I romanzi romani di Pasolini e le donne

Voce al mare

a cura di Elvira Rossi

I romanzi romani di Pasolini

I romanzi romani di Pier Paolo Pasolini evidenziano il ruolo delle donne; mi concentrerò su Ragazzi di Vita e Una vita Violenta.

Nei romanzi Ragazzi di vita e Vita violenta, che si collocano nella fase del mito del sottoproletariato, Pasolini nell’assegnare alle donne, periferia della periferia, un ruolo secondario, sottolinea la loro marginalità all’interno di una società patriarcale, che non riconosce le diversità e tra queste anche la sua omosessualità.

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Nei romanzi romani di Pasolini le donne intervengono in episodi circoscritti e sempre in funzione di una presenza maschile, marito, figlio, cliente. L’individualità di una donna si definisce per il ruolo che svolge come madre, moglie, figlia, sorella.

Dei personaggi femminili, madri o puttane, figure complementari di singoli fotogrammi, Pasolini ci trasmette delle istantanee, senza andare oltre le sembianze esteriori e la gestualità.

A ciascuna tocca il proprio spazio: alle zoccole la strada, alle madri la casa.

Le zoccole, come le definisce Pasolini, entrano a caratterizzare il paesaggio e si sa sempre dove trovarle. I ragazzetti incuriositi dalla loro attività le seguono e le spiano, per carpire i segreti della sessualità.

Le puttane sono figure familiari che non suscitano né scandalo né disprezzo. Nulla è scandaloso agli occhi dei ragazzi di borgata. L’unico vero scandalo è la grande fame che li accomuna e le madri dei ragazzi di borgata esistono per soddisfare questa fame.

I ragazzi appartengono alla borgata e alle madri e se la borgata rappresenta “la patria”, le madri costituiscono la famiglia.

Entrambe non dettano regole, non impartiscono lezioni e mentre la borgata esercita a modo proprio l’accoglienza in una atmosfera di totale anarchia, le madri inseguono l’istinto primitivo nella cura dei figli, ma è arduo proteggere ed essere protetti all’interno di famiglie dove non è assicurata l’immunità né dalla miseria né dalla violenza.

La vita sociale è riservata ai maschi. A frequentare i bar o le sezioni dei partiti sono gli uomini. Eppure delle donne avvertiamo i palpiti attraverso gli usci delle case, sentiamo la loro voce rincorrersi nei cortili, mentre creaturine seminude giocano nei rigagnoli di acqua stagnante.

Le donne sono presenze inquiete che si muovono tra le baracche e i cenci luridi esposti all’aria. Lo squallore degli esterni si prolunga negli interni.

Colpisce la raffigurazione estetica delle donne, figure grottesche dall’aspetto sgradevole con caratteristiche fisiche che tendono a ripetersi tanto da disegnare lo stereotipo della borgatara.

Le carni flaccide e straripanti debordano dai panni troppo stretti e sporchi; seni ingombranti raccontano storie di sofferte maternità. Donne irsute e sgraziate con l’esposizione indiscreta di ogni rotondità sono lo specchio deformato della Grande Madre. In Ragazzi di vita, la madre di Agnolo, sora Celeste, viene descritta nera e pelosa come un cespuglietto di porcacchia.

Se talvolta a unire la madre ai figli è un silenzio che accompagna la gestualità dell’accudimento, altre volte ad allontanarli interviene un linguaggio aggressivo e ingiurioso da ambo le parti.

Le donne, madri, figlie, puttane, in una realtà logorante che le rende impotenti, manifestano la forza attraverso una resistenza quotidiana, che stenta a tradursi in ribellione.

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Nel secondo romanzo, Una vita violenta, le donne appaiono più reattive e insorgendo dimostrano che alla ingiustizia e al potere di chi governa non vogliono sottostare.

Non accettano che le case popolari siano destinate a specifiche categorie di persone e vanno a occuparle e qualcuna di loro, come la sora Maria madre di Tommaso, alla fine riesce a spuntarla.

Inoltre, quando i rappresentanti della Legge intervengono per arrestare un ragazzo, le donne si rivelano capaci di azioni rabbiose e allora dimostrano che, sì, un’anima ce l’hanno pure loro ed è l’anima di un animale ferito abbandonato alla sorte.

Una sera, a Pietralata, un esercito di donne scarmigliate, disarmate, uscite alla spicciolata, una alla volta, per unirsi alle altre, ingaggiano una furiosa battaglia, armate di calci, morsi, tizzoni ardenti, quando tre carabinieri tentano di portare via Cagone, un povero cristo, che mescolandosi ai ragazzi di borgata tirava a campare.  Cagone rispetto ai ragazzi di Pietralata ha qualcosa in più, la malattia, e qualcosa in meno, i genitori.

A Pietralata la sopravvivenza non si accorda con il rispetto delle regole. Inutile cercare un colpevole in una periferia che subisce la violenza ancora prima di esercitarla. Le vittime e i carnefici si scambiano le parti.

I tutori dell’ordine ritorneranno numerosi in assetto di guerra. E anche in questa occasione le donne non si dimostreranno arrendevoli. Tenteranno comunque di intervenire a difesa dei figli e molte di loro seguiranno la stessa sorte, saranno prese e condotte al commissariato.

L’episodio menzionato è una piccola anticipazione delle battaglie che le donne, partendo da un livello più alto di consapevolezza e scoprendo l’efficacia dell’alleanza, si preparano a combattere nei successivi decenni.

Nei romanzi romani i padri sono assenti, figure sbiadite o latitanti e le borgatare si muovono in maniera istintiva e sebbene non siano sprovviste di coraggio e determinazione non vivono ancora la stagione dell’emancipazione.

E poi ci sono le ragazzine che Pasolini descrive assumendo il punto di vista dei ragazzi di borgata: …quelle sceme, coi costumini stretti, stretti e tutte capelli passeggiavano su e giù senza fermarsi mai, come se c’avessero il ticchio nervoso.

Le adolescenti timide e impacciate e non prive di scaltrezza non escono mai sole, allo scopo di scoraggiare le insolenze maschili e farsi scudo a vicenda. Hanno appreso presto che in quanto femmine devono difendersi dalle molestie maschili; con abilità si sottraggono ai dispetti e ridono della goffaggine dei ragazzi che fanno di tutto per attirare la loro attenzione.

Una sottile e contraddittoria volontà di cambiamento si coglie in Irene, che è attratta dalla vita urbana, sogna una famiglia tranquilla, lavora, va al cinema con Tommaso, però quando riceve uno schiaffo dal fidanzato piange e non protesta.

La ribellione delle donne è ancora lontana.

Nei romanzi romani di Pasolini prevale la figura della madre, oppressa dal marito, dai figli, dalla miseria, e solo più tardi negli Scritti Corsari e nelle Lettere Luterane lo scrittore affronterà il discorso sul ruolo della donna nella società contemporanea.

L’attenzione per gli esclusi ci rivela l’aspirazione a un umanesimo autentico che non potrà essere realizzato da una società consumistica, di cui Pasolini con voce profetica e parole taglienti denuncia gli effetti negativi sia rispetto all’idea di giustizia sia rispetto alle relazioni interpersonali.

Pier Paolo Pasolini ci offre l’esempio di un intellettuale libero al servizio della società civile e l’originalità del suo pensiero, che ha suscitato scandalo e polemiche, ci porta a riflettere sulla nostra contemporaneità, che insegue un modello di sviluppo incapace di garantire la felicità dell’uomo.

Finché l’uomo sfrutterà l’uomo, finché l’umanità sarà divisa in padroni e servi, non ci sarà né normalità né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui. (Pier Paolo Pasolini)

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