Di Marina Fichera #Amarcord

Il 2 agosto di trentasei anni fa accadde qualcosa che cambiò la storia della mia famiglia. Uno di quegli strani eventi di dinastie perdute e amori fiammeggianti che sfociano in abbandoni feroci. Esattamente trentasei anni fa conobbi mia nonna. Quel giorno la madre di mio padre, di cui non conoscevo l’esistenza in vita fino a pochi mesi prima, stava per arrivare dalla Spagna.
Avevo visto le foto, era una sorridente donna andalusa di sessant’anni, che aveva girato il mondo e non aveva proprio nulla della classica nonna del nostro innocente immaginario infantile. L’avremmo poi ribattezzata “Nonna Olè” per la sua instancabile verve.

L’eccitazione di noi bambini era palpabile, in una calda giornata dei primi d’agosto non saremmo andati al mare ma all’aeroporto a prendere la nonna. Quante cose avrei avuto da raccontare a settembre, se solo avessi avuto più amiche alle scuole medie!

Il 2 agosto di trentasei anni fa accadde qualcosa che segnò la storia più nera e sporca dell’Italia. Alle 10.25 una bomba esplose alla stazione di Bologna. Venivamo da anni molto bui, anni in cui abbiamo corso il rischio di accettare ciò che stava accadendo, senza più reagire, sfiniti dal dolore.

Ma dopo Bologna nulla fu più lo stesso. Ottantacinque vite spezzate da un terrorismo cieco e feroce sconvolsero le vite di tutti gli italiani. E scossero la coscienza civile di un Paese che aveva voglia e bisogno di rialzare la testa, di voltare pagina e dire basta a una violenza senza senso che aveva governato le vite di ciascuno di noi per oltre un decennio.

Il 2 agosto del 1980 ricordo che guardammo il TG della sera sul primo canale RAI – ai tempi c’era solo quello o poco più – con la “nuova” nonna accanto, in silenzio. Dopo nulla fu più lo stesso.