Io sono Ava – di Erin Stewart
Recensione a cura di Lisa Molaro
“Io sono Ava” di Erin Stewart, è il romanzo con cui la Garzanti ha inaugurato la nuova collana di narrativa per ragazzi: Libri ribelli
Parto con lo scrivere che ho terminato di leggere questo libro ieri; le 336 pagine sono scivolate via in fretta, tra emozioni diverse, diversi colori e diverse intensità.
Questo libro – ritenuto “Il miglior libro dell’anno” dai librai americani – cattura il lettore dentro la sua trama, dentro righe di inchiostro che avvampano e lacrime che lucidano lo sguardo. Sì, mi sono commossa, davvero e non per dire. Per me entrare in empatia con i personaggi di carta (o con le persone che realmente mi circondano) non è mai stato un problema – anzi! – eppure sentir affiorare le lacrime, leggendo un romanzo, non mi risulta abituale. Stavolta è una di quelle sporadiche volte, questo è un romanzo forte, potente; un romanzo che arde, scava, brucia, toglie e dona.
Di certo non si tratta di una lettura indicata solamente per gli adolescenti: consiglierò questo libro alle figlie dodicenni delle mie amiche ma lo suggerirò anche alle mie amiche che l’età della maturità se la sono lasciata alle spalle da un po’!
Perché? Perché Ava è una vittima – no, non è una vittima, lei ai termini ci tiene! – ma una sopravvissuta a un evento traumatico tremendo.
In un arco temporale piccolissimo, i suoi sedici anni si stravolgono, si stravolge la sua casa, si stravolge la sua famiglia, si stravolge LEI.
In questo libro il Prima, Il Durante e il Dopo, si sfumano e si rimbalzano la scena, come in ogni terapia di psicanalisi.
Ava era mille cose. Era una ragazza che adorava cantare. Era una ragazza con tanti amici. Era una figlia amata che adorava i genitori. Era la cugina di Sara e tra le due il rapporto era di assoluta sorellanza.
Ava era mille cose.
Ora è solo la ragazza con le cicatrici, cicatrici che segnano il sessanta percento del suo corpo; ora ha un buco al posto dell’orecchio, le sue dita, ora, cercano i capelli da arricciare attorno al dito ma i capelli, in gran parte della testa, ora non ci sono più.
La storia delle mie cicatrici è questa: il soffitto è crollato prima che mio padre mi spingesse fuori dalla finestra, per questo il mio viso, il cuoio capelluto, le braccia e la parte alta della schiena si sono ustionati. Le gambe invece sono un mix: ginocchia e polpacci sono ustionati, le cosce no, grazie ai pantaloncini che indossavo, e le mie pantofole Ugg mi hanno salvato i piedi. La maglia del pigiama ha mantenuto la parte centrale del mio corpo – pancia, tette, fondoschiena – relativamente illesa.
Certo, il fatto di prelevare pelle per gli innesti ha ridotto a uno schifo le zone non ustionate, e poi abbiamo staccato l’alluce per la mano, quindi adesso non c’è davvero nessuna parte di me che l’incendio non abbia fatto sua. (E comunque, prelevare non lo dico io, è un termine dei dottori che mi fa sentire come se fossi stata rapita e sondata dagli alieni. Come se avessi bisogno di sentirmi più extraterrestre di così.)
Ava ora è “La ragazza bruciata”.
Aveva tante cose, prima, ora ne ha una immensa e pesante, si chiama senso di colpa, per essere sopravvissuta ai genitori, alla cugina, alla vita di prima.
Lei ha perso madre e padre, i suoi zii hanno perso la figlia.
Tra queste pagine c’è chi stringe e chi allontana, chi attira, chi cozza, chi fa da collante e chi da solvente.
E io sono un’intrusa: un’usurpatrice che cerca di riempire lo spazio di due ragazze senza farne nemmeno una intera.
(…)
Prima pensavo alla pelle come a qualcosa di continuo, ma la mia è più come il copriletto di Sara sotto di me: una macabra trapunta cucita insieme. Qualche pezzo è originale, alcuni sono coperti di cicatrici, e poi ci sono gli innesti presi da altre parti del mio corpo, come in un epidermico gioco delle sedie.
Come al solito, non voglio anticipare troppo della trama (per questo dovrà bastarvi la sinossi ufficiale che vi riporto in fondo all’articolo).
Scrivo però che il lettore precipita – questo è il verbo corretto – dentro la vita di un mondo adolescenziale in cui, come è normale purtroppo aspettarsi, l’aspetto estetico è la prima etichetta che ti identifica nella società.
Identificare = transitivo usato per “Considerare identico, stabilire un rapporto di coincidenza o di uguaglianza fra più elementi”.
In una massa di uguali, anche solamente una frangetta un po’ più asimmetrica può essere motivo di scherno… provate solamente a immaginare cosa può essere stato, per la ragazza bruciata percorrere i corridoi della nuova scuola.
Servirà l’aiuto delLa ragazza sulla sedia a rotelle e del ragazzo con la pelle meno bianca.
No, non immaginatevi vittimismo o frasi ethically correct, qui ci sono guaine compressive a strisce rosa shocking!
Nulla viene edulcorato o reso “più sopportabile” eppure il dolore viene, dall’autrice, sapientemente mescolato alla speranza e alla forza della resilienza.
In questo romanzo viene sbattuto in faccia al lettore, lo stupido giudizio di chi non vede la persona sotto il corpo; bullismo, diversità, calunnie, esclusioni… atteggiamenti che bruciano tanto quanto le fiamme degli incendi.
Ci sono parti di noi che le fiamme possono non ledere… lo facciamo noi stessi, però, non riconoscendoci più il diritto di esistere.
Ava crede di essersi persa, crede di non poter sognare la vita di prima… semplicemente perché quella è andata in cenere, volatilizzata, scomparsa, cancellata… come Ava di prima, come quel profilo facebook che non apre da un anno, come le sue amiche, il suo ex ragazzo, la sua vecchia scuola, la sua passione per il canto e per il teatro.
Stop, non si può riavere e quindi non si può desiderare.
Ava ha patito talmente tanto caldo da essersi gelata dentro.
L’affetto delle persone che la circondano, però, saranno altrettanti schiaffi in faccia.
Persone che non “fanno le cose per lei” ma che intendono farlo “con lei”. Persone che a lei si sono aggrappate per sopravvivere a loro volta.
Perché aiutare – e io ne sono fermamente convinta da sempre! – è potente tanto quanto essere aiutati. Attivo – passivo… poca differenza, a volte!
E allora La ragazza sulla sedie a rotelle che si trasforma nella ragazza che ha preso troppe pillole inverte il suo ruolo e da ragazza piena di grinta, solare, spaccasassi, ironica, satirica, allegra e colorata diventa apatica, inerme, statica, muta.
«Mio padre dice che le vittime di ustioni hanno molte più probabilità di cadere in depressione.»
«Sopravvissuti», dico.
«Scusa?»
«Hai detto vittime. Si dice sopravvissuti alle ustioni. Non siamo morti.»
La Ragazza con la fenice tatuata sulle scapole diventa Bisognosa.
Ma se non si ascolta in non verbo, il bisogno scivola silenzioso in mezzo alla notte. Nessuna stella a illuminare il telefono che suona e a cui Ava non risponde.
Silenzio.
Schiaffo in faccia, un ciondolo cade a terra – prima, dopo? – tintinna una piccola campana annerita dal fumo. Qui c’era la cucina, qui la mia camera, sotto quest’albero gigante, quando papà tornava dal lavoro, io correvo fuori e lui mi prendeva tra le braccia. Diceva: “Sei pronta per volare?”. Poi mi lanciava in aria, talmente in alto che mi veniva quel vuoto allo stomaco da montagne russe. Mi sentivo come se la terra e mio padre fossero a un milione di chilometri da me. Per una frazione di secondo, in alto, andavo in panico. Ma poi vedevo il viso del mio papà e le sue braccia allungate per afferrarmi. Mi stringeva al petto e sussurrava: “Ti prenderò sempre”. Ma i papà non prendono sempre le loro bambine.
«Sai che cosa diceva John Wayne?»
Scuoto la testa. «So a malapena chi è John Wayne.»
Glenn ride. «Be’, allora ecco la prima lezione: “Coraggio è essere spaventati a morte, ma montare comunque in sella”.»
In situazioni di emergenza vengono prontamente attivate da parte delle persone coinvolte difese psicologiche molto potenti; tra queste difese ci possono essere reazioni di negazione o di rimozione… tutti atteggiamenti che indicano quanto forte possa essere l’angoscia e l’impossibilità (più che comprensibile) di accettare l’evento drammatico subito. Ecco quindi che l’analista (nel libro rappresentato dalla dottoressa Layne) svolge il suo compito accompagnatorio nel rintracciare il materiale dimenticato, nel riportare alla coscienza ciò che è stato rimosso, nel fare opera archeologica di dissotterramento portando Ava a gettare al vento cenere sparsa su un terreno focale.
In situazioni di emergenza, scrivevo sopra, ognuno trova le sue scappatoie, le sue finestre da aprire – o da chiudere – reagendo a proprio modo; in questo romanzo le finestre chiuse, tanto quanto le diverse ancore, sono svariate e non sempre evidenti… come non sempre evidenti sono le cicatrici di ognuno.
Nell’immagine che inserisco sotto ho messo le copertine originali del libro, la parrucca rosa aveva il suo giusto risalto… perché, delle volte, evidenziare è esorcizzare!
Finché si giunge a pronunciare ad alta voce: “Ho paura”… da lì, forse, qualche passo smette di essere in salita.
Un romanzo da leggere, senza dubbio alcuno!
Un romanzo che è un inno all’amicizia, al potere ingabbiato dentro ognuno di noi, alla resilienza, alla lotta, alla voglia di vivere, alla rinascita, alla metabolizzazione (che non significa “dimentare”), all’ascolto, alla genitorialità, all’amore, alla sorellanza, alla fiducia.
Un libro che è un inno alla capacità di perdonare e di perdonarsi; alla capacità di riguardare il prossimo in faccia e di guardare se stessi senza abbassare lo sguardo davanti allo specchio!
E ricordatevi, al di là delle menate motivazionali tanto poco care ad Ava: tutti siamo molto più del nostro corpo!
Scars like wings, cicatrici come ali!
Titolo: Io sono Ava
Autore: Erin Stewart
Editore: Garzanti (13 febbraio 2020)
Sinossi:
Ava era mille cose. Era una ragazza che adorava cantare. Era una ragazza con tanti amici. Ora è solo la ragazza con le cicatrici. È passato un anno dall’incendio in cui ha
perso i genitori. Un anno in cui Ava ha tagliato i ponti con il mondo perché le fa troppa paura. Ora è costretta a tornare a scuola. Una scuola nuova dove non conosce nessuno. Una scuola che – ne è sicura – sarà piena di ragazzi che non faranno altro che osservare il suo viso per poi allontanarsi spaventati. Chi vorrebbe mai fare amicizia con lei? Quali nuovi modi di prenderla in giro si inventeranno i suoi compagni?
Non appena si avventura in quei corridoi i suoi incubi si avverano: non incrocia nessuno sguardo e, al suo passaggio, sente solo sussurri. Fino a quando i suoi occhi non incontrano quelli di Asad e Piper, gli unici ad avere il coraggio di andare oltre il suo aspetto. Di vedere la vera Ava dietro le cicatrici. Perché anche loro si sentono soli e incompresi. La loro amicizia la aiuterà a ricominciare. Le farà capire che nessuno è diverso, ma ognuno è unico così come è.
La storia di una ragazza che scopre la forza che ha dentro di sé. La storia di un’amicizia più forte di tutto. Il libro che dalla stampa e dai lettori è stato definito il nuovo Wonder.
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