“L’appuntamento”
di Gianluca Piattelli
Primavera.
Annie si svegliò alle sette e trenta del mattino. Si tirò a sedere sul letto, si stropicciò gli occhi, fece un grande sbadiglio rumoroso e si alzò. Lui la stava aspettando. Annie ne era felice. Aveva sognato quell’incontro per tutta la notte. La donna infilò le ciabatte, si sedette sulla poltrona di camera e indossò calze color miele, lo fece con eleganti movenze da ballerina. Poi aprì l’armadio, scelse una camicetta di raso color blu zaffiro e dei jeans attillati, quindi li gettò sul letto disfatto e ancora caldo di sonno. Indossò una maglietta fresca di bucato, prelevò un rossetto dalla trousse e con quello si accarezzò le labbra.
Lui la stava aspettando nel prato dove nascono le margherite. Annie sorrise, il ricordo di un viso luccicante, apportatore di bellezza e buone intenzioni, le sfiorò la mente per un attimo. Ora, la casa di Annie profumava di vaniglia e innamoramento. Fuori, il tepore di maggio regalava carezze ad ogni fiore, ricevendo in cambio odorose parole di ringraziamento. Annie pettinò i suoi lunghi capelli dorati, donando loro la briosa lucentezza di un’alba foriera di speranza. Lui la stava aspettando: doveva farsi bella a tutti i costi.
Dopodiché aprì un cassetto del comò e vi frugò con dita frementi e ansiose. Un tocco di mascara e uno sbaffo di matita le resero più accattivante lo sguardo. Annie sorrise di nuovo. Uno smalto color birra scura fu spalmato sulle sue unghie con consumata maestria. Le sue mani danzarono nell’aria come farfalle impazzite al fine di asciugarlo. Lui avrebbe sicuramente gradito, ne era certa. Poi fu la volta delle scarpe: nere décolleté con tacco basso, morbide, eleganti: avrebbero fatto la loro porca figura, anche in un prato di margherite.
Annie scese in cucina, mise l’acqua nella moka, annusò un pacchetto di quella polvere aromatica e riempì il filtro della macchinetta, la mise sul fuoco, pensò a lui che la stava aspettando nel luogo dell’appuntamento galante, afferrò la tazzina più colorata che possedeva, ascoltò il caffè borbottare allegramente, se lo versò e lo gustò fumante. Dunque uscì di casa, sorridendo al mattino, alla primavera, alla vita che non le aveva risparmiato alcun dolore. Montò sulla bicicletta, iniziò a pedalare, sorrise alla stradina di campagna e pensò a lui che la stava aspettando a poche centinaia di metri da lì. Salutò il cielo, un uccellino di passaggio, salutò un insetto che scalava un filo d’erba. Una farfalla azzurra le si posò sul naso, la guardò, la lasciò volare via.
Lui era laggiù, ne intravedeva la sagoma, luccicante nel sole di maggio, bello, autorevole e magnifico. Era tutto per lei. Scese di bicicletta e cominciò a camminare sul prato, avvicinandosi sempre di più a lui. Annie affrettò il passo, calpestò migliaia di margherite consenzienti che, con grazia e pazienza infinita, si raddrizzarono dopo il suo passaggio tornando a magnificare quella scena agreste. Lui era lì, splendente, statuario, baciato dai raggi del sole. Annie gli si avvicinò, ora timida, ora scaltra, ora timorosa, ora più decisa. Finché non furono ad un passo l’una dall’altro e, circondati dalla natura che pareva dare il suo consenso, si guardarono. Annie sorrise.
Lui, lo specchio, rimandò l’immagine felice di una donna. Colei che aveva deciso di rinascere e di amarsi nuovamente.
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