“Ernest Hemingway, un mito intramontabile” di Carolina Colombi

Ernest Hemingway wikipedia
“Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è di dargli fiducia.”
Molto si è detto di Ernest Hemingway, ma non è facile raccontare di quest’autore, simbolo del XX secolo.
E neppure è possibile classificarlo entro canoni espressivi già conosciuti.
Intellettuale di grande portata, rompe con la tradizione stilistica che l’ha preceduto, ispirando sia gli autori a lui contemporanei che le generazioni successive.
Importante riferimento nel panorama culturale del Novecento, è scrittore di indiscutibile valenza.
Alieno all’ambiente bigotto e borghese in cui nasce nel 1899, terminata la High School, all’università preferisce la scuola di giornalismo.
D’altra parte, la sua predisposizione alla scrittura è evidente fin da ragazzino, tanto che gli insegnanti lo incoraggiano affinchè intraprenda la carriera letteraria.
Anche se tale scelta è in contrapposizione ai desideri dei suoi genitori, che vedono naufragare le aspettative riposte nel loro figliolo.
La madre ne avrebbe voluto fare un violoncellista, mentre il padre ambiva per lui alla carriera universitaria.
Ma, denotando un temperamento forte e volitivo, Hemingway compie scelte che gli sono più congeniali.
Giovanissimo, si allontana dal proprio contesto familiare. E in qualità di cronista del Kansas City Star, nel 1917, abbandona gli Stati Uniti per raggiungere l’Europa.
Attratto da passioni forti, quali l’amore per la caccia, la pesca e la vita all’aria aperta, per certi aspetti la sua indole è simile a quella latina.
Ed è forse in virtù di tale peculiarità che raggiunge l’Italia, la Francia e la Spagna, dove, a periodi alterni, soggiorna a lungo.
Viaggiatore instancabile, oltre all’Europa, visita l’Africa, paese in cui si dedica alla caccia grossa. A Cuba invece, metterà in pratica la passione per la pesca.
Considerato un reporter d’eccezione, incompatibile con un comportamento borghese, conduce una vita intensa e sopra le righe, diventando emblema di trasgressione.
E ciò, a causa anche della sua vita sentimentale disordinata e non proprio edificante: si sposa infatti per ben quattro volte.
È il 1918 quando, spinto da un acceso spirito antimilitarista, in seguito all’intervento degli Stati Uniti nella prima guerra mondiale, si arruola volontario e raggiunge l’Italia.
Qui, destinato alla guida delle ambulanze della Croce Rossa, si trova sul fronte di guerra italiano.
Rimanendo anche ferito dalle schegge di un proiettile.
“Non esistono i buoni e i cattivi, esiste la guerra, che porta un bagaglio di ingiustizia e atrocità.”
Avrà modo di dire a proposito del conflitto cui ha partecipato in prima persona.
Terminata la guerra fa ritorno in America, dove viene accolto da eroe.

Hemingway in uniforme wikipedia
Nonostante l’entusiasmo manifestato dai suoi conterranei lo gratifichi, i postumi della sua permanenza in trincea lasciano conseguenze irreversibili nel suo animo.
Tali da indurlo a bere in maniera sfrenata.
E mentre la sua attività giornalistica prosegue con successo, simultaneamente si dedica alla stesura di racconti, accolti con favore sia dal pubblico che dal Toronto Star, giornale con cui inizia una collaborazione.
Incapace di condurre una vita stabile, in compagnia della prima moglie, torna nuovamente in Europa per seguire gli avvenimenti internazionali di quegli anni.
Nel ruolo di corrispondente del Toronto Star, intorno agli anni ’20, si stabilisce a Parigi.
E, incalzato da Gertrude Stein, con cui stabilisce un rapporto d’amicizia, continua a coltivare l’amore per la scrittura, dando alle stampe la sua prima fatica letteraria.
Nello stesso anno, il 1923, diventa padre per la prima volta.
Inserito nel contesto storico della prima metà del Novecento, Hemingway è anche figura politica.
E le sue considerazioni, sociali e di ordine politico, le esprime senza alcun timore.
Manifestando il suo pensiero anche per mezzo dell’ironia, lo scrittore è motivo di disturbo per i potenti dell’epoca.
È il 1922 quando incontra Benito Mussolini, che si concede al giornalista in un’intervista.
Si racconta, che prima di una conferenza stampa, in attesa dei giornalisti, Mussolini fosse concentrato nella lettura di un libro.
Avvicinatosi al duce, Hemingway scoprì che leggeva un dizionario, e fatto curioso, lo leggeva capovolto.
Episodio questo che conferma nello scrittore l’idea che si è fatta del dittatore: è soltanto un bluff.
Un bluff deleterio per l’Italia, purtroppo, come ribadisce lo stesso Hemingway con parole molto esplicite.
“Il fascismo è una menzogna detta dai prepotenti.”
Durante il suo soggiorno parigino stringe amicizia con James Joyce, oltre che con Ezra Pound, il quale, dimostrandogli tutto il suo apprezzamento, lo incita a proseguire nel percorso intrapreso.
Da quel momento in poi il suo cammino è in continua ascesa.
Ma, per vedere consolidato il suo successo occorre aspettare il 1926 con il romanzo Fiesta, che va a rafforzare la sua già notevole fama.
In Fiesta, Hemingway si dichiara innamorato dell’ancestrale rito della corrida, amore che lo accompagnerà per tutta la vita.
“L’uomo non è fatto per la sconfitta. Un uomo può essere distrutto ma non sconfitto.”
Purtroppo, la sua vita sentimentale non segue le stesse orme del suo successo letterario.
La sua instabilità emotiva si fa sempre più evidente, tanto da portarlo a divorziare e a sposare un’amica della sua prima moglie.
L’anno successivo, il 1928, sarà per lui ancora portatore di eventi nefasti: in seguito a un dissesto finanziario suo padre si toglie la vita.
Lasciando al figlio una pesante eredità, quella determinata dalla morte di un padre suicida.
Tornato in America si stabilisce a Key West, in Florida, dove dà inizio a uno dei suoi romanzi più intensi e famosi: Addio alle armi.
Dando prova di quanto la sua attività letteraria sia un punto fermo, di fondamentale importanza, nel caos della sua vita emotiva.
Insofferente di una vita coniugale scandita dai ritmi della normalità, sempre in cerca di nuovi stimoli, lo scrittore si stabilisce a Cuba, paese percepito come il luogo dove dare pace alla propria anima.
Anche qui, attingendo al suo inesauribile bagaglio umano e letterario, continua a dedicarsi alla scrittura.
Ma non solo alla scrittura nell’isola caraibica.
Anche alla pesca dei marlin, di cui avrà modo di raccontare in uno dei suoi celebri romanzi: Il vecchio e il mare.
Inadeguato a essere famiglia, nonostante sia padre di tre figli, Ernest Hemingway abbandona Cuba e raggiunge nuovamente l’Europa.
È un periodo difficile per il vecchio continente, nel quale, insistenti, spirano venti di guerra.
Protagonista assoluto, forse anche narcisista, come più tardi si dirà di lui, alla ricerca di una propria dimensione, lo scrittore si reca in Spagna durante la Guerra civile.
Il suo scopo è dare risonanza alla causa comunista. Da cui però rimane deluso.
Denuncia infatti le contraddizioni all’interno del movimento, attirandosi anche il malumore dei comunisti.
Dall’esperienza spagnola trae lo stimolo per la stesura di un nuovo libro: Per chi suona la campana.
Che inizia ritornato a Cuba.
Nel 1943, del romanzo viene realizzato un adattamento cinematografico, intenso e aderente alla realtà dei fatti raccontati nel contesto narrativo.
A Cuba resteranno memorabili le sue bevute a base di rum, drink, i cui nomi, attribuiti in onore di Hemingway, rimangono intatti nel tempo.
È il 1953 quando per il giornalista e scrittore arriva un riconoscimento importante: il Pulitzer, premio ambito da ogni giornalista. Cui seguirà nel 1954 il Nobel per la letteratura. Altra testimonianza riservata a scrittori eccelsi.
Tuttavia, tali attestati non riusciranno a distoglierlo dalla crisi esistenziale che, subdola, si infila tra le pieghe della sua vita.
Per superare la sua fragile condizione fisica ed emotiva compie un nuovo viaggio in Europa, da cui scaturisce l’idea per un nuovo lavoro: Un’estate pericolosa.
“Ora non è più tempo per pensare a ciò che non hai. Pensa a quello che puoi fare con quello che ’è.”
Ma il suo smarrimento esistenziale pare aver intrapreso un declino inarrestabile.
Preda di disturbi nervosi sempre più gravi, Hemingway è ricoverato in clinica.
Periodo durante il quale gli viene praticato l’elettroschock, che in parte gli causa la perdita della memoria.
Consapevole di non poter far nulla per frenare la sua deriva mentale, chiude il suo capitolo con la vita nel 1961, sparandosi con uno dei suoi affezionati fucili.
Emulando forse l’azione sconsiderata, messa in atto, anni prima, dalla figura paterna.
Hemingway lascia ai posteri la figura di un uomo affatto convenzionale, che partecipa agli eventi del XX secolo vivendo la sua epoca in maniera totalizzante.
È stato scrittore che, comunque, ha saputo ben coniugare la letteratura con le proprie scelte di vita. Scelte anche discutibili, probabilmente, ma sempre coerenti con la propria caratterialità.
Sebbene nella trama dei suoi romanzi gli sia venuta in soccorso la fantasia, le idee di fondo dei suoi libri contengono riferimenti ben precisi alla realtà da lui vissuta e plasmata dal tempo.
Di lui si è detto che era un autore schietto. Nei suoi romanzi infatti, evince la sua concezione di vita.
Ma anche una grande interiorità, ben esplicitata dai personaggi che animano tutta la sua narrazione.
“Scrivere in maniera semplice e chiara soltanto le cose che si conoscono.”
È questo un motto di Hemingway, preso a prestito da molti scrittori dopo di lui.
La sua scrittura è asciutta, essenziale, di formazione giornalistica.
Il cui segno distintivo è la frase, al cui interno le parole sono legate da congiunzioni, e povere dei più comuni segni di interpunzione. Caratterizzata dai dialoghi secchi e scarni, oltre che della quasi totale assenza di subordinate.
Il suo stile, formato da un’abitudine linguistica non ridondante e mai eccessiva, ha avuto una significativa influenza sullo sviluppo del romanzo del secolo scorso.
Molte sue opere infatti, sono considerate pietre miliari della letteratura americana.
Ma non solo di quella americana, perché Hemingway è stato simbolo della cornice letteraria di tutto il Novecento.

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