“La bambina ribelle” – di Nafisa Haji
Recensione di Lisa Molaro.
Terminare la lettura di questo primo romanzo della scrittrice indo-pakistana Nafisa Haji, è come uscire, a piedi nudi, da una casa piena di colori.
“Il dito in movimento scrive e avendo scritto avanza. Né pietà né arguzia lo indurranno a cancellare mezza riga, né le tue lacrime una sola parola laveranno.” Rubaiyat di Omar Khayyam
Un dito traccia lettere, in perfetta sequenza, sulla fronte tesa dalla paura.
Polpastrelli di dita materne suggellano legami incapaci di nascondersi dentro le più ferree finzioni.
Questa è la storia di Saira.
Saira è una bambina, una figlia, una sorella, una nipote, un’amante, una…
Ognuno di noi ha un ruolo identificativo, sempre e ovunque. Sentirne l’importanza, le convenzioni, le aspettative, i doveri e i diritti è tatuarsi, come fosse hennè dai molteplici simboli intersecati, la consapevolezza.
Nafisa Haji, con uno stile narrativo scorrevole e fluido, ci porta a sentire i profumi speziati di una Bombay – poi divenuta Mumbai – protagonista di bisbiglii in rivolta; ci porta in Pakistan, a Londra e negli Stati Uniti.
E tutti i diversi suoli si fanno canovaccio su cui vengono intrecciati fili dalla diversa brillantezza ma dallo stesso materiale.
Nafisa Haji, con armonica mescolanza di colori, ci porta a visitare parte di un mondo in fermento, tra generazioni figlie di una stessa quercia di vita.
E la quercia ha una spessa corteccia, coriacea, di tradizioni ancorate, respirate, intessute.
Braccia, come figli, si diramano a sfiorare il cielo, o il suolo.
Questo romanzo è fatto da contrasti: un Dio da cui distanziarsi, da cui fuggire o a cui aggrapparsi per un perdono impossibile da ottenere dall’esterno.
Le figure femminili, narrate dall’Autrice, sono, quasi tutte, pietre impossibile da sgretolare.
Il triangolo femminile della nostra dinamica familiare lasciava mio padre, da un punto di vista geometrico, su un piano assai distante, un punto isolato il cui rapporto con noi non si poteva descrivere in precisi termini matematici. Suppongo che fosse naturale: era un uomo. Io, però, provavo disagio per questa spiegazione semplicistica della sua esclusione e mi sentivo in qualche modo responsabile per non essere nata maschio.
Scappare dalle origini, scappare dagli ideali paterni, cercare stabilità economica altrove, è come continuare a creare un cerchio attorno a un asse in bilico.
Prima o poi, la voce inudibile alle orecchie, trova il modo di farsi ascoltare.
E le dita scrivono, in fronte, preghiere.
In queste pagine delicate, c’è rispetto per la donna e per l’uomo. Ci sono figure femminili che portano, per propria scelta personale, il velo che copre i capelli e mariti infelici di queste scelte; ci sono matrimoni felici e altri abbandonati.
Ci sono vite dentro la Vita.
Ci sono andate e ci sono ritorni.
Come elastici mai statici.
Regole dettate dalla convenzione, baci dati di nascosto, parti irriverenti in recite celate.
Ci sono bugie. E ci sono verità.
Allontanarsi dai princìpi nell’interesse della convenienza è la strada per il disastro.
S’incrina il fragile guscio, la crepa diventa ragnatela.
Il cielo cade a terra, l’11 settembre.
In bocca il sapore della polvere; pochi giorni dopo, sull’asfalto una macchia di sangue.
Crollano le convenzioni, le certezze.
La strada frana sotto i piedi e una pistola se ne sta a mezz’aria, sopra le teste di molti, è un incubo?
Mani bambine disegnano una madre al suolo.
La madre?
Una mano si apre e si chiude, in modo ritmico, sulla propria pancia vuota, ancestrale espressione di protezione materna.
Cosa può far fare il desiderio di perseguire i propri obiettivi?
Attorno – e in mezzo – a tutto ciò, abita la sua vita Saira.
La necessità di testimoniare la vita altrui, quasi fosse una compensazione della cecità verso la propria, detta il ritmo alle sue parole.
Per me non serve a nulla essere al sicuro se si ha torto.
Non voglio parlare molto della trama intessuta da Nafisa Haji; preferisco lasciarvi una serie di parole chiave: ribellione, obbedienza, armonia, sorellanza, fratellanza, gender, giornalismo, testimonianza, povertà, ricchezza, 11 settembre, paura e paura dell’odio, religione, Gandhi, scatto fotografico, Jane Austen, indipendenza femminile, matrimonio obbligato e non, capelli violi, capelli coperti, tabacco in bocca, rossore, fuga, anello che si chiude, destino che si ripete, consapevolezza, infertilità, fertilità, aborto, adozione, segreto, finzione, verità.
Mi fermo anche se potrei proseguire ancora per un bel po’ di righe.
Mi fermo perché i libri vanno vissuti in modo indipendente.
Anelli di parole, anelli alle dita, anelli di vita.
Buona lettura,
Lisa.
Sinossi:
È sera. La piccola Saira, giovane pachistana nata in America, ha gli occhi chiusi. Sua madre è seduta sul bordo del letto e le sfiora la fronte con la mano, tracciando parole di una preghiera del Corano, per placare i suoi incubi di bambina. Saira non le ha mai capite quelle parole, non le ha mai volute ascoltare. Sin da piccolissima, a differenza della sorella maggiore Ameena, ha sempre rifiutato con forza la tradizione. Era l’unica a indossare i pantaloni, a portare i capelli corti, a strapparsi il velo ogni volta che la obbligavano a metterlo. Sono passati anni da allora, anni in cui Saira ha lottato duramente per conquistare il bene più prezioso, l’indipendenza. Ma questa scelta si è portata dietro un prezzo, una colpa inconfessabile. Almeno fino a ora. Perché, quando la tragedia colpisce inaspettatamente la sua famiglia, Saira capisce di non avere alternative: deve tornare alle sue radici, ripercorrere la strada del passato e deve trovare, una volta per tutte, la forza di ascoltare quelle parole del Corano e guardare negli occhi coloro che sono venuti prima di lei. Ad attenderla, tra l’America alla vigilia del cambiamento e il Pakistan sull’orlo della violenza, ci sono segreti e tradimenti, bugie e sofferenze, sorprese e legami inaspettati. Solo affrontandoli Saira potrà saldare i conti con i propri errori mai espiati e potrà prendersi cura di chi ha veramente bisogno di lei.
Titolo: La bambina ribelle
Autore: Nafisa Haji
Editore: Garzanti Libri (3 settembre 2009)
Collana: Narratori moderni
Pagine: 284