Un posto sotto questo cielo di Daniele Scalise

Voce al Sogno
Recensione di Tiziana Tixi

 

un posto sotto cielo

Un posto sotto questo cielo è un romanzo storico di Daniele Scalise edito da Longanesi nel 2023.

 

Di cosa tratta Un posto sotto questo cielo?

 

Un posto sotto questo cielo ripropone una storia ai margini della grande Storia risorgimentale.

Un caso che fece insorgere l’opinione pubblica anche oltralpe, anche negli Stati Uniti. Voci polemiche tuonavano contro una atroce ingiustizia; un vero e proprio crimine: il rapimento del piccolo Edgardo Mortara da parte dello Stato Pontificio.

La vicenda affonda le radici nell’autunno del 1851; nel giorno sciagurato in cui Marianna Mortara apre la porta di casa a Morisi Anna detta la Nina. Ignora, Marianna, di aver commesso un errore che pagherà in lacrime per tutta la vita. Marianna e Momolo Mortara sono ebrei; abitano a Bologna, in via delle Lame. Hanno cinque figli, sono in attesa del sesto; serve un aiuto in casa. C’è bisogno di una fantesca che sbrighi le faccende; la padrona è energica ma provata. Morisi Anna, che certo non è né umile né rispettosa, si veste di umiltà e rispetto.

Sa che, se vuole scrollarsi di dosso la miseria e la polvere di San Giovanni in Persiceto, deve incontrare il favore dell’ebrea dal busto ampio e dalla crocchia in testa. Marianna la assume; è una padrona esigente ma non arcigna, impartisce ordini, dà istruzioni. E a volte perde la pazienza. Chi proprio mal sopporta la fantesca è Momolo; non si è opposto all’ingaggio – ché lascia piena libertà alla moglie. Ma egli non può reprimere diffidenza e lagnanze; quella ragazza è sregolata.

Dove va quando esce? Chi frequenta? E ogni volta rientra troppo tardi. Marianna la difende sempre, sia pure con poca convinzione; le ragazze di campagna spesso appaiono quello che non sono. La Nina
è irrequieta ma non ha un animo cattivo; tuttavia arriva il giorno in cui le sue intemperanze non possono più essere tollerate.

Come tollerare dei furti? Sì: Morisi Anna è una ladruncola che ruba in casa dei padroni. Ha tradito la loro fiducia, non è più gradita; deve andarsene. La ragazza è spavalda; non può essere cacciata, non nelle sue condizioni: aspetta un figlio.
Marianna non ha cuore di abbandonarla a sé stessa; le trova una sistemazione fino al termine della gravidanza. Dopo il parto, di Morisi Anna detta la Nina si perdono le tracce. Tornerà, come un relitto restituito dalla marea. Il 23 giugno 1858, sul far della sera, due gendarmi bussano alla porta di casa Mortara. Momolo è frastornato; non capisce.

Perché quell’irruzione? La sua è una famiglia onesta, rispettosa delle leggi. Cosa possono mai volere da lui le autorità? Non vogliono qualcosa; vogliono qualcuno. La nube rovescia tempesta: i
gendarmi sono lì per prelevare uno dei suoi figli. Edgardo; è Edgardo quello che reclamano.
Qualcuno ha tradito i Mortara; una cristiana che era stata serva in quella casa giura di aver battezzato il bambino gravemente malato. Un lampo passa nella mente allucinata di Marianna; un nome: Morisi Anna. Padre Rovetto ha raccolto la confessione della donna, l’inquisitore Feletti ha svolto un accurato esame e avvertito Sua Santità.

È tutto vero: Edgardo è stato battezzato e fatto cristiano; non può vivere in casa di ebrei, la legge parla chiaro. Sarà consegnato alla Chiesa; il Santo Padre si occuperà di lui, lo seguirà passo dopo passo. Morisi Anna voleva salvare Edgardo dal limbo; ha condannato lui e la famiglia dall’inferno sulla Terra. Il bambino è brutalmente strappato ai genitori; una carrozza lo attende sotto quella casa che non sarà più casa sua. Mai più. Edgardo è sradicato dalla sua stessa vita.

A Roma è esule e straniero; è finito in un mondo che non conosce, tra volti che non conosce, tra voci ora melliflue ora taglienti. Viene condotto alla Casa dei Catecumeni. Spogliato delle vecchie vesti, della vecchia vita e del vecchio sé stesso; preparato all’incontro con Sua Santità: Pio IX.

Lacrime calde e salate accecano Edgardo, ansimante di smarrimento e solitudine. Perché tutti lo chiamano figlio o figliolo? Lui vuole la sua mamma, vuole il suo papà; quell’uomo assiso in trono è uno sconosciuto, non sarà mai suo padre. Momolo e Marianna sono precipitati nel buio; ma sono tutt’altro che rassegnati. Agli inizi dell’autunno sono ospiti dei cugini Levi, a Roma. Giunti alla Casa dei Catecumeni, le speranze di riabbracciare Edgardo si infrangono contro un muro adamantino.

Devono rassegnarsi: il bambino ha una nuova famiglia; ora la sua mamma è Maria Vergine, la madre di Nostro Signore e di tutti i cristiani. Le parole di don Sangallo sono lame infuocate che eccitano il furore di Marianna; lei ha partorito Edgardo. Lei è e sempre sarà la sua unica madre.
L’incontro è fissato per venerdì 22 ottobre; quattro mesi dopo il rapimento, i Mortara riabbracciano il figlio. Quello che resta del figlio. Quello che il figlio sta diventando; l’ombra di quello che diventerà. Un estraneo. Marianna lo stringe a sé, affamata del calore del figlioletto. “Carne mia”, gli sussurra tra i baci; ma Edgardo non è più tenera carne di bimbo.

È muscoli tesi, membra irrigidite; è un cuore che pompa sangue e ossigeno, pulsa tiepidi affetti. Momolo e Marianna tornano a Bologna con la consapevolezza che tutto è perduto; la loro guerra, il loro figlio. La loro stessa vita. A nulla vale l’impegno di Sir Moses Montefiore, esponente di punta della comunità ebraica inglese; egli ha sposato la causa dei Mortara e nell’aprile 1859, nel tempo sacro di Pesach, è a Roma. Il duro e serrato confronto con il cardinale Antonelli si conclude con la resa di Sir Moses; nelle sue mani fumo, nell’animo amarezza e sdegno.

Un mese dopo, nella basilica di San Pietro, Edgardo viene battezzato con rito completo e poi cresimato; è un nuovo miles Christi.

“Edgardo era stato arruolato in una guerra a lui incomprensibile ma del resto ai bravi soldati non si chiede di capire ma solo di obbedire.”

L’educazione ai principi del cristianesimo viene impartita a ritmi martellanti; stremato da quelle sessioni, il bambino si rifugia nell’immagine del crocifisso. L’inquietudine di Edgardo fluisce nello strazio di quell’uomo nudo, inchiodato al legno, la testa cinta di spine e reclinata su una spalla. Nel supremo tormento di Cristo, il tormento di Edgardo trova sollievo. In un angolo della mente del piccolo risuona ancora la raccomandazione della mamma; mai baciare una croce, mai inginocchiarsi davanti a immagini cristiane.

La vexata quaestio del bambino ebreo battezzato ha acceso gli animi e agitato le cancellerie di mezza Europa. Lo Stato Pontificio vacilla; Edgardo ha bisogno di maggiore protezione. Viene trasferito al Collegio dei Canonici Regolari; eccellente negli studi, è oggetto di invidia e gelosia in quanto pupillo di Sua Santità. Il 20 settembre 1870 l’esercito piemontese irrompe a Roma. Momolo è in città; è sua ferma intenzione riportare Edgardo a casa.

Si trova davanti un giovane uomo; sul volto un accenno di peluria, nella voce una mitezza di gelo. Non tornerà con la famiglia; ha deciso: si voterà al sacerdozio. Le ultime parole di Momolo rimbombano nell’aria come un tuono; è una minaccia o una condanna? È l’assordante purezza della Verità: Edgardo è nato ebreo, ebreo sarà sempre. Per tutti, anche per loro; per quelli che lo vogliono come loro. Il giovane si sente in pericolo come una bestia braccata; fiuta la minaccia di una congiura ordita dalla famiglia per rapirlo alla sua vita da rapito.

Pio IX asseconda quelle che gli sembrano ubbie di una psiche fragile; il 22 ottobre 1870 Edgardo parte per il Tirolo imperiale. Non trova la pace nel convento di Neustift; alla fine del 1871 torna a Roma. Ha bisogno di un colloquio con il papa; il dado è tratto: vuole consacrarsi sacerdote. Don Orsi lo sottopone quasi a un processo; ne esamina l’autenticità della vocazione, ne viviseziona la volontà. Edgardo vince quel duello; nel 1873 viene nominato diacono. Non pago, preme per accelerare i tempi della consacrazione. Pio IX, ormai stremato dall’età e dall’affronto sabaudo, gli concede quel privilegio.

Don Pio Edgardo Mortara viene consacrato sacerdote giovedì 23 ottobre 1873. L’agognato abbraccio di Santa Madre Chiesa non placa le sue inquietudini; in quella fretta c’è l’ansia di scappare e mettersi al sicuro. Di
scappare dal mondo, dalle sue tentazioni; dal ripensamento; da sé stesso. E c’è la smania spasmodica di trovare un posto sotto questo cielo. Perché Edgardo si sente cristiano, è cristiano; ma il suo sangue è ebreo. La nuova Fede è capace di soffocare la voce che ancora gli grida nell’orecchio Shmà Israèl? In quello che resta della sua parabola esistenziale, don Pio Edgardo cadrà, si rialzerà, cadrà. Il lavacro del Battesimo non ha mondato la macchia delle origini; lo stigma della razza lo accuserà fino all’ultimo giorno. E lo richiamerà dall’oltre.

 

Perché leggere Un posto sotto questo cielo?

 

Leggere Un posto sotto questo cielo significa viaggiare attraverso emozioni antitetiche ma sorelle. È impossibile non avvertire uno strappo quando le lacrime scorrono sul viso sgomento di Edgardo. Impossibile non udire le grida straziate di Momolo e Marianna verso la carrozza che porta via il loro figlioletto. Impossibile non sentire l’amaro fiele della sconfitta ogni volta che essi perdono la loro battaglia.

Cum pathior; compassione che si accende in sdegno. Sdegno per la cecità della Chiesa verso il dolore di una famiglia; verso la ferita di una intera comunità. Sdegno per la sordità alle suppliche, alle preghiere; perfino alle ingiunzioni. Santa Madre Chiesa strappa un figlio dalle braccia di una madre; ella piangerà la perdita per tutta la vita, per tutta la vita sanguinerà. Marianna, mater dolorosa, amerà Edgardo pur nella lontananza. Il figlio sarà nel vuoto della madre, la madre sarà nel vuoto del figlio.
Nelle mani di Pio IX egli è la testa di Medusa; nient’altro che il trofeo di cui il Papa Re si compiace per ostentare un potere che sa agonizzante. L’ebreo salvato è il segno vivente che la sua auctoritas non è tramontata. Un posto sotto questo cielo conduce nel cuore della comunità ebraica; di uomini e donne che non avevano diritto di avere diritti. Ogni giorno essi dovevano fare i conti con sguardi sprezzanti, con insulti gridati o allusioni sibilate. “Quelli come voi”; così li definivano i cristiani.

Non bastava che un ebreo ignorasse le ingiurie. Non bastava che evitasse ogni riferimento alle proprie tradizioni, agli obblighi e ai divieti imposti dalla loro Fede. I giudei erano gente infida, ingrata, astuta. Erano gli infedeli, i senza dio. Erano il popolo deicida. Il Ghetto non era solo uno spazio fisico; era prima di tutto un recinto culturale. Gli ebrei dovevano restare oltre uno steccato, che era anche legislativo.

Morisi Anna non avrebbe potuto lavorare per i Mortara; Marianna non avrebbe dovuto assumerla. Morisi Anna ha salvato un infedele; Marianna ha violato la legge.

 

Link d’acquisto

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Sinossi

Bologna, 23 giugno 1858. Due guardie pontificie si presentano alla porta di Momolo e Marianna Mortara con un mandato della Santa Inquisizione. Da quel momento l’esistenza di una famiglia di modesti mercanti ebrei è destinata a essere per sempre sconvolta: le guardie hanno infatti l’ordine di portar via il sesto dei figli, Edgardo, di non ancora sette anni.

I genitori, attoniti, chiedono invano spiegazioni, protestano, si disperano ma alla fine sono costretti a cedere ai gendarmi che trascinano via il figlioletto. È l’inizio brutale di una vicenda via via sempre più cruenta e destinata a punteggiare malamente la storia del nascente Stato italiano e della ormai fatale estinzione di quello pontificio. A nulla valgono gli appelli al papa di capi di Stato come Napoleone III, l’imperatore d’Austria e il presidente degli Stati Uniti né le voci di protesta di uomini di cultura e le suppliche di quelli di ogni fede.

Pio IX è irriducibile: Edgardo Mortara, pur nato ebreo, appartiene alla Chiesa cattolica visto che una fantesca ha giurato di averlo battezzato di nascosto quand’era nella culla ritendendolo moribondo per via di un attacco di febbre. Vittima di un’epoca tempestosa, Edgardo vivrà tutta la vita all’interno dell’istituzione ecclesiastica, prima ragazzo confuso e solitario, poi sacerdote inquieto e disperato.

Fino alla sua morte in un convento nei pressi di Liegi tre mesi prima che i nazisti invadano il Belgio, sarà pedina innocente sulla scacchiera di un potere spietato.

Titolo: Un posto sotto questo cielo
Autore: Daniele Scalise
Edizione: Longanesi, 2023