Il segreto della Monaca di Monza di Marina Marazza

Fabbri Editore – giugno 2014 – Pagine: 528anteprima-il-segreto-della-monaca-di-monza-di-L-0RmVjq

La copertina ritrae un fanciulla distesa sulla nuda pietra,  i capelli sparsi su un tappeto di foglie secche. Ha gli occhi chiusi, e sull’abito blu spiccano le bianche perle del rosario.  Virginale, sacra. Eppure sensuale, così come nell’immaginario che conosciamo identifichiamo Marianna de Leyva, meglio conosciuta come “La Monaca di Monza”.

Presi i voti con il nome di Suor Virginia, in memoria della madre venuta a mancare a causa della peste quando lei era piccola, Marianna de Leyva è stata la figura ispiratrice di Alessandro Manzoni nei “Promessi Sposi” per la caratterizzazione di  Geltrude, la Monaca di Monza del Fermo e Lucia.

La vicenda si svolge nella Milano del XVII secolo, contrassegnata dal dominio della cattolicissima Spagna, che punisce con inaudita ferocia ogni forma di eresia. I roghi sono all’ordine del giorno, e il fanatismo religioso impera armando la feroce morsa dell’Inquisizione che opera attraverso la tortura.

In questo clima di repressione e paura, per le donne non c’è via d’uscita: il destino viene deciso dalle famiglie e dal ceto sociale. Alle più povere viene riservata in genere la sopraffazione attraverso il matrimonio con uomini brutali e gravidanze continue che spesso conducono alla morte. Per le nobili, il matrimonio o la monacazione.

Marianna è di nobile casata: i conti spagnoli de Leyva, e cosa più importante, da parte di madre discende dai Marino, la famiglia più ricca e potente di Milano. Ha una dote ricca, lasciatale dalla madre, ma il padre don Martìn de Leyva non ha nessuna intenzione di maritarla: con quel denaro può assicurarsi una vita agiata per sé e per la futura e giovane sposa su cui ha posato gli occhi. Ed è così che a undici anni per la piccola Marianna si aprono le porte del convento di clausura dove dovrà passare il resto della sua vita, vocazione o non vocazione. Marianna prova a ribellarsi alla volontà del padre ma è costretta a capitolare. E da qui ha inizio la sua storia. Il suo temperamento è passionale, il suo corpo sinuoso, gli occhi neri nel bel viso ovale, ardenti. Marianna sogna l’amore, un marito, dei figli. All’interno del convento trova altre come lei, con la disperazione negli occhi per una vita negata. Suor Virginia è destinata a diventare in virtù del suo rango badessa, e nonostante ce la metta tutta, l’inquietudine e il sogno d’amore non l’abbandonano mai. Rinchiusa in quelle mura grigie, osserva il mondo esterno da una finestrella, e proprio in quel rettangolo di visuale scorge il giovane Gian Paolo Osio, colui che farà esplodere il sentimento tanto desiderato.

Marina Marazza prende per mano il lettore e lo conduce fra le pieghe della storia, con tutta la forza dell’amore e della disperazione di questa giovane donna, che nella sua ricerca della libertà, commette errori, si macchia le mani di sangue, trascina con sé nel baratro le sue più fedeli consorelle. Nel tempo scandito dalle preghiere e dall’isolamento si consumano sotterfugi, prevaricazioni, amplessi. Ma in fondo l’unica colpa di suor Virginia è quella di aver desiderato vivere al di fuori di ciò che le è stato imposto.

L’autrice si addentra fra i luoghi e i personaggi con maestria, attualizzando senza nulla togliere al rigore storico. Ha uno stile narrativo elegante, che mantiene un ottimo registro fino all’ultima pagina e delinea con profondità una storia che molti credono di conoscere.

Silvia Lorusso

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