“Neve, cane, piede” – di Claudio Morandini

Recensione di Giovanna Pandolfelli

Claudio Morandini

“Neve, cane, piede” è un romanzo di Claudio Morandini pubblicato nel 2015 da Exòrma, un editore attento alle novità narrative che esplorano l’animo umano, nonché gli aspetti antropologici e sociali dell’esistenza.

Il romanzo di Morandini è una riflessione sulla vita in genere e, in particolare, sulla sopravvivenza.

Di quanto abbiamo bisogno per vivere confortevolmente? Dove si colloca la linea di demarcazione tra vita e sopravvivenza? Può l’uomo condurre la propria esistenza a diretto contatto esclusivamente con la natura e morire, divorato da uccelli ed altre bestie? 

Claudio Morandini in “Neve, cane, piede” solleva interrogativi semplici – eppure annosi – sul rapporto tra uomo e natura, tra uomo, vita e morte e sugli aspetti sociologici di una vita in comunità o da eremita.

NEVE. Ogni valle alpina ha i suoi eremiti e Adelmo Farandola è uno di loro. Poco più di una visione, il vecchio si era parato davanti all’autore in una tranquilla giornata di passeggiate in montagna. Ed ecco che nasce il personaggio, mezzo reale mezzo verosimile, e la sua storia di eremita, uguale a quella di tanti altri, che Claudio Morandini ha saputo cogliere e rendere unica. Una vita solitaria attraverso inverni che ricoprono ogni cosa di fitte coltri nevose. Una neve che isola da tutto e costringe a trovare risorse proprio per sopravvivere alla solitudine.

CANE. L’unica compagnia che un eremita è in grado di sopportare. Adelmo Farandola ne tollera l’insistente presenza. Inizialmente è il cane ad aver bisogno di un padrone, in seguito sarà lo stesso anziano a non poter più fare a meno di quel compagno di pensieri. L’incapacità sociale rende l’uomo schivo e timoroso di qualsiasi rapporto con i propri simili finendo per evitarli. Il cane rappresenta il legame tra l’uomo e la natura, quel piccolo anello di congiunzione che permette il passaggio da essere pensante ad elemento integrante della natura e, in ultima analisi, del ciclo vitale, morte compresa. La morte si fa manifestazione inesorabile della natura stessa.

PIEDE. Cosa rappresenta un piede umano in mezzo ad una natura inospitale? Il cammino, la determinazione a raggiungere una meta, il piede è l’elemento che unisce il corpo alla terra, con cui calchiamo il terreno e crediamo di conquistarlo. Eppure il piede per Adelmo e per il suo cane rappresenta solo un vago ricordo di una persona forse ostile o forse solo curiosa di assistere più da vicino alla loro esistenza. Il ricordo è vago poiché entrambi possiedono una memoria labile. Il cane per la sua natura bestiale, l’uomo per una forma di degenerazione neurologica che avanza e cancella i ricordi più recenti.

Claudio Morandini, con una scrittura piana ed un ritmo cadenzato, ci accompagna attraverso una vita alternativa e riflette sul suo significato profondo.

Un uomo isolato dal resto del mondo ha davvero bisogno di ricercare i propri ricordi? La memoria individuale crea la storia privata di ciascuno che si confronta e si misura con la memoria sociale e collettiva della comunità di appartenenza. Far parte di null’altro che della natura, della montagna selvaggia costituisce un vissuto monotono e regolare che forse può fare a meno della memoria, del passato, per vivere solo nel presente e scivolare, un giorno, indisturbato nella morte, in un ciclo perfettamente naturale delle cose.

Un romanzo originale, un unico protagonista che si amalgama in un tutt’uno con l’ambiente circostante. Immaginazione e ricordo si fondono e si confondono con i pensieri cui fa eco l’ambiente maestoso e impervio dell’alta montagna.

Solitudine, vita e sopravvivenza, memoria e presente sono le parole d’ordine di Neve, cane, piede di Claudio Morandini.

 

 

Autore: Claudio Morandini 
Titolo: Neve, cane, piede
Editore: Exòrma, 2015

Sinossi:

Il romanzo è ambientato in un vallone isolato delle Alpi. Vi si aggira un vecchio scontroso e smemorato, Adelmo Farandola, che la solitudine ha reso allucinato: accanto a lui, un cane petulante e chiacchierone che gli fa da spalla comica, qualche altro animale, un giovane guardiacaccia che si preoccupa per lui, poco altro. La vita di Adelmo scorrerebbe scandita dai cambiamenti stagionali, tra estati passate a isolarsi nel bivacco sperduto e inverni di buio e deliri nella baita ricoperta da metri di neve, se un giorno di primavera, nel corso del disgelo, Adelmo non vedesse spuntare un piede umano dal fronte di una delle tante valanghe che si abbattono sulla vallata. “Neve, cane, piede” si ispira a certi romanzi di montagna della letteratura svizzera, in particolare a quelli di Charles-Ferdinand Ramuz, o alle opere ancora più aspre di certi autori di lingua romancia, come Arno Camenisch. Leo Tuor o Oscar Peer: vi si racconta una vita in montagna fatta di durezza, di fatica, di ferocia anche, senza accomodamenti bucolici. Nell’ambiente immenso, ostile e terribile della montagna, il racconto dell’isolamento dell’uomo, del ripetersi dei suoi gesti e dell’ostinazione dei suoi pensieri e reso dalla descrizione minuziosamente realistica che a volte si carica anche di toni grotteschi e caricaturali, soprattutto nei dialoghi tra uomo e animali, questi ultimi dotati di loquacità assai sviluppata.