Barbie diretto da Greta Gerwig

Voce alle Donne

Recensione di Emma Fenu

 

barbie

 

Barbie è un film del 2023 diretto da Greta Gerwig, già campione di incassi.

Cosa non vi scriverò su Barbie

 

 

Gli articoli e i commenti, autorevoli o meno, che hanno preceduto l’avvento di Barbie nelle sale cinematografiche e sono continuati dopo la visione sono molto numerosi e esaustivi.

Se volete sapere la storia della bambola, nonchè i dettagli scenografici e tecnici della pellicola, e le polemiche suscitate non avete che l’imbarazzo della scelta.

Io vi pongo le mie riflessioni a caldo, dopo aver visto Barbie, e aver sorriso e pianto. Perchè non è solo un film per bambini, nè solo per donne.

Non importa se avete giocato con Barbie e la amate.

Non importa se la avete, in adolescenza e età adulta, rinnegata.

Non importa se la avete da sempre detestata.

Non importa se siete abbastanza adulti da aver vissuto gli anni Ottanta e Novanta, e non vi siete, allora bambini, posti nessun problema se Barbie ha un trucco permanente, i piedi a punta, le gambe troppo lunghe per non ruzzolare e il bacino troppo piccolo per contenere utero e ovaie.
E, ancora, non vi siete scandalizzati se Barbie è una donna perfetta, vincente e ricca, ossia finta.

Come non vi siete posti il problema del perché Cicciobello non facesse la cacca puzzolente  o del perchè Baby Mia avesse sguardo e voce da film horror o del perchè, attraverso l’uso inconsapevole dell’imperfetto (“facciamo che io ero”), il verbo del sempre in fieri delle fiabe, noi, da consumati antropologi, mettevamo in scena riti di iniziazione.

Del resto sono BAMBOLE: fatevelo spiegare da un bambino.

 

Cosa vi scriverò su Barbie

barbie

Se è vero che Barbie è una bambola, questo ne spiega i limiti funzionali, ma non depaupera la potenza del messaggio: ossia l’indipendenza economica femminile, lo stereotipo di bellezza affiancato all’inclusione, negli ultimi 15 anni, della diversità, e, molto prima, della multicultura in una società in cui colore della pelle, abbigliamento e credo religioso si proponevano come valore.

Barbie cerca di avvinarci al mondo delle bambine e ne influenza i desideri per soddisfare le leggi di mercato. Come praticamente tutto quello che acquistiamo professandoci liberi o il marketing, che è una scienza e non una frode (non sempre), non esisterebbe.

Il film inizia rievocando, con colonna sonora e gestualità, l’iconico 2001 Odissea nello spazio, prodotto e diretto da Stanley Kubrick e Arthur C. Clarke nel 1968, non troppo lontano dalla creazione della bambola, dove in un’ipotetica alba dell’umanità, i primati diventano uomini creando armi, dal rudimentale osso fino alla bomba atomica.

La stessa scena si ripete in Barbie, ma qui leziose bambine diventano bestali e distruggono, lanciandoli verso l’alto, i bambolotti, simbolo del loro tracciato destino di madri e angeli del focolare.

Un ottimo inizio, che precede la descrizione della vita a Barbieland, con il sottofondo del rumore di gomma e di saluti fra tutte, che si chiamano Barbie, e tutti, che si chiamano Ken e delle prime sono accessori, in una società in cui il potere e il denaro è in mano alle donne.

Ma qualcosa spingerà Barbie e Ken ad andare nel mondo reale, dove scopriranno il patriarcato che impera.

Ken, che è un debole, ne resta affascinato e trasforma il mondo di plastica in quello dei Ken, che per paura e sopraffazione, sono stati considerati per anni di serie B e ora, grazie alla resa alle armi delle Barbie, mettono in scena tutti gli stereotipi e le scomode verità del maschilismo.

 

Il messaggio finale è molto interessante perché va oltre il femminismo storico, pur prezioso, per proporre una società basata sulla parità, dove non è necessario essere nessuno tranne se stessi, nè è fondamentale trovare completezza nella coppia o in una struttura sociale: il proprio valore sta nella consapevolezza, nell’autodeterminazione e nel rispetto della libertà.

Una bella lezione di educazione sentimentale con quel pizzico di ironia e di amarezza che fanno parte della vita oltre Barbieland.

ATTENZIONE (PICCOLO) SPOILER

Barbie, infine, decide di entrare nel mondo reale come donna, affrontando ogni forma di violenza di genere, e ogni decadimento fisico, dalla depressione alla cellulite, dai piedi piatti alla morte.

Perchè lo fa?

Per la sindrome dell’invidia degli Dei, la stessa che spinge Circe della Muller ad interrogarsi sulla felicità e sulla passione: un mortale conosce invecchiamento e dolore ma, proprio in quanto non vive per sempre, ogni esperienza, ogni prima e ultima volta, ogni gioia e successo, ogni perdita e struggente malinconia rendono gli istanti intensi, densi di carne e sangue.

L’ultima frase, esilarante, contiene una verità assoluta sulla quotidianità del femminile in un luogo di cura ed esaltazione della sacralità muliebre e delle scelte di tante, infinite, barbie… pardon, donne.

 

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