Melanconia di classe di Cynthia Cruz
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Recensione di Veronica Sicari
Melanconia di classe. Manifesto per la working class di Cynthia Cruz è un saggio edito da Atlantide edizioni nel 2022.
Di cosa parla Melanconia di classe. Manifesto per la working class?
Nel proprio lavoro, Crynthia Cruz cerca di fornire una definizione della melanconia.
Per farlo, utilizza le parole di Sigmund Freud, che ne dà una definizione molto precisa contrapponendola al lutto:
“Il lutto, di regola, è la reazione alla perdita di una persona amata o di un’astrazione che ne ha preso il posto, come la Patria, la libertà, un ideale […] la melanconia è psichicamente caratterizzata da un umore depresso profondamente doloroso, da un venir meno dell’interesse per il mondo esterno, dalla perdita della capacità di amare, dall’inibizione di ogni attività e dallo svilimento del sentimento di sé, che si esprime in autorimproveri e autoinsulti e si intensifica fino a un’attesa delirante punizione”.
Ma cosa correla la melanconia, così come descritta da Freud e la classe (sociale)?
Partendo dalla propria esperienza personale di persona proveniente dalla working class, e attingendo a piene mani dalle vicende di personaggi famosi, tutti accumunati dalle umili origini, in questo straordinario saggio, Cynthia Cruz analizza in maniera schietta il sistema capitalistico nel quale siamo inseriti, cercando di dare un nome a quella sensazione di perenne disagio e sofferenza che sembra caratterizzare intere generazioni.
Cynthia Cruz è una saggista, poetessa e ricercatrice tedesco-americana; è stata la prima, nella sua famiglia, a conseguire un titolo di studio universitario e a lavorare nel campo culturale.
Le riflessioni che daranno poi vita a questo saggio sono nate da una conversazione con una sua insegnante, stupita dopo aver appreso le origini di Cruz.
Nell’immaginario collettivo, i membri della working class portano addosso lo stigma della propria condizione: vesti logore, scarsa igiene personale, modi e lessico volgarmente impacciati. Sono poveri, e la povertà è brutta, sporca, disturbante.
Stereotipi, questi, che vengono esasperati dalla cultura di massa, e che provocano disagio a chi proviene o appartiene a quel mondo.
La rappresentazione romanzata della working class non ha un vero riscontro nella realtà.
Sebbene working class potrebbe essere tradotto in italiano con proletariato, tale definizione non sarebbe in grado di rendere l’esatta latitudine del termine.
Fanno parte della working class, infatti, non soltanto gli operai, ma anche precari di ogni professione (compresi gli insegnanti), gli impiegati part time, i coltivatori, i minatori, nonché tutti i lavoratori con contratti a termine, e senza la certezza di rinnovo.
Il progressivo impoverimento di quella che un tempo era definibile classe media, ha dato al termine una connotazione molto più ampia, specie in America.
Non avere l’aspetto della working class – quello corrispondente all’immaginario di una certa élite privilegiata – equivale ad un nascondimento delle proprie origini?
Nascondere le proprie origini, non equivale a negare parte della propria identità personale?
Tale negazione non può che comportare un senso di perdita, ossia la melanconia a cui fa riferimento Cruz nel corso del suo discorso.
Quella depressione, quel senso di inadeguatezza che finisce per alimentare spinte autodistruttive, come accade ai tanti personaggi del mondo dell’arte, del cinema e della musica di cui l’autrice racconta l’esperienza.
Eppure, chi riesce a fuoriuscire – per fortuna, per merito, per talento o per ognuna di queste tre cose – dalla propria classe di origine, tende a modificare il proprio linguaggio, il proprio aspetto.
A conformarsi ai canoni estetici e sociali della classe dominante, culturalmente, economicamente e socialmente.
Perché leggere Melanconia di classe. Manifesto per la working class?
In una società capitalistica come quella nella quale viviamo, dove la working class è stata formalmente cancellata, e quello di coscienza di classe è un concetto che sembra relegato al tardo Ottocento, sarebbe opportuno compiere una riflessione.
Sebbene scritto e pensato per la società americana, nella quale le disuguaglianze assumono connotati molto più netti che altrove, le riflessioni di Cruz sono un prezioso stimolo per ripensare l’assetto sociale generalizzato.
La melanconia di classe, da forza autodistruttiva, potrebbe diventare potenza rigeneratrice.
Sinossi
Come influisce la classe a cui apparteniamo sul modo che abbiamo di vivere, di lavorare, di fare arte?
E se la nostra classe di origine è la working class, che vuol dire vivere allora in un mondo borghese e neoliberista, e come dovremmo fare i conti con la violenza con cui la società agisce su di noi?
Facendo ricorso alla sua storia personale e usando il concetto freudiano di melanconia, Cynthia Cruz traccia le traiettorie delle vite di scrittori, artisti, registi e musicisti esaminando la malinconia di ognuno nel momento in cui lascia le proprie origini operaie e proletarie per “diventare qualcuno”.
Tutti loro – da Amy Winehouse a Ian Curtis a Barbara Loden – scopriranno che il prezzo da pagare è altissimo e che ciò che si perde davvero nel processo non è semplicemente il passato, ma la propria anima.
Personale, poetico, e allo stesso tempo assolutamente politico, Melanconia di classe è un libro che per intensità di sguardo, originalità, potenza di scrittura e coraggio richiama immediatamente alla memoria capolavori come L’outsider di Colin Wilson e si candida esso stesso a libro fondamentale e senza tempo.
Titolo: Melanconia di classe. Manifesto per la working class.
Autore: Cynthia Cruz
Editore: Atlantide edizioni.