– Dall’Operetta alla Rivista- Musicalfemminile
a cura di Gianna Ferro
Dall’Operetta alla Rivista, in questo passaggio musicale e culturale, si assiste al trionfo della Femme Fatale.
L’Operetta è quel mondo divertente ed emozionante che trova nella frivola gaiezza, talvolta lasciva, nelle esplosioni di rumorosa buffoneria e nella capricciosa fantasia della sua vicenda scenica, motivo di divertimento per lo spettatore, in cui si affrontano argomenti gravi con leggerezza e leggeri con gravità.
É un genere teatrale comico completo, in cui sono presenti le arti della recitazione, del canto e del ballo. Coefficiente importantissimo ne è lo sfarzo dell’allestimento scenico.
L’operetta ebbe origine in Francia alla metà dell’Ottocento, si diffuse a Vienna e a Londra nell’ultimo quarto del secolo, e conservò inizialmente caratteristiche nazionali; si rifà nella forma a generi già esistenti nel teatro musicale, come: l’opéra-comique francese, il singspiel tedesco e la ballad-opera inglese, le quali nacquero in opposizione al diffondersi, del teatro italiano nell’Europa del ‘700.
L’Operetta, nata in coincidenza dell’affermarsi della borghesia, è stata per lungo tempo considerata uno spettacolo di prosa minore nobilitata dall’apporto musicale, ma sempre relegata ad un pubblico provinciale e in teatri di periferia.
In effetti, l’esordio dell’Operetta riveste un aspetto sociale di rilevante importanza nella vita ottocentesca: il gusto e il piacere borghese.
In Italia sì può affermare che l’Operetta non ebbe terreno fertile.
Nacque dall’importazione francese e viennese ed assunse carattere nazionale, seppur fortemente legata a componenti locali.
I motivi per i quali in Italia l’Operetta non ebbe un significativo rilievo sono molteplici: la mancanza di un teatro di prosa leggero, dal quale attingere trame ed interpreti; la mancanza di un tessuto sociale, politico unitario e moderno come punto di riferimento dello spettacolo, che restava circoscritto ad aree dialettali di difficile esportazione; infine la preponderante tradizione lirica che influì negativamente sullo sviluppo dell’operetta.
Verso la fine degli anni ’30 prende forma un tipico spettacolo nazionale: la Rivista, trasformazione teatrale dell’operetta, che a differenza di questa manca la necessità di attenersi continuamente a una trama, e che fino agli anni ’60 trova terreno fertile e prolifico, annoverando in primis soubrette e femme-fatale.
“Sotto il cielo dell’operetta la voce della Lidelba aveva tutto il sorriso ‘charmant et frais’ che guizzava malizioso nel canto e che doveva stuzzicare e mandare in sollucchero i ‘gentlemen’ dell’Italietta operistica.
A questo si aggiungevano a volte un’ombreggiatura delicata, un tocco insinuante, centellinato con sovrana eleganza, con il solo sortilegio della voce e di una verve scenica che nulla concedeva all’ostentazione o al cattivo gusto. La Lidelba non avrebbe mai cantato ‘con le gambe’. Questione di classe.” dal libro di Roberta Paganelli, Ines Lidelba, la contessa soubrette.

Ines Lidelba
La contessa Ines Fronticelli Baldelli, astro della storia dell’Operetta italiana con il nome di Ines Lidelba nata a Forlì da una famiglia originaria di Meldola, dopo aver studiato al Liceo Musicale di Bologna, debuttò a soli 17 anni per un Circolo Forlinese destando l’interesse e l’ammirazione di un altro grande della musica romagnola, il tenore Angelo Masini.
Ines apprezzata per la sua grazia, la ricercata eleganza, la spigliatezza scenica, la buona comunicativa ed per la sua piacevole voce, inizia così la sua avventura artistica diventando l’affascinante protagonista delle scene musicali italiane degli anni Venti e Trenta.
Lavorò con le più importanti compagnie teatrali dell’epoca, ottenendo successi non solamente in Italia portando la sua arte anche oltre oceano con lunghe presenze in Sud America e in Spagna. Abbandonò precocemente il palcoscenico quando era ancora un personaggio popolare, anche se il teatro per lei rappresentò “tutta la sua vita”.
Dopo il ritiro dalla scene, Ines Lidelba si sposò a Milano con un nobile lombardo e, rimasta vedova, si ritirò a Bologna dove morì a 68 anni nel 1961.
Artista di forte personalità ed estrema eleganza, questa soubrette “mostrò solo le spalle nude, ma le gambe mai”.

Nella Regini
Ines Lidelba fu la grande rivale di Nella Regini, nome d’arte di Tilde Scarneo, altra primadonna da non dimenticare dell’Operetta italiana.
Vocalmente inferiore alla Lidelba, la Nella Regini era però più avvenente ed elegante.
Ascolto – Ines Lidelba – Di maggio quando rifioriscono… –
“Era qualcosa di inspiegabile, di misterioso, che quando arrivava non potevi guardare che lei. Il famoso carisma da palcoscenico. Wanda è diventata da grande fenomeno di illusionismo collettivo a grande soubrette del teatro di rivista.” Maurizio Porro

Wanda Osiris
Wanda Osiris, vero nome Anna Menzio, nata il 3 giugno del 1905 a Roma, è stata un’attrice, cantante e soubrette italiana del teatro di rivista nel periodo anni ’30 e ’50.
Comincia a muovere i primi passi da soubrette a 16 anni, al cinema Eden di Milano.
Il suo aspetto ricorda una dea egizia, l’impresario ne intuisce il talento, o almeno la personalità, e la fa debuttare nella rivista “Il vile pedone” con il nome di Jole Anna Menzio.
Il primo vero trionfo è agli inizi degli anni Trenta, all’Excelsior di Milano, accanto a Totò ne “Il piccolo cafè”.In breve tempo Anna Maria trasforma l’immagine del suo personaggio, i capelli diventano platinati, e il suo nome d’arte diventa Wanda Osiris.
Nel 1937 fu scritturata da Macario per mettere in scena una delle prime commedie musicali italiane, “Piroscafo giallo”. Nel 1938 lo show “Follie d’America” segna la prima storica discesa dalle scale, che con il passare del tempo sarebbero diventati scaloni ispirati prima al Vittoriale poi a Trinità dei Monti.
La sua popolarità non ha confronti in Italia e si misura alla pari di personaggi come Josephine Baker, Marlène Dietrich, Greta Garbo.
Nonostante questa notorietà, voluta e ricercata, Wanda riuscirà a mantenere in una strettissima riservatezza la sua vita privata.
Nel 1942 lascia la compagnia di Macario per formarne una nuova con Carlo Dapporto.
Durante gli anni della guerra la sua popolarità aumenta.Il lusso dei suoi spettacoli può sembrare stridente, ma accende un po’ di luce in un paese ferito dal conflitto.
Nel 1946, per la compagnia teatrale di Garinei e Giovannini appare in “Si stava meglio domani” e soprattutto in “Domani è sempre domenica”: è, questa, la prima rivista italiana, in cui Wanda si mostra uscendo da una conchiglia come una Venere.
Dopo aver conosciuto Gianni Agus, con il quale intraprende una relazione d’amore, diviene la regina assoluta dei salotti.
La Osiris non disdegna apparizioni cinematografiche e lavora, tra l’altro, con Alberto Sordi, Dorian Gray e il Quartetto Cetra in “Gran Baraonda”, prima di ritornare con Macario nel 1954.
È stata la prima Diva della Rivista, dello spettacolo leggero italiano. Quasi non le viene chiesto di recitare, canta con una voce sottile, allunga e allarga le vocali, le braccia accompagnano ogni verso.
È un sogno, una presenza radiosa, sorride, ringrazia, lancia al pubblico le rose Baccaràt, comprate a sue spese e da lei personalmente cosparse con il suo profumo Arpège.
Le venne coniato l’appellativo di Wandissima e di Divina per le apparizioni sempre più sorprendenti: il trucco, il capello ossigenato, le piume, i tacchi, le pailette, il profumo intenso e le rose ne fecero un’attrice leggendaria. Involontariamente è divenuta la prima icona gay per un mondo che non poteva rappresentarsi socialmente se non tramite queste manifestazioni composte da un pubblico molto eterogeneo.
Era un pubblico genuino e attivo che partecipava dalla platea con battute e considerazioni immediate su quanto avveniva sul palcoscenico.
Le sue “prime” gareggiavano con quelle della Scala ma con l’avvento della televisione i costi della Rivista sono ormai insostenibili e i teatri si svuotano.
Molto religiosa, ma anche superstiziosa, Wanda non sopporta il colore viola e gli uccelli, neppure di stoffa.
Una certa incredibile consapevolezza della sua arte così effimera le consente di apparire sorridente e ironica in alcune trasmissioni televisive: è “la Wandissima” anche mentre canta la sua Sentimental, su una scala da imbianchino, accompagnata solo da un pianoforte.
Ha la capacità di uscire di scena all’apice del successo quasi indicando che uno spazio vuoto, fatto di nulla o di illusione deve restare tale.
Muore nella sua casa di Milano l’11 novembre del 1994.
Quando le chiedevano che cosa nascondesse dietro al suo sorriso, lei rispondeva:
“Un po’ tutto. Gioie, dolori, illusioni, delusioni… un pochino tutto e continuo a sorridere. Forse credo che sia la cosa migliore”.
Ascolto – Wanda Osiris – Ti parlerò d’amor
https://www.youtube.com/watch v=n2WQDgWTHvs
Sentimental
“Andavo avanti e indietro per il palcoscenico, facevo la passerella, prendevo questi popò
di applausi e credevo di aver ragione io” Wanda Osiris