“I miei nemici amatissimi” di Annalisa Allegri

Candy e Iriza, Jeeg e Himica, Goldrake e Vega. Cresciuta in un’epoca di cartoni animati che vedevano sempre e comunque un protagonista e un acerrimo nemico fronteggiarsi, ho fatto della contrapposizione uno stile che caratterizza alcuni frangenti della mia vita.

Vi sono mai capitati quei momenti in cui sentite un gran bisogno di prendervela con qualcuno o qualcosa?

Avete presente quel tremolio che parte dalla bocca dello stomaco e avanza, lento ed inesorabile, arrivando dritto dritto al cervello, dove
scoppia in un sonoro e roboante boom?

Ecco, quello è l’istante preciso nel quale il bisogno di trovare un capro espiatorio per tutte le mie disgrazie e disavventure prende il sopravvento.

In molte circostanze questa necessità si risolve in un animato, infinito ed estenuante esercizio dialettico con il malcapitato di turno, durante il quale gli vomito addosso tutta la mia frustrazione.

Il poverino viene accusato di nefandezze inenarrabili. Poco importa se si tratti di mio marito, mia madre o mio padre. La sola cosa certa è che si trovava lì al momento giusto … almeno per me.

Questo rigurgito di emozioni mi lascia sfinita, sì,  ma incredibilmente leggera e pronta ad andare avanti fino alla prossima deflagrazione.
Alcune volte, i possibili capri espiatori, intuendo il malumore crescente, si tengono alla larga e a me cosa resta? Beh, il modo di sfogarmi lo trovo ugualmente.

Uno dei nemici più gettonati è lo specchio.

La padrona di casa deve averne montati di deformanti e ingrandenti. Un bozzo sulle cosce, il seno troppo gonfio e vogliamo
parlare del sedere? No, meglio di no! Dobbiamo cambiare gli specchi, sono veramente di pessima qualità.

A questo punto, di solito, vado a cercare conforto in bagno dove troneggia una precisa e altrettanto impietosa bilancia verde (come la speranza di perdere peso).

Mi spoglio e con cuore colmo di fiducia appoggio il piede destro. I numeri iniziano ad oscillare incerti; mi faccio coraggio e metto anche il sinistro. Finalmente appare la cifra netta e ben ferma.

“Ma allora è una congiura! Ditelo che ce l’avete con me.
Vi siete messi d’accordo. Basta, domani rottamo specchi e bilancia”.

Ma questi sono solo degli avversari occasionali, delle semplici meteore nel panorama degli oppositori.

Poi, esistono i nemici veri, quelli con la N maiuscola.
Sono quei personaggi che mi hanno accompagnata per dei lunghi periodi. Cattivi, persecutori, invadenti e onnipresenti. Così odiosi da sembrare la mia nemesi: “Cosa mai avrò fatto per meritare questa punizione?”.

Escludendo i genitori, che hanno un posto d’onore in questa lista, sul podio c’è la professoressa di italiano del biennio del liceo.

Francesca Trigilio, appena ventottenne, piccolina, mora, con uno spiccato accento siciliano quando pronunciava la lettera “e”. Di una preparazione incredibile, forse l’insegnante più competente abbia incontrato sul mio cammino, ma incredibilmente odiosa.

Si era convinta che, per ottenere il massimo da me, dovesse mettermi voti più bassi di quanto meritassi.

Su una persona che trasuda insicurezza, quale io sono, questa strategia si dimostrò distruttiva.
Provavo un vero e proprio malessere fisico tutte le volte che entrava in aula.

Avrei voluto cambiare scuola, ma il mio era il solo liceo scientifico della zona; ho pensato di cambiare classe; ma in un istituto con sole 5 sezioni avrei corso il rischio di attizzare un focolaio di chiacchere e di inimicarmi gli insegnanti.

Rabbia, nervosismo e indignazione, amalgamati nelle giuste proporzioni, diedero vita ad un cocktail esplosivo che mi portò a prendere 8 al compito di latino (in quell’occasione il più bravo della classe, il secchione per antonomasia, prese 8-).
Certo, con il senno del poi una domanda sorge spontanea: “Non è che la Trigilio avesse ragione?”.

Se i rapporti con i propri genitori sono problematici, quelli con i suoceri possono essere disastrosi ed io non sono sfuggita a questa regola.

Chiudetemi in una stanza con mio suocero e udirete altro che deflagrazioni. Ma grazie a circostanze connesse a lui ho scoperto una forza e una determinazione che non sapevo di avere, almeno non a questi livelli.
L’ultima arrivata è restata nella lista poco più di un’ora. È la mamma di un amichetto di mio figlio che si è permessa di cambiare programmi senza avvertirmi.
I ragazzi dovevano giocare da me. Avevo preparato la merenda, spostato gli impegni di lavoro e sistemato tutto perché potessero passare il pomeriggio insieme.
Un’ora prima dell’appuntamento arriva un messaggio “Passo a prendere Valerio alle 14”. Arbitrariamente senza chiedermi se fossi d’accordo o meno ha deciso lei per tutti.
Certo, in sé per sé non è una cosa grave, ma mi ha irritata in un modo indescrivibile fino a quando ho capito una cosa: mi feriva il suo atteggiamento perché rimandava un’immagine di me che non mi piace.

Nathalie mi ha vista come una donna remissiva che dice sempre sì, priva di volontà e succube dei bambini. Questo ha portato ad una profonda riflessione su me stessa e sul modo di pormi nei confronti degli altri e di mio figlio.

Qual è la morale di tutto ciò? I nemici sono fondamentali. Un antico detto popolare recita: “Tieni stretti gli amici, ma ancor di più i nemici”.

Si tende ad interpretare queste parole con la necessità di controllare da vicino le azioni di chi non ci ama per evitare che ci feriscano.

Il significato, in realtà, è molto più sottile.

Gli amici ci vogliono bene, ci sostengono, ma i nemici sono lo specchio del nostro io più profondo. In loro vediamo le cose di noi stessi che nascondiamo negli anfratti più reconditi della nostra anima e che loro, con semplicità disarmante, hanno scovato.
I nemici sono la nostra cartina di tornasole, nella tensione emotiva che si instaura tra noi e loro ci definiamo e ci strutturiamo. Diveniamo combattivi, competitivi e consapevoli trasformandoci, così, nelle versioni migliori di noi stessi.

A ben pensare, i miei rivali mi hanno aiutata a combattere la mia sola e vera Nemica, l’unica degna di questo nome: me stessa.