Le parole sono ponti di Francesco Muzzarelli

Voce al cuore

recensione di Alessandra Patrignani

 

le parole ponti

Le parole sono ponti, comunicare bene per rispettarsi è un saggio scritto da Francesco Muzzarelli ed edito da emi nel 2017; fa parte della collana “gli infralibri” ovvero pubblicazioni a stampa di formato tascabile, economica ed ecologica, utile per farsi un’idea esatta su un argomento importante, leggera di peso e di linguaggio.

Di cosa tratta Le parole sono ponti?

Tutti tentano di comunicare, universalmente e naturalmente, ma uno dei nodi principali è la differenza tra un atto di comunicazione tentato e uno riuscito: nel primo caso si tratta di trasmettere un messaggio con una certa intenzione, nel secondo si ha l’effetto della trasmissione e della corrispondenza con l’intenzione iniziale.

E le incomprensioni, da dove nascono?
Secondo Le parole sono ponti Nascono dalla discrepanza fra le deduzioni di chi ascolta e le nostre attese sulla sua interpretazione.

“Comunicare è un’occasione fertilissima per conoscere, scambiare, cooperare e costruire.
Ma può anche essere la strada per perdere tempo, offendere, confliggere, aggredire, manipolare.”

La comunicazione si compone di un messaggio verbale (parole e frasi) e di un messaggio non verbale (sguardo, espressioni del viso, movenze del corpo, modo di porgere le parole regolando tono di voce, volume, suono e ritmo).
Quella verbale ci fornisce informazioni, quella non verbale fornisce informazioni sulle informazioni, che si influenzano a vicenda creando vari impatti.
I segnali non verbali sono, apparentemente, più semplici da decodificare e dunque vengono percepiti più veritieri.

“La comunicazione, verbale e non verbale, assolve al proprio compito se l’intero messaggio è interpretato nello stesso modo da chi lo origina a chi lo riceve.”

Quando noi comunichiamo sappiamo che esiste una “quota fissa” di malinteso che è legato alla soggettività: ogni persona rileva e valuta la realtà a modo suo.
Basterebbe prendersi del tempo per esplicitare i diversi bisogni, ma non sempre è facile farlo.

L’evoluzione umana è andata di pari passo con lo sviluppo dei linguaggi: pensiamo al fiorire e al diffondersi della letteratura, della poesia e della filosofia.
Ciò nonostante, le relazioni sono le attività più complicate della nostra vita in quanto possono essere mutevoli, intrise ora di generosità ora di crudeltà, nutrienti o insopportabili.

Siamo tutti accusabili di qualcosa, agli occhi altrui.
Siamo portatori sani di errori, limiti, ambivalenze.
Ma mentre il positivo si intravede, il negativo risulta denso ed evidente.

Riguardo agli altri.
Siamo protagonisti di un ping pong tra emozioni e ragione; il nostro habitat naturale è l’irrazionalità.
Il linguaggio è un grande arsenale, con il quale è facile ferirsi; anche involontariamente.

Ma qual è il punto che ci frega?
Le parole.
Quelle che decidiamo di usare per esprimerci.

Molti guai della comunicazione derivano proprio dall’effetto mentale prodotto dalle parole.

“Le parole possono avvicinare o allontanare, possono essere ponti o muri, possono ferire o curare.

Le parole coinvolgono oppure scatenano un netto rifiuto, attivano o alleviano un dolore o una paura, accendono o deprimono la gioia.”

Cosa accadrebbe se non riuscissimo ad avere ragione nella comunicazione? Valutiamolo.

Abbiamo opinioni o siamo delle opinioni?

Di certo non possiamo esserne prigionieri, tantomeno di quelle altrui.

L’autore di Le parole sono ponti ci sconsiglia, per creare relazioni sintoniche e massimizzare la cooperazione, di evitare parole e frasi che: giudicano, estremizzano, classificano, colpevolizzano, attribuiscono responsabilità unilaterali, ridicolizzano, rimproverano, svalutano, interpretano il pensiero, pretendono, criticano, vogliono farci apparire meglio dell’altro, fanno paragoni sconvenienti, insultano.
Insomma, tutte quelle parole o frasi che, se le usassimo su di noi ci offenderebbero.
Sconsigliato anche interrompere e sovrapporsi in una comunicazione, parlare come in un monologo ininterrotto e fare pressione.

C’è dell’altro, sotto la superficie di poche parole si trova a volte una montagna di informazioni nascoste: è tutto quello che diamo per scontato o comunichiamo in modo implicito: il sottinteso.

Il sottinteso è uno strumento di economia della comunicazione; ma è anche uno strumentomanipolatorio e deresponsabilitatorio.
Tutto ha origine dal rispetto, parola che proviene dal latino RESPECTUS, da respicere:
“Guardare indietro”.
Dunque il rispetto è il sapersi guardare, un istante, indietro e abbandonarsi al dubbio e alla riflessione per poter cogliere ed accogliere punti di vista diversi. Bontà d’animo?
No, “necessità operativa”; in fin dei conti non conosciamo le aspettative, le paure ed i modi di interpretare le informazioni possedute dell’altra persona.

“Accettare richiede solo di ascoltare, comprendere e non essere precipitosi nel giudizio.”

Per questo l’autore ci dà 9 principi da far nostri e ripetere come dei mantra, affinché possiamo condurre relazioni basate sul rispetto, e poi li approfondisce, li “apre” per far capire quali sono i benefici apportati alla comunicazione da ogni singolo principio.

I miei due principi, in questo caso, preferiti sono:

“Tu hai il diritto di essere ascoltato, io non ho il dovere di essere d’accordo con te; io ho il diritto di essere ascoltato, tu non hai il dovere di essere d’accordo con me. Ciò posto, confrontiamoci.”

E l’altro

“Tutti noi abbiamo il diritto a non desiderare una buona relazione con qualcuno e uscirne”.

Una buona comunicazione implica, come abbiamo visto, l’ascolto. Quest’ultimo si manifesta attraverso il contatto visivo, il linguaggio del corpo ed il rispetto dei turni di conversazione.
Un’altra parte fondamentale della buona comunicazione sono le domande, giacché coinvolgono, approfondiscono, verificano.

Da evitare, però, le domande “perché?”. Queste obbligano a dare risposte razionali ai propri comportamenti; meglio utilizzare “cosa” e “come”.

Nell’ultimo capitolo, infine, si vanno ad incontrare e studiare alcuni degli strumenti di comunicazione che evitano la negatività e creano accordi, come, ad esempio, la meta- comunicazione, la riformula e la scelta linguistica appropriata.

Perché leggere Le parole sono ponti?

Abbiamo così tante aspettative verso gli altri e verso noi stessi; attraverso questo piccolo libro riusciamo a comprendere il perchè ed il come le nostre relazioni e reazioni abbiano determinate caratteristiche.

Capiamo che, se spesso la diversità tra gli esseri umani, con i loro pensieri e differenze, è motivo di discordia, se guardata da un altro lato, soppesata e compresa, è una fune verso il cuore. Per comprenderci.

L’autore de Le parole sono ponti ci espone vari luoghi comuni, ci spiega “l’architettura del sistema nervoso” e tutti quei fattori che concorrono alla comprensione, alla noia, alla rabbia, al risentimento o ll’appagamento tra le persone, attraverso l’atto comunicativo.

 

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Le parole sono ponti

Sinossi

Molto di noi si gioca sulle parole: incontri e scontri, dialoghi e rotture, prese di posizione e scelte di vita. Siamo artigiani della comunicazione, i nostri attrezzi sono le parole. Ma siamo capaci di usarle bene? Come fare affinché il nostro comunicare sia pacifico e non ostile?
Sappiamo che verba (non) volant, anzi possono ferire e creare fossati difficili da superare?

Queste pagine, ricche di esempi pratici e di consigli fruttuosi, ci aiutano a far sì che le nostre parole diventino carezze e propostele non risultino pugni o comandi.

Saper parlare con consapevolezza, responsabilità e rispetto è un compito cui non possiamo sottrarci. Per vivere in maniera costruttiva con gli altri.

Titolo: Le parole sono ponti
Autore: Francesco Muzzarelli
Edizione: Emi, 2017