Una serata con Andrea Marcolongo e il suo De Arte Gymnastica
Voce all’Irreale
A cura di Altea Alaryssa Gardini
Il 12 giugno, all’interno del Festival ScrittuRa, a Lugo di Romagna, ho partecipato alla presentazione di De Arte Gymnastica e ho passato una serata con Andrea Marcolongo ed edito per Laterza nel 2022.
Si è parlato di cultura, di running e di conoscenza.
Un diario di come si prepara una maratona letteraria, ovvero della stesura di questo bellissimo libro, ma anche di vita.
il dovere dell’umanità è apprendere di non essere costretti ad appoggiarsi ad artefici, al sentito dire, a cose che non portano a nulla. Anzi, l’unico dovere che abbiamo è imparare a formare un personale pensiero critico unico, originale e libero da conformismi.
Ad intrattenere la conversazione con l’autrice: Matteo Cavezzali, scrittore e mattatore del Festival di ScrittuRA.
Vi lascio qui di seguito il link alla mia recensione del libro:
De Arte Gymnastica di Andrea Marcolongo
Dopo l’incontro ho avuto il piacere di parlare qualche minuto con Andrea Marcolongo. Come al solito, da me, non aspettatevi un’intervista come la trovereste nei quotidiani. Io mi emoziono e ricordo una bambina che conosce la sua nuova migliore amica.
In fondo, quando si parla di libri e cultura, fare domande sembra inquisitorio, meglio parlare da pari o quanto meno provarci.
Da una discussione nasce sempre qualche spunto, un’idea e questo arricchisce gli interlocutori e il mondo.
A.G: Comincio questa intervista, dicendo che ho conosciuto il tuo libro “La lezione di Enea” durante la notte degli eroi, l’evento di del Circolo Lettori di Torino a cui abbiamo assistito tutti in diretta streaming per via del lockdown.
E mi è venuto in mente, leggendo il tuo ultimo libro De Arte Gymnastica (edito per Laterza nel 2022), che possiamo considerare i tuoi scritti come una letteratura degli svantaggiati. In La Lingua geniale, Il Greco come lingua parte già svantaggiata, Enea è un personaggio che parte svantaggiato per via della città di Ilio in fiamme, per passare all’arrivo a Cartagine dove Didone proietta su di lui tutti i suoi traumi e poi ho pensato: Questo, il De Arte Gymnastica, è un libro sul running dove tu come autrice non hai lo scopo di divenire un atleta olimpionica ma inpersonifichi la svantaggiata che cerca la sua vittoria…
A.M: Mi piace molto questa domanda, in realtà io ti dico, i miei libri nascono dalle mie mancanze. I miei sono libri sulle mancanze.
Ovvero in generale, io credo che senza conoscere, non il greco (che se lo si conosce tanto meglio), ma la cultura greca allora gli svantaggiati siamo noi. Perché siamo noi quelli che perdono qualcosa se la cultura classica dovesse scomparire.
Pensando alla storia di Enea è come per il libro sulla corsa, quella a cui mancava la comprensione ero io, lo avevo sempre studiato come lo studiamo tutti ma non lo avevo mai sentito vicino a me Enea. Si pensa sempre ad Agamennone, ad Achille ma Enea è uno di noi. Non ha il multiforme ingegno di Ulisse, non ha il piè veloce di Achille, Enea è una persona assolutamente normale e in più parte non perché vuole ma perché DEVE.
La sua storia però finisce bene, se pensiamo di Ulisse una volta a casa nessuno sa più nulla ma Enea arriva a fondare la cosa più grande di sempre che è L’impero Romano.
Quando parlavo di un libro di mancanze intendo proprio questo, intendevo restituire Enea all’Italia. Per chi lo ha studiato al liceo è faticoso percepirlo come un eroe, poi su di lui grava il peso dell’epoca fascista, volevo appunto restituirgli il suo posto: Enea ha fondato Roma e noi non siamo così fieri di lui.
A.G: Volevo chiederti, ascoltavo prima e mi sono resa conto che anche io mentre scrivo faccio un po’ fatica a riguardare quello che ho prodotto perché è come se mi togliessi un muscolo, lo lanciassi da una parte e, siccome, non voglio vederlo sanguinare poi scappo via…
A.M: (Ride) Anche io sono un po’ così, mi piace l’immagine. Un po’ macabra ma è calzante.
A.G: Non si vedrebbe ora guardandomi ma sono stata anche io un’atleta e, prima, mentre eri sul palco, parlavi di saggiare il limite massimo per cui il corpo è costituito per codice genetico. Ovvero, l’informazione in cui c’è scritto il massimo a cui il tuo corpo può arrivare nello sforzo fisico è già nel Dna.
Negli anni ci troviamo tutti a cercare di arrivare a capire quale sia il massimo livello a cui la nostra psiche può arrivare e, la mia domanda è un po’ questa, come si fa a capire qual è il nostro massimo intellettuale…
A.M: Nessuno mi aveva mai posto questa domanda, perché capisco cosa vuoi dire. Per me, la maratona è stato il mio massimo fisico, non posso davvero andare oltre. Il massimo intellettuale è davvero difficile da quantificare. Ci sto pensando…
Perché, a volte nel mio caso specifico, ho l’impressione che le cose più interessanti che conosco o il mio massimo intellettuale non sempre corrisponda a quello che è nei miei libri.
Cito Dante perché è più facile rispondere. Dante diceva che c’è una sorta di divario tra la velocità del pensiero e quella della scrittura, perché le parole sono davvero alate come diceva omero, quindi, no pensiamo molto più velocemente della mano che scrive, mentre si dovrebbe adattare la velocità nello scrivere alla velocità delle idee ed è ovvio che qualcosa sfugga e non rimanga impresso nella penna, proprio per questo divario: il nostro pensiero è davvero più veloce e abile della penna.
Quindi, davvero, ho l’impressione che il mio massimo intellettuale nasca in conversazione che ho ma che poi non finisce nei miei libri perché non sono abbastanza…brava.
A.G: Parlavo, parlo spesso, in redazione di quanto mi piacciano i tuoi libri e ripeto sempre che “La Marcolongo scrive nella maniera in cui io penso” perché anche a me capita di ripetermi, tornare sugli argomenti e alla fine non sentirmi mai completa al termine del discorso. Che consiglio daresti, visto che siamo quasi coetanee, a chi vuole iniziare a scrivere, come me per esempio…
A.M: In realtà il consiglio che darei anche a me stessa, perché poi la scrittura non è un diploma da appendere al muro che dice che hai scritto un libro e questo significa che continuerai a scrivere dei libri buoni.
Significa solo che, per miracolo, una volta hai scritto un libro.
L’angoscia è se riuscirò mai a scriverne un altro.
Come te, mi dico che tornerò a casa e inizierò a scrivere e lo vivo con incertezza. Quindi l’unico consiglio che dò a te e dò a me è di divertirsi veramente tanto, perché siccome non c’è nulla di sicuro e di fisso tanto vale viverlo.
La cosa peggiore, perché a me è capitata, è di rimpiangere quel momento unico che hai con la scrittura: dire non me lo sono goduto a fondo, avrei potuto fare altro, quindi tanto vale buttare dentro tutto alla scrittura.
Finisce qui la mia serata con Andrea Marcolongo. Sono stata felice di trovare l’anima che mi aspettavo di conoscere e colgo di nuovo l’occasione per ringraziarla di aver parlato con me, per i suoi libri che per me sono uno specchio e ringrazio anche Editori Laterza.