“Io sono Malala” di Malala Yousafzai e Christina Lamb
recensione di Emma Fenu
Questa storia inizia in un Eden, un giardino dipinto di fiori vellutati e frutti succosi, dove la terra cela nelle proprie viscere il verde dello smeraldo e regala, in superficie, prati, laghi, torrenti e cascate che solcano una valle dove tutto sembra plasmato dalle mani di un Dio benevolo e generoso.
E una piccola Eva venne alla luce, all’alba, affamata di vita e sapere, laddove nascere donna è una sfida.
La valle è quella dello Swat, in Pakistan, e la bimba si chiama Malala.
Non è leggenda, non è mito: è Storia.
Bandito il dolce suono del “c’era una volta”: questa è una favola dal finale da scrivere, con la penna, l’unica arma con cui si può cambiare il mondo.
“Io sono Malala” è un libro che non si fregia di artifizi letterari, ma che ha lo stesso impeto fiero delle parole che la ragazzina, insignita del Premio Nobel per la Pace, pronunciò davanti ai delegati delle Nazioni Unite, per promuovere il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini, anche se poveri, anche se figli di nazioni dove la libertà è matrigna.
In uno stato presidiato dai talebani, Malala ama la scuola e le risate fra compagne; rispetta con orgoglio le tradizioni del suo popolo, ma auspica un futuro a misura di donna; disegna sulle proprie mani, con l’hennè, calcoli e formule chimiche, al posto di fiori e farfalle; cita Obama e conosce la saga di Twilight; scrive un blog sulla situazione politica del Pakistan e prega Allah di diventare più alta.
È una quindicenne ricca di sogni, quando, un giorno, essi vengono trapassati da tre colpi di pistola sul volto.
Ma Malala non muore.
Resta Malala.
Sempre, dovunque e comunque.
Miracolosamente scampata ad un attentato talebano.
Ancora pronta a non soggiacere al silenzio, dotata di grandezza, nonostante i suoi pochi centimetri e i suoi pochi anni, come le montagne della valle dove la sua storia ebbe inizio con un vagito.
Titolo: “Io sono Malala”
Autori: Malala Yousafzai e Christina Lamb
Edizione: Garzanti, 2013
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