Il Musical: Il Mago di Oz – Musicalfemminile

a cura di Gianna Ferro

Musical

Il termine anglosassone Musical è un’abbreviazione di “musical comedy”, ovvero commedia musicale, e sta ad indicare un genere di spettacolo nato in America nei primi decenni del Novecento, che si ispira all’Operetta europea, rispecchiando, però, i gusti e i costumi americani.

Avvalendosi di elementi tratti dal jazz e dalla musica popolare, trasferendo l’elemento romanzesco su vicende di gente comune e servendosi del cinematografo, gli americani hanno dato vita a un tipo di spettacolo di grande successo.

Il Musical, nell’evocare le immagini dei fasti hollywoodiani, finisce spesso per veder delimitata la propria storia al solo periodo tra gli anni trenta e cinquanta; in realtà ha attraversato tutto il cinema dalla nascita fino ai giorni nostri, in virtù della sua natura di genere “forte”, grazie anche all’osmosi tra cultura europea e americana, nelle strade e nei teatri di New York.

Protagonista assoluta di questa genesi è la comunità artistica newyorchese: ballerini, compositori, coreografi, cantanti. Questi si stabiliscono a Broadway, diventato il luogo serbatorio di idee e professionalità per le prime produzioni hollywoodiane e in particolare per i Musical.

A New York, il quartiere di Tin Pan Alley, diviene il centro propulsivo di nuovi talenti e del rinnovamento musicale in atto.

Qui e nei teatri che si formano musicisti, parolieri e librettisti, reclutati poi da Hollywood: da Inving Berlin a Jerom Kern, da George e Ira Gershwin a Cole Porter, e tanti altri.
A loro si devono melodie immortali e testi incentrati su stati d’animo vicino al sentire comune, capaci pertanto di emozionare il pubblico.
Tutto il periodo d’oro del Musical è dominato da questo clima fiducioso, ma dagli anni Sessanta a interpretare le inquietudini della nuova era, tra cinema e teatro, sono le note e le parole di nuovi autori, che provengono da tradizioni musicali differenti, dal rock al pop, dalla disco music al jazz.

Uno dei temi prediletti dal Musical è il mondo dello spettacolo, di cui si descrive l’atmosfera del dietro le quinte: il desiderio di “arrivare” e il duro lavoro per migliorarsi.

Si tratta di tematiche così ricorrenti da permettere di individuare un vero e proprio “sottogenere”, definito “show musical”, che costruisce la sua trama intorno alla creazione di uno spettacolo o di un film.
Una tipologia di “show musical” è il “fairy tale”, incentrato su un racconto di sogno.

Il Mago di Oz, con i suoi protagonisti, fa parte dell’immaginario collettivo di generazioni di spettatori ed è un esempio emblematico della tipologia di Musical definita fairy tale, che comprende film musicali immersi in un ambiente onirico e fiabesco.

Il film, del 1939, è tratto da un racconto di Lyman Frank Baum, il cui titolo è ispirato alle lettere di un suo schedario dalla “O” alla “Z”. La musica originale è di Harold Arlen.
La storia è quella della piccola Dorothy Gale, che dalla fattoria dei suoi zii in Kansas viene catapultata nel fantastico mondo di Oz, popolato da strane creature, streghe e fate.

“Il mondo casalingo di Dorothy è sicuro, semplice, lineare fotografato in bianco e nero virato in seppia, mentre il regno di Oz è l’universo onirico dominato da spirali, curve e spazi deformati, i cui colori vivaci e irreali, grazie anche all’uso del Technicolor, sono espressioni di anarchia e di imprevedibilità.”

Un Musical allo stato puro, con la vivacità e il vigore delle sue coreografie, resta un importante riferimento nell’evoluzione del genere e un successo planetario del cinema di tutti i tempi.
Il Mago di Oz trova la sua formula vincente in una freschissima e giovanissima Judy Garland.
Indimenticabile il pezzo musicale Over the Rainbow, premiato con l’Oscar, che, paradossalmente, aveva rischiato di essere tagliato in fase di montaggio.

Judy Garland in Over the Rainbow

Judy Garland nacque il 10 giugno del 1922 a Grand Rapids, una città del Minnesota, figlia di due attori che le trasmettono la passione per la recitazione.

Sin da bambina, Frances Ethel Gumm, questo il suo vero nome, dimostrò doti interpretative e non solo. La sua voce soave le permise di sfondare anche nel canto, mentre il corpo longilineo ed esile la rese una straordinaria ballerina.
Bambina prodigio, iniziò la sua attività artistica a circa tre anni, accanto alle sorelle nel trio “The Gumm Sisters”. Fu Arthur Freed a scoprirla e ad ingaggiarla per la Metro-Goldwyn-Mayer.

Il film che la fece conoscere è Follie di Broadway (1938) accanto ad un giovanissimo Mickey Rooney, insieme al quale girò ben nove pellicole.
La sua vitalità piaceva al pubblico: era sempre allegra, sincera, affettuosa e generosa e soprattutto amichevole, ma nella sua vita privata c’erano numerose tensioni che sfociarono in un appetito incessante.

La MGM voleva corpi longilinei e forme bellissime, e in particolare, Mayer la sorvegliava e la manteneva a dieta.

All’epoca non c’erano farmaci sicuri e tutto era quasi una forma di sperimentazione, così per alleviare la fame dell’attrice si decise di somministrarle un medicinale al tempo molto in uso, la benzedrina, che doveva essere controbilanciata dai sonniferi.

Questa terapia la portò alla dipendenza dai farmaci, fino a divenire un incubo per tutto il resto della sua vita.

Fu l’inizio di una prestigiosa carriera, che è nello stesso tempo fonte di quel malessere che l’accompagnò fino al suicidio.

Sul set di Meet Me in St. Louis (1944) conobbe Vincente Minnelli, che fu suo marito dal 1945 al 1949; dal loro matrimonio nascerà Liza.

Meet Me In St. Louis (1944) – Judy Garland in Have Yourself A Merry Little Christmas

Il marito la diresse ancora in The Clock (1945), e poi in Il pirata (1947), che fu invece un insuccesso. Sul set di questo film la Garland ebbe un grave esaurimento nervoso e vennericoverata in clinica.

Tornà al successo con Ti amavo senza saperlo (1948) di Charles Walters; ma era ormai cominciata la sua lunga crisi personale, segnata dal consumo di droghe e di alcol, con periodici ricoveri e cure dimagranti, che culminò con due tentativi di suicidio e la rottura del contratto con la MGM.
Negli anni Cinquanta, la sua fama fu mantenuta grazie alle apparizioni televisive e ai tour di concerti. Ma in quel periodo ci fu anche il suo ultimo, grande ruolo da protagonista.

Eccellente, nel 1954, la sua recitazione in È nata una stella di George Cukor, dove tra l’altro, il protagonista maschile viveva nella finzione gli stessi drammi che la Garland affrontava nella vita reale.

Questo film riuscì a darle finalmente quella dignità che le era stata tolta negli ultimi anni, accennando anche a qualche momento biografico dell’attrice.
La nomination all’Oscar ottenuta per tale performance non riuscì a modificare il suo destino.
Continuarono tuttavia i trionfi televisivi e i concerti dal vivo, tra i quali la memorabile esibizione alla Carnegie Hall il 23 aprile 1961. Il doppio album dal vivo Judy at Carnegie Hall, enorme successo di vendite, vinse 4 Grammy.
Dopo una serie di parti a lei poco congeniali, a Londra, il 22 giugno del 1969, il suo ultimo marito, Mickey Deans, trovò la Garland morta nella propria stanza, per overdose accidentale di barbiturici. Aveva 47 anni.

Così finì la sua sofferenza, dopo aver dato tutto al cinema, quel cinema non la ricambiò mai di nulla.
Attrice dal grande temperamento e dalla recitazione intensa, Judy Garland rimane nella memoria dei suoi ammiratori per il ruolo dell’incantevole Dorothy ne Il Mago di Oz, film che la lanciò a soli diciassette anni nel firmamento di Hollywood.

“Judy è stata una donna che ha dato così tanto e generosamente sia al suo pubblico sia agli amici, che non c’era moneta con cui poterla ripagare. E lei aveva tanto bisogno di essere ripagata, aveva bisogno di devozione e di amore in misura tale da superare le risorse di ognuno di noi.” (James Mason, protagonista con la Garland in “È nata una stella”)

La sua vita in una canzone –