La regina degli scacchi.
La serie Netflix che inneggia all’apertura.
a cura di Altea Alaryssa Gardini
La regina degli scacchi è una serie auto conclusiva in onda sulla piattaforma streaming Netflix.
Da quel giorno, per la precisione il 23 ottobre 2020, La regina degli scacchi è rimasta ancorata alle prime posizioni della classifica delle serie più amate dagli ascolti.
La serie è frutto di una trasposizione dall’omonimo romanzo di Walter Travis del 1983 e dobbiamo il merito della sua realizzazione a Scott Frank e Allan Scott.
Per chi fosse interessato al libro: La regina degli scacchi
Il titolo originale della serie, e del libro, Queen’s gambit è un’allusione al gioco degli scacchi: il gambetto di donna è una delle aperture possibili in una partita e Beth Harmon, la protagonista della storia, la usa nella sua ultima partita con colui che, per molto tempo, è stato il suo demone, o almeno ne è stato il suo involucro di carne e ossa: Vasily Borgov il grande maestro russo.
Su questa serie sono piovute una serie infinita di elogi e recensioni. Tutti meritati.
La regina degli scacchi, guardando gli altri articoli scritti, simboleggia molteplici affermazioni.
Beth è molto giovane e vincerà su di un uomo molto più anziano di lei.
Beth è donna e si addentra in un mondo maschile in cui risulterà vincitrice.
Stiamo ancora parlando di donne che devono vincere sugli uomini? La avete vista questa serie?
Avete, anche solo minimamente, ascoltato le parole di Beth o state ancora impersonando la zelante giornalista dedita più ai pettegolezzi che a scoprire il perché Beth Harmon diventerà la regina degli scacchi?
Vero è che Beth è americana e affronterà un uomo che appartiene a quell’universo che per gli Stati Uniti era e continua ad essere un grosso mistero e la personificazione di Mangiafuoco: la Russia.
Il gambetto di donna è un gioco di apertura e stiamo ancora a parlare di confini e di stereotipi in una serie che, in realtà, si sta gettando sulle barriere come un caterpillar.
Beth non è perfetta. Non è adorabile e non è affatto una paladina. Lo è solo negli occhi di chi la guarda ma non di chi la conosce.
Coloro che la incontrano e che compiono il grande gesto di lasciarla entrare, nonostante tutto, la amano proprio per la straordinaria forza che mostra nel rimettersi in piedi in ogni occasione.
Ma non lo fa da sola. I russi giocano in squadra, glielo racconta Benny e lo vedrà con i suoi occhi.
Nessuno può farcela da solo ed è un concetto che la nostra regina degli scacchi afferra timidamente prima di partire e poi sempre più ferocemente mentre si trova in Russia.
Beth come Borgov non vince da sola, avrà bisogno dell’aiuto dei suoi compagni, dovrà accettare di essere brava e intelligente anche senza gli artefici che usa per annebbiarsi il giudizio.
Ecco un altro messaggio che è opportuno cogliere. L’artificialità esterna di alcuni espedienti usati per stare meglio ci annebbiano dalla indissolubile verità: siamo più forti combattendo che con il loro aiuto.
Uno dei miti russi di Beth le dirà che lei è il miglior giocatore con cui lui abbia avuto l’onore di giocare.
GIOCATORE usato in termine neutro, proferito con rispetto ed umiltà da un altro giocatore. Non serve sempre declinare per comprendere il significato del parlato.
Beth è una donna per genetica ma una persona per elezione.
Nessuno si salva da solo, nessuno apre una porta senza aspettarsi che qualcuno possa entrarne e bisogna averne di coraggio per spalancare quell’uscio.
Questo è l’enorme dono di Beth, oltre alla sconfinata intelligenza: toccare il fondo e afferrare la mano che si tende oltre quell’uscio.
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L’apertura si chiama gambetto di donna, è usata a prescindere da chi giochi e Beth è una donna, questa è l’affermazione da cogliere giocata tra le pieghe dei numerosi cliché che vengono offerti dalla regina degli scacchi con l’unico scopo di distrarvi.
Tutti i giocatori di scacchi tentano di accecare o dissimulare di fronte al possibile avversario, ognuno a modo suo.
Benny indossa un coltello per difendersi e un cappello da cowboy, costringe i suoi interlocutori ad avere pregiudizi su di lui.
Beth ha la moda e il suo sguardo da cerbiatta, la libera dall’imbarazzo di giocare con il pomo d’Adamo.
Bisogna valicare limiti e confini e pensare a se stessi come persone non come isole, confini e continenti.
Basta con l’eterno me contro te.
Gli scacchi sono un gioco. Tutti giochiamo e tutti siamo la stessa cosa: persone.
Gli sceneggiatori vi hanno accecato con i cliché e non molti hanno ascoltato Beth dire: “Io gioco e basta” senza essere condizionata da sessi e imparando ad abbattere i confini.
A confinarla e ad abbatterla ci sarà un avversario dal genere femminile ma che non ha forma e non si può toccare: la tremenda paura che può fare il nostro demone, il nostro mito, la nostra vita.
Lei, come saprete, ha vinto.
Beth Harmon è La regina degli scacchi, la vincitrice di una enorme scommessa personale.
Beth è un vero gran maestro.
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