Piccole Donne sceneggiato BBC in tre puntate
di Romina Angelici
L’edizione di Piccole Donne del 2017, prodotta dalla BBC, sceglie la formula dello sceneggiato a puntate in effetti e suddivide la storia classica in tre episodi. Lo strumento assolve a una duplice funzione: prendersi tutto lo spazio offerto dalla narrazione e utilizzare un format molto in voga specialmente presso le nuove generazioni.
La storia narrata in una serie TV è diluita nel tempo, permette di conoscere bene i personaggi e di affezionarsi a loro, e suscita quella naturale e spontanea curiosità di saperne sempre di più, di seguire le loro vicende che ci lascia con l’amaro alla fine di un libro o di un film!
Credo sia stata Louisa May Alcott una degli iniziali scrittori (non a caso amava Dickens!) a intuire le potenzialità delle saghe, a sfruttarne le dinamiche di legame basato sull’affezione e la dipendenza che si creano tra il lettore in questo caso e i protagonisti della storia. Le stesse dinamiche che oggi troviamo nelle serie TV e sono il segreto e la chiave del loro successo e popolarità.
In realtà Louisa è stata anche molto indotta e sollecitata dal pubblico stesso che reclamava la continuazione del primo volume di Piccole Donne cui poi seguì Piccole Donne crescono, e sebbene la loro stessa autrice si augurasse in alcuni momenti, presumibilmente di scoramento, che Plumfield sprofondasse e se li inghiottisse tutti (sic) arrivarono anche Piccoli uomini e I Ragazzi di Jo![1]
Piccole donne sceneggiato
Nello sceneggiato in tre episodi, che coscientemente sceglie un taglio più alleggerito ma non prescinde, anzi, dà per scontato il testo scritto, può cogliersi una maggiore coralità d’insieme e una nota di freschezza dovuta alle giovanissime attrici emergenti (Jo è la figlia di Uma Thurman ed Ethan Hawke) che impersonano le quattro sorelle March, ai costumi e alla scenografia accattivante.
Bisogna riconoscere che questa versione, che è stata fin troppo presto dimenticata e messa in disparte dopo l’uscita del film omonimo firmato da Greta Gerwig, colosso americano del 2019, ha i suoi pregi.
Il suo punto di forza infatti potrebbe essere proprio quello che è stato maggiormente criticato e cioè la giovane età delle sue attrici protagoniste. I grandi nomi che sono stati loro affiancati, oltre ad arricchire il cast e impreziosire la caratterizzazione dei personaggi più adulti, hanno il pregio secondo me di non oscurare gli altri ma anzi, di valorizzarli e conferire loro risalto.
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Il film è stato interamente girato in Irlanda nel mese di agosto, lontanissimo quindi da luoghi e condizioni ambientali originali che riduce questa a un’annotazione puramente aneddotica spingendo piuttosto ad apprezzare gli interni curatissimi e gli ambienti ricreati sapientemente. La famosa attenzione per i particolari e la ricostruzione storica della produzione inglese vengono confermate ancora una volta in questo tipo di produzione.
La sceneggiatura non ha apportato novità significative, anzi piuttosto il contrario visto che, operando qualche taglio o salto temporale, si rivela a volte troppo sbrigativa o criptica. Ci guadagna in compenso la narrazione per immagini che invece sono molto evocative. Rispetto alle precedenti versioni cinematografiche, con le quali non ritengo opportuno stabilire paragoni, trattandosi di prodotti e fatture troppo diversi, alcuni personaggi sono stati meglio approfonditi (Mrs March per esempio ha i suoi momenti di debolezza che la rendono meno perfetta e più umana, e molto più somigliante alla vera Marmee), mentre altri, come Laurie, risultano penalizzati. È sempre antipatico fare confronti e poi ciascuno di noi la sua versione del film del cuore; trovo ingiusto criticare a priori l’adattamento di un classico, partendo dal presupposto che tanto non sarà mai all’altezza della nostra versione preferita. Credo invece che una chance vada riconosciuta allo sceneggiato della BBC proprio per aver dimostrato che un classico è un evergreen e come tale capace di parlare sia alle vecchie sia alle giovani generazioni.
Piccole donne sceneggiato: perché guardarlo
Il risultato finale è indubbiamente più vicino e rispondente al gusto moderno, e tutt’altro che deludente nella sua visione complessiva, e anche se si tratta di una storia cara, più volte raccontata, beneficia di un’aurea di tenerezza e calore umano come quella luce calda che inonda le stanze e risplende sui sorrisi delle quattro ragazze.
Sia che amiate le prime edizioni -i classici del 1933 di George Cukor o del 1949 di Mervyn LeRoy-, o il primo ad avere una regia femminile, Piccole Donne del 1994 (di Gillian Armstrong, con Susann Sarandon e Wynona Ryder, per intenderci), scegliete voi la vostra versione preferita, ma durante le vacanze natalizie rivedersi per l’ennesima volta il film di Piccole Donne è d’obbligo.
[1] Louisa alternava momenti di tenerezza a vere e proprie invettive; infatti, quando stava terminando I ragazzi di Jo: si dichiarò infatti tentata di concludere il racconto “con un terremoto che ingoi Plumfield e tutto il vicinato nelle profondità delle viscere della terra cosicché nessun giovane Schliemann riesca più a trovarne nemmeno le tracce”.