Liberati della brava bambina. Otto storie per fiorire
recensione di Fiore Suozzo
A volte non si può parlare di un libro senza parlare dei suoi ideatori.
È il caso di Liberati della brava bambina. Otto storie per fiorire, edito da Harper Collins, che nasce dall’analisi filosofica di Maura Gancitano e Andrea Colamedici, fondatori di Tlon.
Il loro progetto si presenta come una realtà variegata e in espansione: “agezia di eventi, scuola di filosofia, aggregatore di comunità, casa editrice, libreria teatro” recita il loro sito web.
Allo stesso modo, il loro lavoro su otto protagoniste di storie antiche e moderne e sul “problema senza nome” che ancora oggi affligge il genere femminile va inteso come un grande incrocio tra filosofia (a volte pop-filosofia, a volte grande riflessione esistenziale e antropologica), sociologia e studi letterari.
Negli studi di letterature comparate c’è un concetto, che non viene citato espressamente nel libro, ma che sembra molto adatto a presentarne l’impianto e il senso: si tratta del “meme” culturale e dell’adattamento come forma di sopravvivenza delle storie.
Nel 1976 il biologo Richard Dawkins ha introdotto, con il suo libro “Il gene egoista”, il concetto di “meme”, ossia l’equivalente culturale del gene in biologia.
Anche le immagini infinitamente riproducibili e modificabili che oggi spopolano sui social devono il loro nome alla sua definizione: il meme è un elemento della cultura replicabile e trasmissibile per imitazione da un individuo a un altro o tramite uno strumento di comunicazione.
Anche una storia, qualsiasi storia (sia essa narrazione popolare, alta letteratura, serie tv, narrativa di consumo) segue lo stesso principio: la possibilità di sopravvivere attraverso un adattamento (che non sarà ovviamente casuale come quello biologico, ma fortemente influenzato da un duplice contesto culturale, quello in cui è nata e quello in cui si trasforma per sopravvivere).
Liberati della brava bambina è, tra le varie cose, una rilettura di storie antiche e moderne sotto una nuova luce, quella del “problema senza nome” e delle sue possibili risoluzioni.
Il problema senza nome è “una tessera che non s’incastra bene dov’è collocata, un tassello mancante”: è il senso d’insoddisfazione, d’inquietudine che una donna prova ripetutamente nel corso della sua vita in molteplici situazioni e non riesce mai a sopire del tutto, né a motivarlo riconducendolo a un fatto individuale.
Il problema senza nome non è il retaggio di una brutta storia passata né il frutto di una scelta di vita sbagliata e non è nemmeno il senso di colpa dovuto a un’azione sgradevole che si è compiuta e poi è stata dimenticata.
È l’effetto, nient’affatto naturale o biologico, ma costruito culturalmente, delle sottomissioni, degli abusi, delle violenze e dei silenzi subiti dalle donne nei secoli, che ancora si ripercuotono sulle vite individuali anche in società apparentemente progressiste ed egualitarie come quelle del mondo occidentale.
Raccontare queste otto storie, alle quali si aggiunge alla fine il bellissimo spiraglio di positività offerto da una controparte maschile, “il complesso di Filippo” (con riferimento al principe Filippo nella storia raccontata dal film Maleficent), significa quindi offrire un’analisi precisa, profonda e significativa degli aspetti di questo problema, senza banalizzarlo e lasciando intravedere, nel cono di luce interpretativa gettato sulle figure femminili protagoniste, anche gli effetti nefasti che il patriarcato ha sempre prodotto sugli uomini e sull’immagine che la società cuce loro addosso.
Si è fatto riferimento al concetto di adattamento per spiegare uno specifico meccanismo: in questo libro s’interpretano le storie non solo in maniera strumentale, come se fossero soltanto specchi in cui intravedere il nostro stato, ma come entità dotate di vita propria, inestricabilmente intrecciate alla storia dell’umanità.
Così la storia di Era, che rappresenta il primo aspetto del problema senza nome, la rinuncia alla realizzazione, è la storia dell’adattamento di una grande dea madre a una società patriarcale che, a partire dai miti omerici, l’ha ridotta a moglie repressa e petulante.
Un altro esempio di questo adattamento è Medea, la cui figura ha avuto grande fortuna negli ultimi secoli, da Pasolini a Christa Wolf.
In Liberati della brava bambina ne viene data ancora un’altra interpretazione: se i suoi figli rappresentassero, in senso metaforico, il peso del passato di cui liberarsi? L’aspetto del problema senza nome presentato attraverso Medea è il tradimento di sé per amore dell’altro: il finale della tragedia di Euripide offre, secondo questa chiave di lettura, un momento liberatorio e salvifico per Medea, che sacrifica con grande dolore il suo passato angoscioso per elevarsi sul carro alato del Sole, ossia per tornare in armonia con se stessa, per ritrovarsi.
Adattamenti di segno contrario sono, invece, le storie di Maleficent, Morgana, Dina: personaggi femminili negativi o messi in disparte che ricevono, nel mondo contemporaneo, l’opportunità non di una rivalsa vendicativa, ma di instaurare, o almeno di lasciar intravedere, una società più giusta e più equa.
Liberati della brava bambina è un viaggio attraverso le storie di queste e altre figure femminili e imodi in cui si sono adattate a diversi contesti storici, ma è anche un potente mezzo di riflessione per riportare tali storie alla nostra vita e alle nostre battaglie quotidiane, piccole e grandi.
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Sinossi
Cosa significa essere donna?
Non alzare la voce, non ribellarsi.
Obbedire al padre, al marito, alla società. Significa calma e sottomissione.
Dover essere una brava bambina, poi una brava moglie e una brava madre.
Eppure per qualcuna tutto questo non basta.
Attraverso otto storie che spaziano dal mito alla contemporaneità, gli autori raccontano l’altra faccia della luna: e cioè come fin dagli albori dell’umanità, in saghe, leggende ed epopee letterarie, i modelli di donne forti sono sempre stati ridotti al silenzio.
Ma dal nuovo racconto delle storie di Era, Medea, Daenerys, Morgana e le altre, se ci si pongono le domande giuste, possono risultare modi diversi di vivere se stesse e la propria femminilità, di leggere i meccanismi che circondano e intrappolano.
Con la guida della filosofia, che ci aiuta a domandarci il significato delle cose e ci indica un comportamento nel mondo, questi ritratti femminili insegnano come trasformare le gabbie in chiavi e volgere le difficoltà in opportunità.
Solo così ci si potrà finalmente permettere di esistere, e non aver paura di fiorire. Fare filosofia aiuta a piazzare punti interrogativi alla fine delle parole, come fossero esplosivi.
Non più “donna”, ma “donna?”, non più “si fa così”, ma “si fa così?”.
Non più “è sempre stato così”, ma “è sempre stato così?”. In questo modo ogni preconcetto esplode, e si aprono passaggi segreti impensabili e altrimenti invisibili.
Titolo: Liberati della brava bambina. Otto storie per fiorire
Autori: Maura Gancitano; Andrea Palamedici
Edizione: Harper Collins, 2019