La donna del bosco – di Hannah Kent

Voce alle Donne

Recensione di Emma Fenu

donna bosco

La donna del bosco è un romanzo di Hannah Kent edito da Piemme nel 2017.

Di cosa tratta La donna del bosco?

Siamo nel 1825, in Irlanda, nella contea di Kerry.

In un paesino di campagna si scatenano varie calamità: la morte per infarto di un uomo sano, un bimbo nato morto, la diminuzione della produzione di uova e burro, malefici in putrefazione sui tetti, mucche ammalate, risse fra gli uomini e chiacchiere malevole fra le donne.

Il colpevole, per la superstizione ancora viva, è un bimbo malato, affetto da paraplegia e ritardo mentale, che è considerato un changelling, ossia un essere del popolo fatato scambiato al posto del bambino sano, nipote di Nòra.

Quest’ultima, infatti, si trova a piangere la morte del marito a seguito di quella della figlia e a gestire il fardello di una creaturina malata e urlante che denuncia, con la sua condizione, la punizione di una colpa commessa.

In preda alla vergogna e alla disperazione, Nòra segrega il bambino in casa e assume una fanciulla dai capelli rossi come la figlia e il bambino, ritenuti diabolici, per aiutarla. Mary, la fanciulla, si affeziona al bambino, nonostante l’iniziale spavento provato nel vederne le condizioni.

Ma Nòra non si dà pace: si reca dal medico e dal prete ma entrambi le negano ogni speranza. Entrambi, il prete senza degnarsi nemmeno di una visita di conforto per l’anima, definiscono il bambino cretino e inguaribile.

Ed è Nòra a cambiare. Nel nipote vede un mostro del Buon Popolo, ossia degli esseri fatati che, come la natura, non sono nè buoni nè cattivi, ma si ribellano se il loro equilibrio viene minacciato e diventano il capro espiatorio di ogni malattia o devastazione.

Nòra diventa il changelling della donna saggia e amorevole che era e farebbe di tutto per avere il suo vero nipote: anche liberarsi del bimbo che ritiene un mostro.

L’unica che la può aiutare è la vecchia levatrice e guaritrice che vive nel bosco, al confine con il popolo fatato da cui ha ereditato il dono della conoscenza. Nance, questo è il nome della donna, può far partorire o abortire o concepire, può curare malanni del corpo e ferite dell’anima, conosce il modo per vivere in armonia con il mondo “altro”, rispettandolo e spaventandolo a seconda del caso.

Nance riconosce nel bimbo dai capelli color ruggine un changelling e compie una promessa prima di tutto a se stessa: riporterà il vero bambino alla sua famiglia usando antichi e rischiosi rituali.

E oltre non svelo, se non che questa è una storia vera, non nel dettaglio, ma nel destino che toccò in sorte a molti ritenuti “scambiati”.

Perché leggere La donna del bosco?

Numerose e interessanti recensioni sono state scritte su tale romanzo, anche nel nostro sito.

Non si può non ammirare la capacità fascinatoria de La donna del bosco, la ricerca di documenti processuali e di trattati sulle erbe curative e velenose, l’attenzione posta al sincretismo religioso che permeava il contesto storico che fa da sfondo alla vicenda, l’analisi delle leggende, delle credenze e dei poteri atrribuiti alle Fate.
E io amiro questo lavoro di ricerca e narrazione. 

Ma sulle donne protagoniste di questa storia mi vorrei soffermare.

Voce alle donne, dunque. E finalmente.

Non è facile vivere nella povertà e nel gelo, stramazzando di fatica nel lavoro e piangendo i morti fra i morsi della fame.

Non lo è per nessuno, ma ancor meno per le donne.

Non sanno leggere e scrivere e l’unica conoscenza che hanno si basa sulla natura: un sapere custodito, come un gioiello, di madre in figlia. E un bel giorno questo gioiello è un cappio che condanna alla forca.

Eppure non rifiutano la religione cattolica, invocano Cristo e la Madonna e le loro parole più che incantesimi sono preghiere.

Eppure sono sole, emarginate, minacciate da un potere che non le accoglie, che non le supporta, che chiude loro porte che Dio avrebbe tenuto aperte.

Eppure sono picchiate e stuprate nel silenzio di tutti, perché essere vittime è l’eredità di Eva.

Eppure sono invocate nel silenzio, offrono alloggio e curano sconosciuti, vengono svegliate nel sonno e corrono prestando aiuto in cambio non di soldi, ma di burro, uova, farina, a volte una gallina.

Magre e invecchiate a quarant’anni, con le vesti logore, infreddolite davanti a un camino quasi spento, a condividere ore e rimpianti con una capra, non sono certo ricche imbroglione.

E, quando vengono ascoltate, nelle aule del patriarcato incornonato, subiscono o condanna o biasimo o pena.

Sono solo donne e donne sole che nulla sanno del mondo, del giusto e dello sbagliato, del bene e del male, della scienza e dei saperi accreditati.
Perchè non tacciono?!

 

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Sinossi

Irlanda, Contea di Kerry, 1825.

Una fatalità, una disgrazia, un dispetto delle fate: tutto può essere successo al piccolo Micheál, che a quattro anni non si muove più, colpito da una paralisi inspiegabile che spaventa chi lo incontra e fa mormorare di rapimenti, di creature del bosco maligne e dispettose, di peccati e di punizioni.

Tra le strade polverose del piccolo paesino di campagna dove Nóra, sua nonna, cerca di tirarlo su, in un mondo dominato dalla superstizione e dalla paura più che da qualunque altra cosa, un bambino diverso come Micheál è un bambino che le fate hanno scelto per i loro scherzi cattivi.

Le stesse fate che possono essere buone, malvage, leggere o fatali a seconda del loro capriccio.

Ma Nóra è decisa a salvare il suo nipotino: insieme a Mary, la ragazza che la aiuta a occuparsi di Micheál, l’unica a non provare repulsione per quella strana creatura, cercherà in tutti i modi di curarlo, confrontandosi con le inumane credenze popolari e i pregiudizi feroci della religione, e infine approdando a Nance, la donna del bosco.

L’unica a essere in contatto con le creature che possono aver fatto del male a Micheál, sostituendolo con il  “mostro” che è diventato adesso…

 

Titolo: La donna del bosco
Autore: Hannah Kent
Edizione: Piemme, 2017