Il tè del venerdì con Fabio Carta

Oggi il nostro salotto diviene una piccola astronave – o una macchina del tempo – e ci porta lontanissimo, seguendo la scia delle opere di Fabio Carta, autore di fantascienza italiano le cui opere scavano un solco profondo nell’animo del lettore.

Mai semplici, mai scontate, le realtà raccontate da Fabio Carta sono nate non tanto per alzare gli occhi a un cielo pieno di stelle, quanto insegnano ad abbassarli nello specchio terrificante della nostra realtà, delle sue paure e dei suoi incubi.

fabio carta arma infero ambrose fantascienza italiana

Ciao Fabio e benvenuto al tè del venerdì!

La prima domanda è sempre personale: chi è Fabio Carta, come è arrivato alla scrittura? Quali autori ti hanno ispirato maggiormente come lettore e come autore?

Ciao e grazie per il gentile invito. Chi sono? Una personale normale, ostinatamente normale, anche quando avrei magari a ben diritto la facoltà di esprimere qualche mia velleità artistica. Sto scherzando, ovviamente. Ho una vita ordinaria e un alter ego creativo, come molte persone. Ho sogni, progetti e, lo spero, quel minimo di talento per sperare di poterli realizzare. Tuttavia non mi considero un conformista represso come non gradisco incensarmi con meriti inesistenti. Ci provo, tutto qui. Alla scrittura sono arrivato per spirito di emulazione o anche, per così dire, per orgoglio, per sfida e… invidia. Per vedere se riuscivo a scrivere anch’io una di quelle belle storie che tanto mi piacevano e mi piacciono leggere, come a tutti. Penso a romanzi immensi come Dune o Hyperion. E proprio sull’esempio di queste grandiose epiche moderne ho cominciato a scrivere Arma Infero, il mio primo, “ciclopico” romanzo.

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Scrivere fantascienza oggi: questo genere si è evoluto molto dalla sua nascita, raccontando non solo i sogni, le inquietudini, le attese, ma anche adattandosi al progresso tecnologico. Secondo te che cosa può e deve raccontare ancora la fantascienza? E nella tua in particolare, quali aspetti ritieni fondamentali presentare?

Di recente ho letto una specie di definizione storica e funzionale della fantascienza, nata, per pura coincidenza o meno, quando l’enorme sviluppo della scienza cominciava a provocare un diffuso spettro di emozioni, dall’esaltazione all’ansia. Da un lato, quindi, andava sviluppandosi il fronte della scienza e dall’altro quello dell’antiscienza, che rifiutava (e rifiuta) sia il metodo che i risultati obiettivi dello “scientismo”, come veniva indicato con disprezzo l’altro fronte. In mezzo, la fantascienza: il contenitore intellettuale di una nascente cultura di massa “pseudo-meta-scientifica” dove far convergere, come intrattenimento ma anche come spunto per riflessioni serie, sia le speranze e le visioni ottimiste che le paure per ogni genere di previsione catastrofista. Personalmente ritengo che l’insegnamento principale della Sci-Fi sia quello al “cambiamento” inteso come evento inevitabile e irrinunciabile; un allenamento, quindi, a sviluppare in ognuno di noi una forma mentale forte, assertiva e preparata contro qualsiasi novità e immotivata paura; questa è per me l’anima della fantascienza, al di là della sua estemporanea appetibilità immaginifica, avventurosa e/o commerciale (de gustibus) o l’adesione sottintesa o meno a questa o quella filosofia “epistemologica”.

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C’è uno dei tuoi romanzi che ami particolarmente? Perché?

Arma Infero. La summa di ogni mio sconclusionato pensiero, forse anche un po’ penosamente autobiografico, per quanto al di là di una lagnosa, diaristica opera prima da esordiente. O almeno lo spero.

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Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Ci sono altri generi che vorresti esplorare?

Non credo potrei mai nemmeno pensare di scrivere qualcosa di diverso dalla fantascienza. Si dovrebbe scrivere (e parlare) perché si ha qualcosa da dire, non per dire qualcosa. Quel mio qualcosa da dire è sempre un’invenzione, una scoperta, un’idea strampalata. Riconosco di non avere competenze per raccontare altro, chissà, forse nemmeno per quello che faccio. Su queste mie invenzioni, poi, magari inserisco elementi personali di riflessioni generali sulla condizione umana. Ma nulla di serio, per carità.

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Cultura al femminile: che significato ha per te personalmente questa definizione?

Oggigiorno credo sia insensato fare una distinzione di cultura tra generi, insensato e ingiusto, soprattutto se pensiamo come la quasi totalità del mercato editoriale si regga ormai in gran parte sulla predilezione del gentil sesso per la lettura. Personalmente, poi, non saprei cosa fare se non potessi di tanto in tanto scambiare due chiacchiere di letteratura con mia moglie e qualche amica, magari anche solo su internet. La “scienza umanista” è divenuta una merce così rara tra maschietti, così poco “virile”. Desolante, vero?

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Credi che nella fantascienza – o nella letteratura fantastica in genere – ci sia una linea di demarcazione fra autori e autrici? In che cosa consiste?

La fantascienza si basa per la maggior parte su delle conoscenze che, a compensazione di quanto ho detto prima sulla cultura umanista, solitamente attrae maggiormente le “aride” menti degli uomini più di quelle delle donne. Quindi la fantascienza, come e più di altre nicchie letterarie, ha una sovrabbondanza maschile tra i suoi fruitori. Date queste condizioni una donna, per poter scrivere sci-fi con un occhio alle vendite, deve tenere conto dei suoi potenziali lettori e adattarsi. Per un uomo questo “sforzo” può essere più facile, o può non presentarsi proprio come un ostacolo. Tuttavia queste sono precauzioni necessarie quando si vuole confezionare un prodotto decente e vendibile. Quando si scrive Letteratura (con la maiuscola) questi trucchetti commerciali non hanno alcun valore. Leggere la Atwood per credere. Nuovamente, quindi, il “problema donna”, almeno in linea di principio, non esiste. Se poi vogliamo parlare dello striscinate maschilismo, tra il polveroso collezionismo bibliomaniaco senile e la pura misoginia adolescenziale di certi ambienti nerd, in cui evidentemente predomina la frustrazione sessuale, beh di sicuro finiamo fuori tema. Quella è una questione di civiltà e la fantascienza c’entra ben poco.

http://teaismyname.com

Nessuno lascia questa pagina senza aver risposto all’ultima domanda. Come prendi il tè? ☺

Vale il tè freddo in bottiglia? Ah ah… Sono un ex-fumatore tuttora caffeiomane impenitente. Ma quando capita di sorbire un tè caldo mi coccolo con qualsiasi miscela che contiene la cannella. Vaniglia e cannella esiste, vero? Se non c’è divrebbero inventarlo. Deve essere delizioso.

Ciao Fabio e grazie per averci fatto compagnia!

Ciao e grazie a voi.

Fabio Carta

fabio carta fantascienza autoreFabio Carta, nato a Roma nel 1975, appassionato di fantascienza ma anche dei classici della letteratura, come i romanzi del ciclo bretone e cavallereschi in generale, ha iniziato a pubblicare nel 2015, ma ha cominciato a scrivere storie fantasiose praticamente da sempre; dipendente pubblico, è sposato con due figli, laureato in Scienze Politiche con indirizzo storico, ha sviluppato uno spiccato interesse per le convulse vicende che dall’evo moderno alla contemporaneità hanno visto le evoluzioni, gli incontri e gli scontri tra i popoli e le culture.

Ha esordito con la Inspired Digital Publishing, pubblicando la saga fantascientifica “Arma Infero”, una serie che a oggi conta due romanzi (Arma Infero – Il mastro di forgia e Arma Infero – I cieli di Muareb), ma di cui è imminente l’uscita del terzo volume. Per la Delos Digital ha scritto poi un racconto lungo unitamente alla finalista del premio Urania 2016, Emanuela Valentini, intitolato “Megalomachia”, della cui amicizia si fregia come una medaglia. Ha avuto inoltre l’onore di partecipare con diverse, importanti firme della fantascienza italiana – tra cui Dario Tonani, il pluripremiato autore di Cronache di Mondo9 – all’iniziativa “Penny Steampunk” del 2016 da cui è nato un volume di racconti fantastico-weird a tema steampunk a cura di Roberto Cera (ed. Vaporosamente).

Infine ha pubblicato nel 2017 il romanzo cyberpunk “Ambrose” per Scatole Parlanti.



https://www.missdarcy.it/arma-infero-i-cieli-di-muareb/