Canto degli speroni rossi – di Grazia Fresu
Recensione di Elvira Rossi
Grazia Fresu, autrice del Canto degli speroni rossi, attraverso i personaggi del romanzo racconta il proprio vissuto durante e dopo la contestazione studentesca del ’68.
Le pagine, scritte contestualmente ai fatti narrati, conservano la freschezza di un presente che non ha conosciuto il filtro della memoria.
Di cosa tratta Canto degli speroni rossi?
Il passato diventa presente, lo spazio temporale si azzera. Ogni frase del libro apre spazi sconfinati di riflessione, tanto che nel tracciarne i tratti essenziali si rischia di smarrirne la profondità.
Nella narrazione percepiamo i palpiti, le emozioni, il fervore intellettuale della scrittrice, che ha condiviso il sogno di una generazione.
Il ‘68 sconvolge assetti consolidati e si consuma una frattura tra i giovani e le istituzioni. Affiorano difficoltà di comunicazione fra il mondo studentesco e gli intellettuali chiusi nella propria erudizione e sordi alle esigenze reali.
Viene smascherato il carattere autoritario del sistema di trasmissione delle conoscenze e in discussione non sono solo l’organizzazione e la gestione della scuola, ad essere messa sotto accusa è l’idea stessa di una cultura, che riflette il classismo della società.
Dalle pagine del libro proviene un invito a lasciarsi andare e nello accoglierlo, ci si ritrova a vivere l’incessante dialogo del protagonista con il fratello. Un dialogo che a tratti si ripiega su sé stesso, assumendo il carattere di un monologo interiore.
Con lui, giovane studente, parteciperemo alle assemblee, entreremo nelle fabbriche, canteremo, reciteremo le poesie di Lorca e Neruda, viaggeremo, ritorneremo all’Isola, ma soprattutto visiteremo le stanze del pensiero, trasferendoci nella sua identità ribelle.
I due fratelli, uniti da un affetto tenace, si parlano, si ascoltano, non hanno segreti; tuttavia non si bastano e si ritrovano nello stesso bisogno di confronto, all’interno di una collettività saldata da un comune sentimento di ribellione.
In nessun momento della storia le aggregazioni sociali sono state così sentite e la barriera tra la dimensione privata e quella pubblica viene ad essere abbattuta. Le amicizie e gli amori diventano un momento di crescita personale in parallelo con la militanza politica, essenziale per la elaborazione di nuove idee.
Nel romanzo la parola confronto ritorna più volte, ponendosi come un elemento cardine che regola le relazioni.
Netto è il rifiuto di percorsi già tracciati e tutto viene messo in discussione, per restituire a ogni parola il significato autentico portando alla luce falsità, storture, pregiudizi. Il dibattito teorico richiede di connettersi dialetticamente alla conoscenza diretta delle situazioni, per dare una risposta concreta al bisogno di giustizia sociale.
“Noi non abbiamo obblighi di fedeltà con ciò che ci precede”
Praticare la disobbedienza è la premessa indispensabile, per acquisire una sorta di verginità e liberarsi degli elementi tossici, dettati da uno stato borghese incapace di una adeguata azione riformatrice.
“Ho orrore di ciò che saremmo potuti diventare, ho orrore di questa baronia arcigna e putrescente imbevuta d’oro vecchio e di dottrina”.
Affermazioni potenti sintetizzano il rifiuto totale di una società gerarchizzata, che gli studenti si propongono di cambiare alle radici attraverso la lotta politica e il coinvolgimento delle masse.
Nelle lunghe disquisizioni del protagonista riconosciamo una tensione, quasi una latente sofferenza, di chi affatica la mente per risolvere dubbi e contraddizioni. Nella lotta di classe è difficile attaccare un nemico che stenta a materializzarsi e che si annida in un sistema difficile da sbrogliare.
Il concetto di giustizia reclama di essere svecchiato da residui epici e romantici e per uscire dalla incertezza, si leggono pagine dell’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam, si riflette sul pensiero di Marx, Hegel, Marcuse, si analizza la realtà.
Negli scantinati si allestiscono spettacoli da portare nelle piazze, e poi tanta musica; musica popolare e canzoni di protesta, veri proclami di libertà, interrompono i momenti di silenzio e si insinuano tra una discussione e l’altra, esaltando gli animi e rafforzando un sentimento di unità.
“Parliamo pure di lotta di classe ma non per esorcizzare le nostre angosce o la nostra paura, non per rifugiarsi in essa della nostra ingiustificata solitudine. Se è giustizia che vogliamo e se questa giustizia va reinventata come senso totale, oltre quella che ci fu consegnata, fra l’astrattezza giuridica e il sogno dell’eroe positivo, è giusto esaminarci sempre con impietosa certezza”.
Non esiste disaccordo tra cultura e lotta di classe e la saldatura avviene attraverso la parola.
La natura libertaria del pensiero divergente incontra la lotta di classe nella costruzione di una società democratica.
La parola non è solo quella dei manifesti e degli slogan, che pure sul piano comunicativo hanno una efficacia notevole.
La parola è potenza creativa e in quanto tale si esprime nel canto, nella musica, nella scrittura, nella recitazione, nella ricerca di nuovi codici.
E l’arte, in una varietà di forme, dialoga sia con la conoscenza che con la bellezza, valori inalienabili, giacché a nessuna ideologia o progetto può essere riconosciuto il potere di impoverire la fantasia e offuscare il diritto alla gioia.
“Ho paura della tristezza, di quella torre privilegiata dove il vecchio poeta rifugiava la sua incerta aderenza alla vita di carne e sangue e di questa tristezza che è un alibi, non una necessità, questa tristezza che andiamo teorizzando non ha senso”.
Il protagonista con il fratello ritornerà all’Isola e la materna asprezza delle montagne gli racconterà vecchie e nuove storie di repressione e rivolta.
Le esperienze vissute li ha arricchiti, senza, però, renderli estranei alla loro Terra e in Lei continueranno a riconoscersi, perché chi ha sete di giustizia parla la stessa lingua.
“Tutte le solitudini si somigliano e si somigliano le terre cui vien fatta violenza”
Nel loro animo si insinua l’eco nostalgica della canzone “Bentu de ottanta cabaddàrjos”, del poeta sardo Pietro Mura, che ai versi affida un sogno di pace: ottanta cavalieri, non rassegnati alla vendetta, abbandonano il Sopramonte e si lasciano condurre dal vento là dove l’odio tace.
Ed è proprio questa canzone, simbolo di lotta e di speranza, ad aver ispirato a Grazia Fresu il titolo del libro Canto degli speroni rossi.
Perchè leggere Canto di speroni rossi?
La prosa di Grazia Fresu canta la realtà.
Gli elementi dinamici della narrazione vanno incontro al lettore attraverso una singolare scrittura, che svela la disposizione filosofica e la vocazione poetica dell’autrice.
Il linguaggio poetico, ricco di immagini figurate, non adombra la verità, anzi la esalta, giacché riesce a cogliere le sfumature, i dettagli, le emozioni che hanno animato l’azione politica.
Alla storia scritta da una generazione non può essere apposta la parola fine, a sollecitare la continuazione del Canto degli speroni rossi di Grazia Fresu, è la marcia minacciosa delle forze ostili che tentano di arrestarlo. Resta irrinunciabile il sogno di un mondo fondato sulla giustizia.
“E sento che non c’è fine in questa storia che possa essere scritta, perché il tempo del nostro vissuto è quello della parola dolorosa e ardita che abbiamo saputo darci e che continuiamo a tenerci dentro come una speranza ostinata e più forte.”
Link d’acquisto
https://www.ibs.it/canto-degli-speroni-rossi-libro-grazia-fresu/e/9788898432462
Sinossi
In un dialogo costante con il fratello, un giovane della generazione del ’68 racconta in prima persona le esperienze, gli incontri che lo hanno segnato, il suo allontanamento dalla terra d’origine, la Sardegna, l’arrivo a Roma per iscriversi all’università e, attraverso i luoghi deputati della crescita sociale e politica della gioventù di quegli anni e gli avvenimenti dell’epoca, il suo percorso umano di formazione e di crescita.
Nello stretto rapporto tra fratelli, la storia si sviluppa in quadri come in una sequenza cinematografica dove per frammenti si ricostruisce una storia personale e generazionale che attraversa i luoghi fisici e mentali di un tempo che ha cambiato il mondo nella profondità dei desideri e delle coscienze.
Gli speroni rossi sono quelli che, in una poesia in lingua sarda, indossano i cavalieri ribelli che scendono dalla montagna alla conquista della valle dove tutto è possibile.
Titolo: Canto di speroni rossi
Autore: Grazia Fresu
Edizione: Edigrafema, 2021