Il giovedì del sottobosco di Luana Giovanelli
Ennesimo giovedì: il tempo scorre lento, le immagini sembrano pennellate su una tela bianca, i suoni intermittenti ricordano a Chiara che è ancora al mondo. Fino alle 19.15, quando giunge affannata e in ritardo al sottobosco. Così chiama quel luogo di ritrovo in cui da mesi tenta di rimettere insieme i pezzetti della sua squallida vita. Una stanza in penombra, umidiccia, disadorna. Con grandi finestre appesantite da un tendaggio antiquato. Il sottobosco: abitato da esseri umani strani, quasi stravaganti, poco adattati al resto del mondo.
Giorgio urla: “Chiara, che frutto sei?”
Chiara non risponde, si siede e osserva annoiata gli altri. Ognuno col suo frutto in mano. Più precisamente un’immagine stampata su carta. Così vede la realtà Chiara: carta ingiallita, stropicciata e unta. La rappresentazione di qualcosa che esiste ma non trova collocazione nello spazio e nel tempo.
Ecco Dada! Ha in mano un avocado. Frutto alla moda come lei: super colorato, quasi insapore. Dada che si adatta a tutto, controvoglia: dolce o salato.
Chiede a Chiara: “Cosa racconti oggi?”
Chiara aveva parlato tanto nei primi mesi, poi il suo entusiasmo si era spento. “Racconto che questa storia dei frutti è un esercizio insensato! Queste parole, le spiegazioni, le pacche vicendevoli sulle spalle sono soltanto un cumulo di bugie. Sapete tutti che nulla sarà come prima. Io non sarò più una giornalista, tu, Dada, non saprai più fare un taglio alla moda nel tuo salone, Giorgio non diventerà un leader. E Federica non sarà un’infermiera.”
Andrea, in silenzio, si alza dalla poltrona sulla quale è impresso il suo peso da mesi. Con la sua anguria tra le mani, pesante e così piena di vita. Le parole di Andrea sono sempre fresche e dissetanti. Raccoglie un vasetto e con cautela lo porge a Chiara.
“Cos’è?” chiede lei, colta di sorpresa mentre cerca di controllare la rabbia.
“Il tuo frutto: vero, concreto, tangibile”.
“Ma io non ho mai scelto”.
“No, ma puoi farlo ora. Puoi decidere se prendertene cura, come abbiamo fatto noi”.
Giorgio, che si era aggiudicato la mela per i suoi tanti vestiti e la sua semplicità che cattura ogni gusto, da buon oratore si alza e approfondisce. “Ti abbiamo assegnato la fragola di bosco. Ti rievocherà sempre questo luogo da cui sei rinata, la tua spontaneità, la tua riconoscibilità anche quando sei nascosta, con quel sapore e quel profumo inconfondibili; ti rammenterà che anche se ti senti piccola, riesci a essere così grandiosa da arrivare ovunque. Che puoi essere ciò che vuoi. Come la fragola: buona al naturale, come ornamento, come marmellata o nel gelato.”
Chiara respira profondamente. La sua rabbia comincia a cedere il passo a un’altra emozione. Gratitudine, probabilmente.
Aveva davanti una nuova versione di sé: reale, con un colore, un sapore, un odore.
In un caldo giovedì di maggio, tutti attendono l’evento delle 17.00. La realizzazione del sogno di quel gruppo dal nome quasi incantato. Il sottobosco aveva raggiunto la sua evoluzione. Quello era diverso dagli altri giovedì: si inaugurava “Il Giardino”. Un locale moderno di ritrovo e confronto, a fianco a un bel pezzo di terra da coltivare. Chiara aveva preso sul serio la sua scelta. Il Giardino era pieno di fragole e lei pronta a utilizzarle per ogni suo nuovo dolce.
Non era più una giornalista, ma una splendida pasticciera.
Potrebbe piacerti anche: “Il sentiero che porta alle fragole”