Irena Sendler – l’angelo del ghetto di Varsavia
Una giovane donna contro i nazisti. Come Irena Sendler salvò centinaia di bambini dalla morte portandoli fuori dal ghetto di Varsavia.
Oggi Irena Sendler non c’è più. Se ne è andata nel 2008, ma sono tanti i “bambini” – ormai a loro volta adulti e anziani – che ha salvato da morte certa, di stenti nel ghetto o nei lager. Molti di loro non hanno potuto ricongiungersi coi genitori, soprattutto a Treblinka.
La sua storia oggi è piuttosto nota, è stata raccontata da vari documentari, c’è persino un sito dedicato a lei e alla sua coraggiosa impresa.

Irena Sendler – l’angelo del ghetto di Varsavia
Chi è Irena Sendler
Irena Sendler nasce a Varsavia nel 1910. Il padre è medico e la famiglia è cattolica. Fin dall’infanzia Irena, anche grazie alla sua profonda fede, avverte un legame col popolo ebraico, che la accompagnerà per tutta la vita. Quando la ragazza ha diciotto anni, il padre muore di tifo mentre cura i pazienti rifiutati da altri medici: molti di questi appartengono alla comunità ebraica di Varsavia e, in segno di gratitudine, la comunità intera si prende carico degli studi di Irena.
Nel 1937 vengono messe in atto le leggi razziali. Irena si oppone all’espulsione degli studenti ebrei dall’università e subisce per questo lei stessa la sospensione.

I primi ebrei vengono arrestati e condotti ai treni. La destinazione è Treblinka, un campo di sterminio.
Il Ghetto di Varsavia
Riuscì comunque a terminare gli studi e a diventare infermiera, ma la città intorno a lei è drasticamente cambiata: l’esercito tedesco invade la Polonia nel 1939, ma Varsavia di fatto ha già un ghetto a mura aperte: nel centro storico, infatti, dall’inizio delle leggi razziali si sono concentrati tutti gli ebrei della città: nel 1940, tuttavia, con l’arrivo dei nazisti, viene messo in vigore l’obbligo di indossare la Stella di Davide e a partire dall’estate vengono innalzati i muri che isoleranno il quartiere Nalewki. Il ghetto di Varsavia, con i suoi 450.000-500.000 abitanti, diventa uno dei più grandi e popolosi creati dal nazismo.

Arresti nel Ghetto di Varsavia.
Irena Sendler e la Resistenza
Irena entra quasi subito nella Resistenza polacca, procurando a oltre 3000 persone passaporti falsi che permettono loro di fuggire dal ghetto.
Nel 1942 comincia la deportazione verso Treblinka e Irena viene incaricata di aiutare nella fuga i bambini ebrei, salvandoli dalla deportazione.
Per i cittadini polacchi che tentavano di aiutare gli ebrei c’era la pena di morte, ma Irena, sfruttando la propria occupazione di assistente sociale, comincia a entrare nel ghetto con l’incarico di identificare eventuali malati di tifo nella popolazione. Il quartiere è in condizioni igienico sanitarie disperate: le razioni alimentari destinate ai residenti sono al disotto della sopravvivenza, mancano luce e gas. La fame e le epidemie sono diffuse, ma i tedeschi temono che il contagio esca dalle mura del confino.
Durante le sue “ispezioni” Irena riesce a far uscire molti bambini nascondendoli in ambulanze o veicoli di fortuna. Fingendo di essere un tecnico idraulico, elude la sorveglianza nazista e porta fuori bambini e neonati nascosti in un furgone, nel fondo di una cassetta per attrezzi e in sacchi di juta.

Un bambino nel Ghetto di Varsavia: senza cibo, per la strada, grandi e piccoli crollavano per gli stenti.
Sono 2500 i bambini salvati da Irena Sandler entro il 1942.
I piccoli, poi, vengono forniti di documenti falsi con nomi cristiani e smistati: molti di loro vengono nascosti presso strutture religiose, altri in famiglie cattoliche. La rete della Resistenza è grande, e Irena annota con pazienza i nomi veri accanto a quelli fasulli in documenti che poi seppellisce in giardino. Ben pochi, però, alla fine della guerra troveranno di nuovo la loro famiglia.
L’arresto
Irena Sendler viene arrestata nel 1943 dalla Gestapo, interrogata e crudelmente torturata. Le vengono spezzate le gambe, che non torneranno mai più a posto.
Condannata a morte, viene fortunosamente liberata Zegota, la resistenza Polacca, e fino alla fine della guerra è costretta a vivere nella clandestinità, pur senza rinunciare alla sua missione coi bambini di Varsavia.

Ancora bambini nel Ghetto di Varsavia.
Irena Sendler senza lieto fine
L’occupazione russa non porta nella vita di Irena molta serenità: per un lungo tempo, dopo la guerra, si dedica alla politica, ma entra in conflitto col partito comunista.
Yad Vashem, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah di Israele, nel 1965 riconosce Irena come una dei Giusti delle nazioni, un’onorificenza molto importante per la quale il governo comunista è costretto a asciarla uscire dalla Polonia: sarà il suo unico viaggio oltre cortina.
È solo nel 1999 che il nome e la storia di Irina vengono riscoperti da un gruppo di studenti americani e da lì le vicende che l’hanno vista protagonista sono state rese note e diffuse in tutto il mondo, facendole arrivare anche un messaggio da Papa Giovanni Paolo II.
Numerose, da allora, le onorificenze a lei attribuite.

Irena Sendler in una delle ultime foto.
Life in a Jar
Life in a Jar – la vita in un barattolo, è un progetto iniziato dai ragazzi texani che hanno scoperto la vita di Irina e hanno permesso che venisse conosciuta universalmente. I ragazzi hanno creato uno spettacolo teatrale, ispirato alla vita della Sendler, e ai vasi da lei sepolti in giardino con i documenti inerenti alle identità dei bambini salvati.
Oggi esistono libri (purtroppo in italiano Life in a Jar non è disponibile) sulla vita di Irena, un sito web a lei dedicato e la sua memoria non andrà perduta.
Qualche anno fa Sara Cerri, una scrittrice fiorentina (che conosco bene), ha dedicato a Irena un piccolo libro per ragazzi, dal titolo “La vita in un barattolo”. Il link su amazon è questo: https://www.amazon.it/dp/886984174X