Elena di Sparta – di Loreta Minutilli

Voce alle Donne

recensione di Emma Fenu

 

elena sparta

 

Elena di Sparta è un romanzo della giovane Loreta Minutill edito da Baldini Castoldi nel 2019.

Di cosa tratta Elena di Sparta?

Le fecero credere di essere una dea, nata da un uovo che Zeus fecondò trasformandosi in cigno.

E lei ci credette o volle farlo. E si compiacque, fin dai primi passi, della propria bellezza e perfezione, concedendosi alle lodi, ai massaggi di oli, all’ammirazione per il corpo perfetto.

Solo un corpo. Un corpo che conosceva in ogni dettaglio, che confrontava con quello della sorella Clitemnestra, così diversa da lei, così dura, forte, indomita.

Poco più che bambina, Teseo la rapì e la stuprò e fu riportata a Sparta per vendicare l’offesa; lei, solo un corpo lacerato, imparò dalla madre del suo aguzzino che se, si finge piacere, si ottiene il potere e che l’avvenenza diventa non soltanto campo di battaglia di carne, ma arma celata in un sorriso, in un sospiro, in un gemito.

Clitemnestra andò in sposa ad Agammenone e Elena a Menelao, di lui fratello, diventando regina di Sparta e madre di Ermione.

Ma non le bastava?

Odisseo era forse pago della sua Itaca, della sua Penelope e del suo Telemaco?!
Anche Elena aveva sete di conoscere e di essere libera. Di essere voce, non solo corpo.

No, non amava Paride: per lui Elena era un trofeo, per lei Paride era uno strumento per raggiungere Troia, la città dove le donne potevano uscire, scegliersi mariti, avere amanti, ballare intorno alla statua della Dea fino a svenire.

Lo sapeva che una guerra si sarebbe scatenata e non a cagion sua lei, ma per le ragioni politiche e economiche.

Lo sapeva anche Cassandra, figlia di Priamo, come andavano le cose e come sarebbero andate. Sapeva più di tutti e più di tutti era libera.

Elena la seguiva vestita da popolana in luoghi che una regina non conosce, soprattutto se è greca.

Perchè ha fatto tutto questo?

Perché ha mentito, sfidato, ucciso?

Perché un corpo senza voce è un simulacro; non è vera la storia di una finta Elena trasportata per mare.

Non ha pentimenti e rimorsi, Elena. Non si sente in colpa per aver tradito la patria e il marito, per non avere istinto materno, per avere il cuore gelato dalla violenza. Violenza dell’amplesso e dell’inivisibilità fuori dal talamo.

Perché nessuno le ha chiesto informazioni sui re greci, visto che lei era una di loro?

Perché nessuno la ascoltava, condannandola ad essere la versione composta e algida di Cassandra?

Perché leggere Elena di Sparta?

Il romanzo è scritto in prima persona, come un diario intimo, sincero, colloquiale, da donna, anzi ragazza, di ogni epoca e paese condannata per essere tale.

Niente eufemismi nè retorica nelle parole secche della protagonista, a tratti cinica, che non si nasconde e neppure si ostenta: è ciò che è.

Persona. Viaggiatrice. Desiderosa di libertà e conoscenza. Innamorata di se stessa. Intuitiva e scaltra.

Proprio come Odisseo, ma certo non considerata un’eroina.
Elena di Sparta è bella da possedere, da penetrare, da esibire. Non la si ama, la si compra. E se le hanno datto della sguardrina per aver seguito Paride, la hanno cresciuta come tale, privandola del rispetto e dell’amore fin dal menarca.

Troverà pace con lo sfiorire del corpo, davanti a qualcuno che le consentirà di avverare il suo più grande desiderio: narrare.

Chi è colui che per la primo la ama davvero? Chi è colui che la ascolta? Chi è colui che ne coglie l’anima nella voce?

Cominciate a esserlo voi. La storia non è così lunga e tantomeno inedita. Lasciatele l’onore dei suoi versi, perché resti il ricordo di una donna che scelse di scegliere. A scapito di tutto.

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Sinossi

Quando, dopo dieci anni e dopo il famoso assedio di Troia da parte dei Greci, Elena viene riportata in patria, Menelao ha solo una domanda da farle: perché?

Perché ha deciso di scatenare una guerra? La risposta di Elena è semplice.

Le sembrava l’unico modo per dimostrare a tutti l’esistenza di Elena di Sparta, l’unico modo che aveva di essere ascoltata.

«Racconta, all’ora», le dice Menelao.

Ed Elena comincia a raccontare.

Fin da piccola l’idea di essere considerata una dea le era parso qualcosa di grandioso, presto quella pura illusione si infrange.

Teseo la rapisce e la stupra, quando Castore e Polluce, suoi fratelli, vanno a riprendersela viene data in sposa a Menelao e diventa la regina di Sparta.

Ma Elena non si accontenta e decide di fuggire con Paride verso Troia, città in cui le donne contano quanto gli uomini, in cui possono scegliersi i mariti.

Presto però si rende conto che anche lì il suo parere non è richiesto.

Elena racconta non per ammettere colpe né per giustificarsi.

Non vuole essere compresa o perdonata, lo fa perché la sua storia, quella di una donna prigioniera del proprio corpo o identificata con esso agli occhi degli uomini, possa infine uscire dalle sue viscere e trovare pace.