livore ma io scelgo l’amore”.
Come dice Katia Deborah Melis:
“La dimensione personale e reale dell’Io lirico si allarga e restringe, come un obiettivo fotografico, dal personale vissuto al più universale piano umano, per scandagliare le difficoltà dei rapporti interpersonali, specie nell’incontro-confronto-scontro tra Uomo e Donna.”
Ma anche il mondo dei giovani affrontato nella poesia d’apertura “Il bullo” che tratta una realtà che tanto affligge gli adolescenti: la solitudine, il dolore delle differenze di sé e degli altri, l’emarginazione, e la poesia “N.E.E.T.” nella quale i giovani sono persi nell’inconsapevolezza dei demoni interiori che fanno perdere il contatto con l’ambiente e con la società.
Giuseppina Carta sa offrire un invito a ritrovare se stessi per non rischiare di trovarsi fuori da una società che li condanna impunemente.