“Il sogno di Fredrick”

di Chiara Minutillo

Fredrick

Fredrick si lisciò i lunghi baffi biondi. La pioggia batteva forte sul legno del ponte. La vela bianca e rossa, gonfiata dal vento, guidava il drakkar nel mare agitato. Il veliero scorreva agile e veloce sulle onde. Fredrick si voltò. I guerrieri al suo comando lavoravano sodo per governare la barca, mentre altri marinai si sforzavano di contrastare la potenza dell’acqua remando con vigore e precisione.

Un lampo squarciò il cielo.

Fredrick guardò in alto. Gli parve di vedere, per un solo fugace momento, il carro di Thor correre veloce tra le nubi. Il dio mandava a tutta velocità le sue due capre, delle quali poi, una volta vinta la battaglia, si sarebbe cibato. Teneva le redini con una mano sola, mentre l’altra restava aperta nell’aria in attesa del ritorno di Mjöllnir. Il tuono era scoppiato con un rumore fragoroso, che lo aveva fatto sobbalzare. Il martello di Thor aveva tracciato la strada verso il nemico, lo aveva colpito e ora stava certamente rientrando in possesso del suo padrone.

Fredrick lo considerò un ottimo presagio, ma non era sufficiente.

Estrasse dal fodero la lunga spada decorata d’argento, simbolo del suo rango, e la puntò a terra mentre si inginocchiava. Abbassò il capo fino a sfiorare l’elsa dell’arma. Ripensò alle battaglie vinte, agli uomini persi in guerra. Pensò alla sua famiglia che lo aspettava a casa, ai guerrieri che viaggiavano con lui. Il drakkar sul quale navigavano aveva superato innumerevoli tempeste; aveva permesso di vincere battaglie e conquistare nuove terre. Averlo consacrato a Odino, aveva reso il veliero una nave da guerra invincibile.

Fredrick rivolse una preghiera silenziosa al re degli dei, padre di Thor e dio della guerra e della saggezza.

Al villaggio erano stati fatti molti sacrifici, prima della partenza, e il capitano era certo che Odino non sarebbe stato così ingiusto da considerarli privi di significato. Ma, con gli dei, la prudenza non era mai troppa. Fredrick promise allora che, se fosse riuscito a conquistare quella nuova striscia di terra e almeno metà del suo equipaggio fosse rientrato a casa sano e salvo, Odino avrebbe avuto nuovi sacrifici. Fredrick stesso avrebbe fatto di lui il dio principale del nuovo villaggio conquistato. Non pretendeva che tutti i suoi uomini tornassero a casa. Sapeva che non sarebbe successo. Una guerra richiedeva sempre dei morti.

“Mio signore, la terraferma è vicina”.

Uno dei suoi uomini gli aveva toccato una spalla. Fredrick si era alzato, rinfoderando la spada al fianco. Prima di dare la notizia, il guerriero si era leggermente inchinato al suo cospetto. Il capitano fece un sorriso, accarezzò la testa di drago che svettava a prua e si voltò verso l’uomo ancora in piedi accanto a lui.
“Vinceremo”, sussurrò per poi allontanarsi.

Percorse a grandi falcate il ponte, fino all’albero maestro che reggeva l’unica vela della nave.

“Il potente dio Thor ci ha inviato un presagio”, esordì. “Questa tempesta non è altro che la manifestazione della sua forza e della sua ira. La battaglia che stiamo per combattere non è solo nostra. Il lampo che ha percorso il cielo in direzione di quella terra è il chiaro segno che ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Il tuono che abbiamo udito ci dà la certezza che Thor è dalla nostra parte”.
Fredrick fece una pausa, mentre le voci dei guerrieri esplodevano in un grido di battaglia. Il capitano alzò una mano per zittirli.
“L’appoggio di Thor non è sufficiente, lo sappiamo. Per vincere abbiamo bisogno del sostegno del grande dio Odino. Egli ci fornirà sapienza e forza per volgere questa guerra a nostro favore!”

Questa volta, Fredrick non diede il tempo ai suoi uomini di esultare.

Comandò ai guerrieri più valorosi di tenersi pronti, ordinò al timoniere di mantenere la posizione. Alcuni marinai si diressero ai lati del ponte, intenti a manovrare le cime secondo gli ordini del capitano. Gli altri, seduti sui loro bauli, ripresero a remare con tutte le loro forze.
Fredrick vide il sole che, a poppa, cominciava a rischiarare il cielo. Il vento si era placato. Soffiava solo una leggera brezza, sufficiente per sospingere lentamente il drakkar nella foce del fiume che attraversava il villaggio.

Il veliero risalì lentamente il corso d’acqua, fermandosi in prossimità di una secca.

Fredrick e i suoi uomini sbarcarono. Nessuno, al villaggio, si sarebbe aspettato un attacco. La testa di drago che precedeva la barca fece rabbrividire uomini, donne e bambini. Quello sguardo mostruoso e le fauci spalancate spaventavano anche il guerriero più coraggioso.
Gli abitanti spinsero mogli e figli nelle capanne, mentre loro afferravano ogni arma a disposizione per combattere.

Fredrick fu il primo a lanciarsi nella mischia.

Indossava il suo elmo di ferro, che gli pesava sulla testa, ma lo riparava completamente. Sembrava un diavolo arrivato direttamente dal regno di Hel. Il viso nascosto incuteva terrore. Non gli serviva uccidere quegli uomini. Erano talmente spaventati che bastava ferirli con la lunga lama a doppio taglio, perché cadessero ai suoi piedi senza il coraggio di rialzarsi.
Attorno a lui i rumori della battaglia erano sempre più forti: le grida di trionfo ogni volta che un nemico veniva abbattuto, i rantoli e i gemiti dei feriti, il clangore delle lance e delle asce. Fredrick era un uomo di guerra. Lottava con vigore, non per passione, ma per accelerare i tempi. Per far sì che le perdite fossero limitate.
Il sole sopra di lui riuscì a aprirsi un varco tra le nubi, gettando un po’ di luce sul campo. Lo prese come un segno degli dei. Forse Odino aveva placato il figlio Thor. Fredrick riprese a combattere, menando fendenti da ogni lato, a volte limitandosi a disarmare i suoi nemici. Voleva sudditi e prigionieri, non morti da bruciare.

“Federico! Federico svegliati!”

La voce di sua sorella sembrava lontana. Federico aprì gli occhi. Gli faceva male la schiena. Per un attimo pensò di essere disteso, ferito e sanguinante. Invece no. Si era solo addormentato, piegato sulla scrivania, la testa appoggiata sul suo libro preferito. Guardò l’immagine del drakkar, si voltò verso la sorella e sorrise.