Funny in Farsi di Firoozeh Dumas
Voce al vento
Recensione di Elisabetta Corti
Funny in Farsi è un romanzo di Firoozeh Dumas, pubblicato da Random House nel 2004
Di cosa tratta Funny in Farsi?
Nel 1971, all’età di 7 anni, la famiglia di Firoozeh si trasferisce dall’Iran alla California.
Firoozeh conosce gli Stati Uniti solo dai racconti del padre, che ha vissuto lì nel periodo universitario, e tramite i regali che i suoi due fratelli maggiori le inviano ogni tanto.
Inoltre c’è un particolare non da poco: non conosce l’inglese.
Nonostante il padre vanti che alla scuola materna già si studi l’inglese, Firoozeh può al massimo recitare ad alta voce i nomi dei colori.
The following Monday, my father drove my mother and me to school. He had decided that it would be a good idea for my mother to attend school with me for a few weeks. I could not understand why two people not speaking English would be better than one, but I was seven, and my opinion didn’t matter much.
Firozeeh racconta della sua nuova vita e delle peculiarità della sua famiglia nell’approcciarsi alla cultura Americana, così diversa da quella Iraniana. Sia i suoi genitori che gli altri parenti (alcuni degli zii si erano trasferiti negli Stati Uniti in precedenza) vengono raccontati in maniera ironica, con le loro manie e passioni.
In my large, extended family, each member has a reputation. This reputation, carved in stone, is usually the result of a somewhat random act that for some unknown reason takes on a far greater meaning, and becomes the defining moment in a life.
E contemporaneamente ci racconta quella della sua vita di bambina Iraniana in un contesto a lei completamente sconosciuto e proveniente da un paese totalmente sconosciuto agli americani.
On the topic of Iran, American minds were tabulae rasae. Judging from the questions asked, it was clear that most Americans in 1972 had never heard of Iran.
I racconti si mescolano tra I primi due anni – in cui la famiglia di Firoozeh si trasferisce negli Stati Uniti ma poi torna in Iran – e il ritorno, qualche anno dopo, in seguito allo scoppio della rivoluzione Khomeinista.
Vendors started selling T-Shirts and bumper stickers that said “Iranians go home” and “Wanted: Iranians for target Practice”.
Perché leggere Funny in Farsi
Funny in Farsi è una storia vera che, nonostante le difficoltà di un trasferimento così importante, viene raccontata con umorismo e ironia.
L’autrice non si perde in paragoni per fare una gara tra paesi, ma riesce a raccontare le contraddizioni e le bellezze di entrambe le culture.
Riesce a mettere leggerezza anche in racconti poco piacevoli, soprattutto in seguito allo scoppio della Rivoluzione ad al cambiamento della loro situazione.
E riesce anche a regalarci una fotografia della sua grande e rumorosa famiglia che non può farci trattenere sorrisi e risate, e contemporaneamente farcela amare.
Dalla madre che impara l’inglese tramite i jingle dei programmi TV, a suo padre che adora Las Vegas ed ha un vero e proprio culto per il programma “Bowling for Money”, fino a quando (per fortuna o purtroppo), non riesce a parteciparvi.
È la fotografia di un incontro e a volte scontro di culture, di una vita sempre a cuore diviso ma anche raddoppiato di amicizie e conoscenze.
Un libro che consiglio per tanti motivi: comprendere le difficoltà di un espatrio, apprezzare la capacità di integrarsi mantenendo le proprie radici e accogliendone altre, saper guardare oltre i pregiudizi propri e degli altri.
Un libro che vi farà ridere, e vi farà pensare.
When I went to college, I eventually went back to using my real name. All was well until I graduated and started looking for a job. Even though I had graduated with honours from UC-Berkeley, I couldn’t get a single interview. I was guilty of being a humanities major, but I began to suspect that there was more to my problems. After three months of rejections, I added “Julie” to my résumé. Call it a coincidence, but the job offers started coming in.
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Sinossi
In 1972, when she was seven, Firoozeh Dumas and her family moved from Iran to Southern California, arriving with no firsthand knowledge of this country beyond her father’s glowing memories of his graduate school years here. More family soon followed, and the clan has been here ever since.
Funny in Farsi chronicles the American journey of Dumas’s wonderfully engaging family: her engineer father, a sweetly quixotic dreamer who first sought riches on Bowling for Dollars and in Las Vegas, and later lost his job during the Iranian revolution; her elegant mother, who never fully mastered English (nor cared to); her uncle, who combated the effects of American fast food with an army of miraculous American weight-loss gadgets; and Firoozeh herself, who as a girl changed her name to Julie, and who encountered a second wave of culture shock when she met and married a Frenchman, becoming part of a one-couple melting pot.
In a series of deftly drawn scenes, we watch the family grapple with American English (hot dogs and hush puppies?—a complete mystery), American traditions (Thanksgiving turkey?—an even greater mystery, since it tastes like nothing), and American culture (Firoozeh’s parents laugh uproariously at Bob Hope on television, although they don’t get the jokes even when she translates them into Farsi).
Above all, this is an unforgettable story of identity, discovery, and the power of family love. It is a book that will leave us all laughing—without an accent.