Recensione di Chiara Minutillo

Vanessa Diffenbaugh, “Le ali della vita”, Garzanti, 2015

 

Le Ali Della Vita

È notte fonda quando Letty decide di scappare di casa per trovare i suoi genitori. Abbandonati nei loro letti ci sono i suoi figli, Alex e Luna, lasciati a prendersi cura di se stessi. Letty sente di non avere la stoffa per fare la mamma, ma la scelta dei suoi genitori di rientrare nel paese natio non le lascia scampo: che lo voglia o no, Letty è madre e dovrà imparare a comportarsi come tale. Al suo rientro dal Messico, la situazione è disastrosa. Tra paure e incertezze, felicità e dolore, rabbia e perdono, Letty capirà di non essere sola e, grazie al figlio Alex, comprenderà che non è mai troppo tardi per guarire dalle ferite, spiegare le ali e spiccare il volo.


Ognuno di noi ha un paio di ali, per librarsi nell’aria e volare lontano. Ali che possono essere una benedizione, l’unico modo per fuggire ad una vita dolorosa. Ali che possono trasformarsi in maledizione, quando scappare diventa una fuga dalle responsabilità.

Dopo il grande successo, registrato qualche anno fa, con il romanzo “Il linguaggio segreto dei fiori”, Vanessa Diffenbaugh torna con un nuovo libro, la storia di una vita piegata, ma mai spezzata dalle circostanze e dalle azioni sbagliate. Una storia terribilmente moderna, che si snoda tra mille sentieri fatti di parole, indecisioni, bugie e delusioni.

“Le ali della vita” è formato da 330 pagine cariche di drammaticità e impregnate di speranza. Pagine in cui scovare grandi temi di attualità trattati con semplicità e scorrevolezza: bullismo, immigrazione, maternità. Proprio quest’ultima è uno dei fili che guidano il lettore tra errori e inganni, amore e desiderio di dimostrare, prima di tutto a se stessi, il proprio valore. Letty e Alex crescono, davanti ai nostri occhi, assieme, parola dopo parola e riga dopo riga. Crescono e maturano, tenendosi per mano, madre e figlio, ognuno con le sue ferite e le sue cicatrici che li rendono più simili di quanto possano immaginare.

Un romanzo che non può lasciare indifferenti, mentre, come variopinti uccelli in volo, ci trascina via, lontano dai guai, dalle paure, dalle frustrazioni, verso un cielo dipinto di azzurro, dove trovare la libertà. Perché la vita c’è, esiste e pretende di essere vissuta, anche in mezzo alle ferite. Anche quando pensiamo che le nostre ali non siano più in grado di sollevarci.

Dopo cena tutti e tre si sedevano in fila sul divano a guardare la televisione, parlandosi sottovoce, con cautela, e ponendo domande invece di avanzare richieste. Avevano paura di stare insieme, ma anche di stare separati. Persino con una stanza libera a disposizione, dormivano tutti e tre nella stessa: Alex in un letto singolo sotto la finestra e Luna nel letto matrimoniale contro la parete opposta, con la guancia sudata incollata a quella della madre e le braccia strette intorno al suo collo.

Tratto da:

https://unastanzatuttapersblog.wordpress.com/2015/10/22/le-ali-della-vita-di-vanessa-diffenbaugh/