“Sono nata in un giorno d’inverno” e l’ho fatto ancora 40 giorni dopo, grazie ai medici che mi hanno salvata. “Rinascere” è una lezione che ho appreso presto, si è intrecciata alle fibre del mio cuore e l’ho portata con me sempre. Come quella volta in cui il domani si è dipinto di nero e annaspavo nel buio di una camera vuota, anche il mio cuore era vuoto e la mia anima, l’unica cosa che percepivo erano i miei polmoni. Ascoltarli, era appoggiarsi al cuscino della speranza, era sapere che esisteva una parvenza di luce.
Eppure, ogni tentativo era ributtato giù. Poi ho capito, la soluzione che desideravo era veloce e indolore ma quello di cui avevo bisogno era tempo e pazienza. Un gradino alla volta, uno sforzo continuo, lento ma evidente.

È questo che ci insegna la vita, è questo che ci insegnano le stagioni, che a volte bisogna lasciar morire qualcosa affinché la vita possa compiere il suo ciclo, che il freddo è necessario per fermare tutto e farci riflettere, insegnarci a resistere.

Così ho imparato che questo viaggio è sensazionale in virtù della nostra continua rigenerazione, sull’onda di quella tensione interna che avverti quando lasci che alcuni pezzi cadano per far sì che la vita continui.
Così ho imparato a conservare beni inestimabili, uno scheletro apparentemente fragile ma ben equilibrato, che muove passi in uno spazio che va osservato dalla giusta prospettiva, poiché non tutti i giorni saranno buoni.
Così ho imparato che la bella stagione può arrivare ogni volta che si è pronti e che la vita è bella. Ci prepara a perdere, all’inaspettato e alla bellezza che dal mondo si riflette negli occhi e nelle mani di chi avrà il coraggio di non fermarsi e scrivere ancora un altro capitolo.

Ora mi guardo indietro e penso quanta strada fatta bambina, quanti ancora saranno i giorni per realizzare e spuntare così le caselle di quei sogni che un tempo apparivano lontani e oggi, fiera, affermo essere realtà.

 

 

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