Salvare le ossa – di Jesmyn Ward

recensione di Maria Fiorella Suozzo

salvare ossa

 

Salvare le ossa è un romanzo di Jesmyn Ward edito da NN nel 2018.

Estate 2005: è l’anno dell’uragano Katrina, la cui intensità raggiunge il livello 5.

Nella zona paludosa del Mississippi, il bayou, nella località fittizia di Bois Sauvage, la quattordicenne Esch racconta in prima persona i dieci giorni che precedono l’arrivo di Katrina, il cui impatto devastante assurge al ruolo cosmogonico di distruttore del vecchio mondo e creatore di qualcosa di nuovo, di là da venire.

E sembra proprio il momento giusto per leggere Salvare le ossa, non solo perché descrive uno spaccato di vita di una comunità a maggioranza nera (o afroamericana, se preferite) negli Stati Uniti, ma perché NN ha pubblicato pochi giorni fa l’edizione italiana de La linea del sangue, che completa la trilogia di Bois Sauvage di cui Salvare le ossa rappresenta il primo volume.

È al mito classico che Jesmyn Ward guarda nel mettere su carta le vicende di Esch, unica ragazza della famiglia Batiste: primo fra tutti, il mito di Medea.

Esch legge un libro di mitologia che le è stato assegnato per le vacanze, ma Salvare le ossa non costituisce in alcun modo una riscrittura, le allusioni alla vicenda degli Argonauti che costellano il romanzo non influenzano lo svolgersi della narrazione (semmai creano aspettative che volutamente disorientano il lettore).

Il mito è, piuttosto, un paesaggio emotivo violento come l’uragano che si sta preparando.

L’interiorità di Esch inevitabilmente risalta come nota di un colore vivace nell’universo maschile in cui è calata, fatto di vestiti consunti dei fratelli più grandi che lei indossa ogni giorno, delle partite di basket del fratello e dei combattimenti tra cani.

Esch scopre nelle prime pagine di essere incinta di Manny, amico del fratello maggiore, di cui lei è visceralmente innamorata, e la sua condizione trova un correlativo ideale soltanto nella maternità di China, l’amatissimo pitbull da combattimento dell’altro fratello Skeetah.

China partorisce proprio in apertura al romanzo, occasione per raccontare il triste antefatto della morte della mamma, e i cuccioli nascono “sotto una lampadina”.
Lo stile è diametralmente opposto al tanto decantato minimalismo americano, come fa giustamente notare la bravissima traduttrice Monica Pareschi nella nota a conclusione del romanzo: qui tutto è sotto il segno dell’eccesso.

La povertà estrema in cui vivono i personaggi di Salvare le ossa, questo avvallamento nel bayou chiamato “la Fossa” che pullula di rottami, la violenza dell’uragano, i legami di sangue e di fratellanza tra i personaggi, ma anche l’odio che si scatena tra i padroni dei cani alle gare di China: è una vita giocata sulle gradazioni emotive forti, dove la dolcezza giunge soave nei momenti più inattesi.

In questo senso è eloquente la centralità del rapporto tra Skeetah e China, perché la distanza tra umano e animale tende ad azzerarsi: non è il cane a essere umanizzato, è piuttosto l’umanità raccontata da Ward ad attestarsi su un piano animalesco, senza che questo porti con sé alcun tipo di valutazione morale.

È molto significativa la scena in cui China aggredisce uno dei suoi cuccioli: non ci sono spiegazioni, loro possono soltanto assistervi e limitare i danni.

“China scatta in avanti, serra le fauci intorno al collo del piccolo come fa quando lo vuole trasportare da qualche parte, ma non c’è nessuna tenerezza in quel gesto.

Gli occhi sono bianchi, le iridi scomparse. Affonda i denti. Lo sbatte di qua e di là come un copertone che non ha ancora morsicato abbastanza perché Skeetah glielo tolga. […]

China ha la bocca insanguinata e gli occhi sfolgoranti, come Medea. È questo che significa essere madre? le chiederei se potesse parlare.”
(pp. 157-158)

Non c’è giudizio, anche l’elaborazione psicologica è ridotta al minimo: le cose succedono e basta.

La mamma di Esch è morta dando alla luce Junior, i bambini crescono, si azzuffano, imparano a nuotare negli stagni della zona, e quando la protagonista è abbastanza grande da essere considerata donna, gli amici più grandi non si fanno tanti scrupoli nell’avere rapporti sessuali con lei.

Esch accetta senza farsi troppe domande, anche se per chi legge è brutale, è un pugno ben assestato ricevuto all’improvviso:

“…era più facile lasciarlo fare che chiedergli di smetterla, più facile lasciarlo entrare che spingerlo via, più facile che sentirlo chiedere: Perché no?” (p. 34).

Eppure di fronte alla calamità naturale, l’unica cosa che resterà salda sono proprio i legami che gli esseri umani sono in grado di intrecciare.

Le pagine conclusive di Salvare le ossa sono piene di poesia, malinconica e accorata ma leopardiana, piena di desiderio di vivere: stringersi in social catena è l’unica speranza che resta per non essere annientati dallo sterminio del Vesuvio o dall’uragano Katrina.

Ed Esch che accudisce la creatura che le cresce in grembo, così piccola ma tutt’altro che fragile, è come una ginestra sulle sponde del Mississippi.

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Sinossi

Un uragano minaccia di colpire Bois Sauvage, Mississippi.

In un avvallamento chiamato la Fossa, tra rottami, baracche e boschi, vivono Esch, i suoi fratelli e il padre.

La famiglia cerca di prepararsi all’emergenza, ma tutti hanno altri pensieri: Skeetah deve assistere il suo pitbull da combattimento dopo il parto; Randall, quando non gioca a basket, si occupa del piccolo Junior; ed Esch, la protagonista, unica ragazzina in un mondo di uomini, legge la storia degli Argonauti, è innamorata di Manny, e scopre di essere incinta.

Nei dodici giorni che scandiscono l’arrivo della tempesta, il legame tra i fratelli e la fiducia reciproca si rinsaldano, uniche luci nel buio della disgrazia incombente.

Salvare le ossa racconta la vita di ogni giorno con la forza del mito, e celebra la lotta per l’amore a dispetto di qualunque destino, non importa quanto cieco e ostile.

Titolo: Salvare le ossa
Autore: Jesmyn Ward
Edizione: NN, 2018