“Favola sarà lei!” – Parte terza

“Favola”

di Johann Wolfgang von Goethe

 di Mirella Morelli

Goethe

Meglio conosciuta come la “Favola del Serpente Verde e della bella Lilia”, Johann Wolfgang Goethe la pubblicò nel 1795 su una rivista tedesca, “Die Horen” e, fin da allora, suscitò scalpore e un vivace dibattito.

Goethe era poeta, drammaturgo, letterato, teologo, filosofo, umanista, scienziato, e oltremodo prolifico nella pittura, nella musica e in tutte le arti; la sua opera e la sua grandezza sono a tutti note…

Ma quanti di noi – pur suoi estimatori – possono dire di conoscere questo libro?

Nel mio precedente articolo sull’origine delle favole

(https://culturalfemminile.com/2018/03/10/le-origini-delle-favole-di-mirella-morelli/)

e nel successivo, che ci traghetta dalla favola esopica e fedriana fin quasi all’epoca moderna

(https://culturalfemminile.com/2018/05/03/la-favola-dopo-esopo-di-mirella-morelli/ )

ho teorizzato che la favola nasca come genere popolare, quasi un riscatto degli umili e più in generale di coloro che non sapevano scrivere.
Costoro tramandano oralmente le loro storie fantastiche che, però, nel corso dei decenni, diventano appannaggio di qualche letterato che raccoglie, scrive e fa propri i racconti ascoltati, rendendoli in seguito gioco e vezzo intellettuale al servizio della propria personale fama.

In fondo, è in questo modo che nasce il mito di Esopo, di Fedro, perfino di La Fontaine.

D’altro canto, i pregiudizi sulla favola perdurano, anche perché confusa con la fiaba, gioco e vezzo letterario rivolto ai bambini, dunque leggero e non impegnativo, consono a scrittori che non sono all’altezza di un’opera letteraria “seria” e “adulta”!

Come conseguenza di ciò, non si ha sempre il coraggio di firmare la propria opera favolistica, tanto che molte favole sono e resteranno nell’anonimato, nonostante siano di pregevole stile e riscuotano molto successo tra il grande pubblico del tempo.

A meno che… a meno che non si diventi un La Fontaine, che non si crei arditamente un proprio stile, e che per bravura mista a fortuna – come ancor oggi accade – si produca miracolosamente ciò che oggi viene definito un “best seller”.

Non tutti avevano questa bravura, e questo ardire o anche questa fortunata casualità, fate voi!

Sta di fatto che si arriva a fine Settecento con pregiudizi e snobberia più forti che mai nei riguardi della favola.
Ma Johann Wolfgang von Goethe nel 1795 è tutto ciò che precedentemente abbiamo elencato, e può permettersi il gioco, il vezzo, la sfrontatezza di scrivere e soprattutto firmare una favola.

E, badate bene, non una favola per bambini, ma una favola per adulti.

Non una storiella, ma un libro difficile e complesso, un vero e proprio rompicapo.

Al punto che può fare dell’ironia, anzi del sarcasmo verso tutti coloro che avrebbero storto il naso se tale libro fosse stato pubblicato anonimamente, o da uno sventurato esordiente.

Al punto che di fronte alle domande sulle allegorie e la difficoltà di comprensione della storia, può permettersi di rispondere che avrebbe svelato il significato della favola solo dopo che ne fossero state raccolte cento interpretazioni.

E davvero si iniziò a cercare chi volesse fornirle, anche dietro compenso in denaro…Ma invano.

Le 99 interpretazioni richieste da Goethe per svelare le chiavi apparentemente esoteriche della “Favola del Serpente verde e della bella Lilia” non furono mai raggiunte, con gran soddisfazione del sommo scrittore e con buona pace di ogni critico pieno di snobberia.

“Sul grande fiume, che una violenta pioggia aveva gonfiato fino a farlo straripare, il vecchio barcaiolo dormiva nella sua piccola capanna, stanco delle fatiche della giornata. Nel cuore della notte alcune voci forti lo svegliarono; sentì che dei viaggiatori volevano essere traghettati.

Quando fu alla porta, vide ondeggiare sulla barca legata due grandi fuochi fatui, che gli assicurarono di avere molta fretta e di voler essere già sull’altra riva.”

Che incipit!

Che incipit, certo. Talmente suggestivo che non sembrerebbe nemmeno essere quello di una favola…

Secondo quanto ben spiega Francesco Lamendola nel suo articolo “Il pensiero iniziatico di Goethe nella misteriosa Favola del Serpente verde”

(https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=35834)

a tutt’oggi due sono le principali chiavi di interpretazione della “Favola”: una di tipo massonico, sostenuta da Oswald Wirth, e l’altra di tipo antroposofico, caldeggiata da Rudolf Steiner.

Troppo complessa la seconda, e rischiando di annoiare, mi soffermo brevemente sulla prima, ossia l’interpretazione in chiave esoterica, che è sicuramente la più comprensibile e la più accattivante.

Essa parte da un dato di fatto: Goethe a trent’anni, non con capriccio adolescenziale bensì da adulto, divenne un massone.

Molti studiosi ipotizzano che la Massoneria abbia voluto inviare tramite i suoi maggiori esponenti di cultura dei messaggi al grande pubblico, per vedere se avrebbero attecchito o meno, e in questo disegno rientrerebbe la Favola di Goethe, così come Il flauto Magico di Mozart e numerose altre opere letterarie, musicali e figurative.

Secondo Wirth, tuttavia, potrebbe anche essere probabile che Goethe si sia divertito a scrivere un racconto enigmatico al solo scopo di indispettire e burlare i suoi contemporanei…

Secondo questa teoria, Goethe ha lasciato discorrere di racconto esoterico e del suo esoterismo, senza che nulla di tutto ciò vi fosse contenuto intenzionalmente.

Egli, insomma, ha lasciato dire e stradire senza nulla confermare, divertendosi semplicemente ad ascoltare.
E a dire il vero questa è la versione che più ci piace, molto consona al carattere burlesque, anche se pacato, di intellettuale sopraffino qual era.

Oggi probabilmente si chiamerebbe una perfetta operazione di marketing.
Ma Goethe non ne aveva bisogno, e dunque propendo personalmente per un gioco e una passione di scrittura, molto complessa e molto ermetica, di cui probabilmente nessuno potrà ormai sapere le vere intenzioni di contenuto.

“L’influenza di Goethe fu capitale perché capì la transizione e il mutamento della sensibilità europea, un aumentato interesse per la sensualità, l’indescrivibile e l’emozionale. Ciò non vuol dire che fosse iperemotivo o sensazionalista, al contrario: predicava la moderazione e percepiva l’eccesso come una malattia.”.

Queste magnifiche parole su Goethe sono tratte da Wikipedia.

Eppure, se andate a leggere su codesto Vangelo informatico di oggi – e mi si perdoni l’ironia – nel pur lunghissimo elenco di opere di Goethe non troverete traccia del meraviglioso piccolo libro dal titolo “Favola”.

Chiaro, no?… Il pregiudizio permane, ancora oggi: vivaddìo, una favola è pur sempre una favola, ancorchè scritta da Goethe!

E dunque vi dico la mia, se avete fiducia in una pasionaria di questo genere: la Favola si legge con piacere, nonostante la complessità del racconto e dei molteplici personaggi, nonché delle allegorie ad essi associate.

Il mio consiglio è di leggerla in tutta semplicità, godendone lo stile eccelso che è solo dei grandi scrittori, e infine – ma solo quando ne avrete voglia! – meditando sull’intreccio della storia e delle sue figure, prendendone ciò che più vi piace, scegliendo ciò che più vi si confà e, soprattutto, rimanendo consapevoli che Goethe rompe un pregiudizio, dimostrando che la Scrittura e il suo corrispettivo piacere – la Lettura – sono più forti di ogni cosa, e possono nascondersi dove mai oseremmo pensare.

 Anche in una favola in cui animali, oggetti e mondo inanimato ci spiegano chi siamo, cosa vorremmo, e cosa è giusto e bello che noi tutti su questo mondo si faccia.

“… E in quel momento la luce del sole che sorgeva apparve sulla corona della cupola, il vecchio si mise tra il giovane e la fanciulla ed esclamò a voce alta: “ Tre sono le cose che dominano la Terra: la Saggezza, la Bellezza e la Potenza. Alla prima parola il re d’oro si alzò, alla seconda quello d’argento e alla terza si era sollevato lentamente quello di bronzo (…)

Cara Lilie, cosa può desiderare un uomo che ha tutto, oltre all’innocenza e al tranquillo affetto che il tuo cuore mi offre? (…)

L’Amore non domina, ma forma, e questo è molto di più.”

“Con Goethe – dice Rudolf Steiner – non si finisce mai di imparare!”

Link all’acquisto:

https://www.amazon.it/Favola-Johann-Wolfgang-Goethe/dp/8845907694/ref=sr_1_8?s=books&ie=UTF8&qid=1519580679&sr=1-8&keywords=favole

Sinossi:

Racconto in forma di enigma – anzi di «segreto palese», come dice una celebre formula qui enunciata –, Favola ha un luogo appartato ed eminente nell’opera di Goethe: fin dalla sua pubblicazione, nel 1795, all’interno degli Intrattenimenti di profughi tedeschi, questo testo ha provocato un numero impressionante di interpretazioni, nessuna delle quali riesce, né deve, dominare le altre.

(A questo proposito Goethe scriveva a un amico che non intendeva rendere pubblica la propria interpretazione «prima di aver visto davanti a me 99 predecessori»).

Qui non solo il racconto nel suo insieme, ma ciascuno dei personaggi è un enigma, un po’ come nelle figure dei grandi testi seicenteschi di alchimia. E comunque, pur nello sconcerto invincibile, sentiamo che qualcosa di essenziale per noi sta avvenendo nello svolgersi di queste immagini. «L’amore non domina, ma forma, e questo è più».
La presente edizione è accompagnata da un lungo saggio di Katharina Mommsen, che illumina la complessa vicenda che sta dietro alla elaborazione della Favola e offre importanti motivi per la comprensione del testo.

 

Autore: Johann Wolfang von Goethe
Titolo: Favola
Editore: Adelphi, 1990