La casa misteriosa – di Maria Luisa Seconnino

La strada correva veloce sotto le ruote dell’auto, disegnando morbide curve immerse tra le file degli alberi che lasciavano solo intravedere il paesaggio circostante.
Adele aprì il finestrino per annusare l’aria fresca e profumata dagli abeti.
La radio era spenta perché tra quelle montagne non c’era una buona ricezione, anche il cellulare non aveva campo, come aveva potuto costatare Ross qualche minuto prima: erano tagliati fuori dal mondo, meglio così, pensò Adele.
«Non hai freddo?» le chiese il marito, dandole una rapida occhiata prima di concentrarsi nuovamente sulla guida.
Adele non rispose, che domanda sciocca che le aveva fatto: se stava con il finestrino aperto voleva dire di no, che non aveva freddo.
Ross, vedendo la moglie non rispondere, chiuse il finestrino usando i comandi elettrici.
Quel gesto sembrò quasi non toccare Adele, che in silenzio continuò a guardare la strada che si dipanava tra gli alberi.
Lei e Ross non si comprendevano più ormai da molti mesi e quel trasferimento in un altro Stato li avrebbe dovuti aiutare a voltare pagina, ma Adele proprio non ci riusciva, il dolore l’appesantiva ovunque lei andasse.

Glielo aveva spiegato che non era dell’umore giusto per fare una gita fuori, glielo aveva detto che preferiva stare a casa, rannicchiata sul divano a guardare qualche serie tv o semplicemente a dormire, ma lui aveva deciso che dovevano uscire a fare una passeggiata fuori, dovevano darsi una possibilità di rinascita.

Da quando si erano trasferiti in Francia quella era la prima gita fuori porta che facevano.

Sino ad allora Ross aveva continuato ad assecondare il torpore in cui Adele era piombata quel 16 Luglio, ma ormai erano arrivati quasi a Natale, la moglie doveva decidere se voleva continuare a vivere oppure lasciarsi morire.

«Sta salendo la nebbia» disse ad un tratto Ross, mentre vedeva la strada scomparire in una nube bianca, «meglio cercare uno slargo dove accostare, non mi piace viaggiare con scarsa visibilità. Tanto questa nebbia in montagna compare e scompare con rapidità”.
Adele continuava a non rispondergli: se ne infischiava della gita, se ne infischiava di Ross e sperava che quella nebbia inghiottisse lei e la sensazione di vuoto al cuore che si portava dietro da cinque mesi.
«Ah, aspetta, mi sembra di vedere delle luci in lontananza, magari è una casa, andiamo a vedere, potremmo fare una sosta».
Sapendo che non avrebbe ricevuto risposta dalla moglie, sterzò lo stesso il volante in direzione delle luci.

A mano a mano che la macchina avanzava in quella che ormai era una fitta coltre bianca, i tratti distintivi iniziarono a farsi sempre più nitidi: era una villa.

Ross parcheggiò l’auto nel cortile davanti all’ingresso ed uscito dalla macchina fece qualche passo verso la casa per osservarla meglio: l’edificio era antico, forse risaliva al secolo prima, aveva tre piani ed i tetti spioventi. Due rampe di scale conducevano alla porta d’entrata su cui si ergeva una scritta incisa nel marmo: Villa Camille.
Il cortile era piano di cianfrusaglie: vecchi piatti in ottone, tavolini in ferro battuto, porta piante in rame; sembrava un misto tra un mercatino dell’antiquariato ed una discarica di oggetti usati.
Anche Adele era scesa dalla macchina, ma al contrario di Ross che stava osservando la costruzione con un’aria incredula, lei ne fu affascinata.
Iniziò a girare per il cortile pieno di oggetti sfiorando alcuni di essi con le dita, quasi volesse accertarsi che fossero reali; guardò le scalinate che conducevano all’ingresso e senza pensarci troppo iniziò a salire.
«Adele dove vai? Non mi sembra un rifugio di montagna, forse è meglio aspettare in macchina » disse Ross un po’ preoccupato dallo scoprire di chi fosse quella villa.
«Vieni Ross, deve essere bellissima dentro» rispose Adele rivolgendogli un sorriso e parlandogli per la prima volta da quando erano saliti in auto.
Ross fu sorpreso dalla reazione di sua moglie, che improvvisamente sembrava viva ed uscita da quel torpore.
Sopraffatto dall’emozione di ricevere un sorriso da parte di Adele, dopo tutti questi mesi, non riuscì a contraddirla e silenziosamente la seguì nell’esplorazione della villa.
Adele pose la mano sulla maniglia della porta che si aprì con facilità non essendo chiusa a chiave. Quello che trovarono dentro fu ancora più sconvolgente di quello che avevano trovato in giardino.
Già nel salone d’ingresso si potevano osservare le centinaia di oggetti piccoli e grandi in essa contenuti: due credenze in mogano ricoprivano un’intera parete.

In una c’erano numerose tazze in delicata porcellana, graziosi piatti da dessert e teiere decorate con fiori colorati di rosa ed azzurro cenere, nell’altra c’era un servizio di piatti con decori orientali ed una serie di calici in cristallo.
Passando alla stanza successiva c’erano due divani disposti ad L ed un tavolino centrale su cui erano allineati una serie di vecchi ed impolverati porta ritratti.
Le mura erano letteralmente coperte di quadri, orologi a pendolo e fotografie di epoche passate.

In fondo alla stanza c’era un pianoforte a coda con sopra altri oggetti in argento ed altre portafotografie e dal lato opposto della stanza c’era anche un piccolo organo a pedali.
Vicino ad una finestra c’era una poltrona su cui era adagiata una coperta ed accanto una lampada lunga stile liberty ed una pila di libri alta almeno un metro.
Ross ed Adele si guardarono intorno rapiti ed allo stesso tempo confusi per la quantità di oggetti ammassati in quei metri quadri.
Passando in un altro salone videro una scala che conduceva al piano superiore, alla base di essa erano ordinatamente riposte un paio di scarpe, qualcuno era in casa e si trovava al piano di sopra.

«C’è nessuno?» chiamò Ross, ma non ebbe risposta.
Mentre Adele continuava a girare per le altre stanze affascinata dagli oggetti, Ross ripeté la domanda e questa volta vide scendere dalle scale un uomo anziano, dai capelli lunghi color avorio, che li salutò con gentilezza in francese.

«Buon pomeriggio, posso esservi utile?»
«Salve, scusi l’invadenza, ma la porta era aperta. Io e mia moglie stavamo cercando un rifugio dalla nebbia e la sua villa è apparsa dal nulla, così siamo entrati » si affrettò a spiegare
Ross e continuando con un po’ d’imbarazzo disse « Ha un arredamento molto originale».
L’uomo sorrise e rispose che non c’era problema, avevano trovato la porta aperta perché questa villa oltre ad essere la sua abitazione era anche il suo negozio di antiquariato.
«Un negozio di antiquariato?» gli fece eco dalla stanza vicina Adele che nel frattempo continuava ad ammirare tutti gli oggetti esposti.

«Vuol dire che questi oggetti sono in vendita?» chiese lei con gli occhi che le brillavano per lo stupore.

«Sì certo, può comprare ogni cosa che vede esposta su questo piano».
«Ma è meraviglioso!» gridò gioiosamente Adele.
Ross quasi non credeva al suo mutamento di umore, ma ne era entusiasta, finalmente sua moglie sembrava essere tornata a vivere, se lo avesse voluto le avrebbe regalato l’intero negozio di antichità, pur di non perderla di nuovo.

Adele continuò a perlustrare questo luogo che per lei era magico, sentiva un’energia attraversarla: sapeva che era in cerca di qualcosa se pure non sapeva ancora di cosa.

Ross nel frattempo era rimasto a parlare con l’antiquario, l’uomo gli stava spiegando che da sempre gli era piaciuto collezionare gli oggetti che, secondo lui, riuscivano a conservare l’essenza delle persone che le avevano possedute.
Con gli anni aveva accumulato centinaia di oggetti di tutti i tipi e di tutte le epoche e poiché sentiva che il suo tempo su questa terra stava per giungere al termine aveva deciso di aprire la sua casa al pubblico e di mettere in vendita gli oggetti accumulati nel corso della vita, affinché solo persone davvero interessate li avrebbero posseduti a loro volta ed il loro ciclo energetico si sarebbe perpetuato.

«Ognuno ha un compito su questa terra» aveva concluso l’antiquario « il mio è di salvare la memoria delle persone».

Adele che nel frattempo li stava ascoltando da lontano, continuava il suo pellegrinaggio tra quelle mura, sentendosi come Alice delle meraviglie nel regno della Regina di cuori, dove tutto era per lei fonte di curiosità e stupore.
La sua attenzione ad un tratto fu catturata da una foto, nascosta dietro ad altre che si trovavano sopra al pianoforte a coda: era antica, forse degli anni ’20, era il ritratto di una famiglia.

La guardò con attenzione essa ritraeva una memoria di famiglia: una donna era seduta in poltrona stringendo tra le braccia un neonato, di lato in piedi c’era il marito; indossavano abiti eleganti dell’epoca, non sorridevano, ma si vedeva dai loro sguardi che erano felici e guardavano verso l’obbiettivo.

Il neonato era delizioso in quel vestitino lungo da cerimonia che non faceva comprendere il sesso dell’infante, lo sguardo era attento ed osservava con amore la madre, una manina paffuta si protendeva verso il seno di lei, forse in cerca di nutrimento.
Adele guardò meglio la foto, in quei tratti somatici le sembrò quasi di rivedere lei e Ross ed il bambino che avevano tragicamente perso quel maledetto 16 Luglio scorso.

Le lacrime iniziarono a solcarle il viso, prima una ad una, timidamente, poi sempre più numerose e sfacciate sino a diventare una cascata di emozioni che scuotevano tutto il suo corpo.

Ross sentendo la moglie singhiozzare la raggiunse di corsa nella stanza, seguita anche dal vecchio proprietario.
«Adele, che succede?» le chiese con apprensione, ma poi guardando la foto che stava stringendo tra le mani, non gli servì ricevere una risposta e con tutto il suo amore strinse la moglie tra le sue braccia.
«Eccole, le stavo aspettando» le sussurrò dolcemente all’orecchio, mentre la cullava dolcemente «Lascia che esca, tutto il dolore di questi mesi, tiralo fuori».

Adele e Ross avevano perso Penny il 16 Luglio del 2019, la bambina aveva solo pochi mesi, morte in culla, la chiamano quei medici che non riescono a spiegarti perché sia successo proprio a tuo figlio.
Da quel giorno Adele era come morta anche lei.

In tutti questi mesi non aveva versato una lacrima,nemmeno il giorno del funerale; i suoi occhi erano secchi come terra arsa dal sole, perché piangere sarebbe significato ammettere che tutto era davvero successo, che Penny era comparsa per un breve tempo ad illuminare la loro vita, ma che già era andata via.

Restarono così abbracciati condividendo il dolore per molto tempo.
Il rumore delle tazze da the che tintinnavano sul vassoio portato dal padrone di casa li riportò alla realtà.
« Prendete un po’ di tè caldo vi farà bene» gli disse l’uomo invitandoli a sedere sul divano.
«Mi scusi per la mia reazione, sa, abbiamo perso una bambina da poco ed il dolore è devastante. Quando ho visto quella foto mi è esploso dentro, mi perdoni se l’ho messa a disagio».
«Mia cara ragazza, non si preoccupi» disse l’uomo con empatia « Non è un caso che lei abbia trovato quella foto, la famiglia che vi è rappresentata sono i miei bisnonni.

Il neonato nella foto, purtroppo è morto poche settimane dopo quella foto a causa della difterite. L’energia di quel ritratto le ha permesso di far uscire fuori il suo dolore, che altrimenti l’avrebbe logorata lentamente”.
Adele e Ross, quasi non credevano alle loro orecchie, mentre trovavano un po’ di conforto in quel tè caldo e profumato di cannella.
«Voglio darle un’altra cosa» l’uomo si alzò ed andò nella stanza accanto.
Adele e Ross si guardarono interrogandosi su cosa stesse cercando il vecchio nella stanza maccanto.

Dopo pochi minuti riapparve da loro e gli porse una vecchia bambola: era di stoffa, probabilmente cucita a mano, i vestiti erano un po’ strappati ed aveva perso uno dei bottoni che aveva al posto degli occhi.
«Lo so, non è un giocattolo prezioso, ma ha una sua storia: è appartenuta alla sorellina di quel bambino che era nella foto. I miei bisnonni, dopo qualche anno ebbero un’altra figlia e questa volta, poiché le condizioni finanziarie della famiglia erano nel frattempo migliorate, la bimba fu nutrita e cresciuta bene, andò a scuola ed aiutò, con il suo lavoro, moltissime persone».
Adele e Ross erano sempre più sorpresi dall’esperienza che stavano vivendo e ringraziarono con entusiasmo l’uomo per la sua generosità e per l’accoglienza; poi vedendo che la nebbia si era diradata, Ross suggerì alla moglie che era giunto il momento di congedarsi dal gentile ospite per proseguire con il viaggio.
Adele, rasserenata annuì e stringendo la bambola tra le braccia, sorrise all’antiquario e gli disse: «Grazie davvero di tutto, la sua casa ci ha salvati». Il vecchio annuì e ricambiò con premura il suo sguardo.
Prima di salire in macchina salutarono un’ultima volta l’antiquario, che in piedi davanti alla porta d’ingresso, gli fece un cenno di saluto con la mano.

L’auto uscì dal cortile. Adele, stringendo la bambola tra le braccia, sorrise dolcemente al marito, poi si voltò verso la casa per darle un ultimo saluto, ma la villa era sparita nel nulla.

«Ross, fermati! » Gridò la casa è scomparsa.
Ross diede un’occhiata nello specchietto retrovisore e constatò che della villa non vi era più traccia.
«Ma come è possibile?» Disse Adele ancora stringendo in grembo la bambola.
«Non lo so amore, ma ti ha riportato a me ed è questo quello che conta».
La macchina continuò a sfrecciare lungo la strada fatta di curve immersa tra file di abeti, verso un nuovo futuro.