“Forte come la morte” di Tiziana Meraglia

contest Amarcord

Il finestrino rifletteva il suo volto: ne disegnava perfettamente il profilo, in parte nascosto da una cascata di riccioli ribelli. La mattina, di solito, si attardava a sistemarli, appuntando un fermaglio o indossando un cerchietto, ma quel giorno non c’era stato il tempo per raccogliere in una posa ordinata quella chioma di Gorgone.

Teneva il capo reclinato in avanti, come raccolta in preghiera, e aveva l’espressione di chi avesse passato periodi migliori. Stavolta, non si era intrattenuta in sterili conversazioni con il passeggero al suo fianco, preferendo di gran lunga il silenzio. Teneva stretto tra le sue mani un bicchiere di tè fumante e, sul ripiano accanto a lei, giaceva una piccola confezione di dolci, ancora intonsa.

«Desidera qualcos’altro, signora?», le si avvicinò una hostess.

«No, grazie. Tra quanto atterreremo?».

«Ci vorranno solo quindici minuti».

«Bene».

Quindici minuti che la separavano da quell’incontro.

Quindici giorni che, forse, l’avrebbero allontanata dal suo passato.

Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!

 

Troppi pensieri affollavano la sua mente. Troppi dolori riaffioravano alla memoria.

Lontana da percorsi filosofici o religiosi, che le avrebbero potuto dare delle risposte o le avrebbero  in qualche modo quietato l’animo, si dannava, nell’impossibilità di accettare quel precipitare degli eventi.

Una malattia inaspettata aveva portato via suo padre ed ora che tutto era finito, che tutte le sue forze erano state impiegate infruttuosamente, si sentiva svuotata e stanca.

Non c’erano parole di conforto pronunciate ad un funerale o abbracci e sguardi compassionevoli dei presenti a farla sentire meglio.

Questo cambiamento radicale aveva compromesso il suo equilibrio e l’aveva scossa al punto di non essere più sicura delle sue scelte.

Il rumore del carrello che usciva dalla fusoliera la riportò al presente. Trattenne il fiato e si preparò all’atterraggio, tenendosi stretta allo schienale del sedile anteriore.

Quando il velivolo toccò terra, accese il cellulare e si apprestò a leggere il messaggio appena arrivato: «Amore, ti sto aspettando. Non vedo l’ora di stringerti tra le mie braccia».

Era tanto amata.

Anche se ultimamente aveva chiuso il suo cuore.

Anche se questo dolore aveva creato una corazza.

Le porte scorrevoli dell’aeroporto si aprirono davanti a lei.

Ebbe un attimo di incertezza, cercando di mettere a fuoco il suo volto tra la gente.

Insegne luminose, cartelloni e braccia che si dimenavano verso l’alto riempivano il suo sguardo, mentre un vociare continuo la confondeva.

Poi, girò il capo e due iridi color muschio incrociarono i suoi occhi.

Pietra.

Le sue gambe restarono immobili ed il suo fiato si fermò.

Pietra.

La mano lasciò cadere il trolley, incapace di tenere salda la presa.

Pietra.

Il cuore batté all’impazzata, bisognoso di rifugiarsi nel calore del suo abbraccio.

Nulla era cambiato tra loro.

Ora lo sapeva.

Avrebbero affrontato insieme quel mostro che si era preso il suo sorriso e la sua spensieratezza.

Perché forte come la morte è l’amore.