“Il volo del soffione” di Mirella Morelli
Recensione di Ilaria Biondi
Per scoprire cosa sia un soffione possiamo interpellare un dizionario prestigioso e affidabile come il Treccani:
“SOFFIONE: Altro nome della pianta detta più comunemente dente di leone, così chiamata per il fatto che, alla maturazione dei frutti (acheni muniti di pappo), i peli dei pappi si espandono formando nell’insieme una sfera che, al minimo soffio, si dissolve perché gli acheni si staccano facilmente dal ricettacolo dell’infruttescenza.”
Ma la definizione scientifica, pur nella sua scrupolosa precisione, non è in grado di restituire lo stupore dolce, il linguaggio magico, la bellezza invisibile di questi palpiti leggeri, che volano sulle ali dei sogni e della libertà.
Per cogliere i loro segreti basta nascondersi dietro lo spuntone di una roccia, pazienti e silenti.
E seguire, con occhi intrisi d’azzurro, l’intrepido volteggiare dei semini, che lenti si distaccano da mamma soffione, per incamminarsi curiosi sui sentieri del mondo.
Insieme a loro ci si perderà nelle fragili forme di un ruscello e nella melodia mesta del suo canto di lacrime.
Ci si appenderà alla bellezza assorta e lucente di un arcobaleno.
Ci si inginocchierà sui gelidi cristalli trasparenti di un inverno di purezza.
Si coglieranno stelle nel prato del cielo, per deporle nel grembo verde di una grande lago.
Si sfiorerà il tronco rugoso di una quercia e ci si lascerà carezzare dai petali minuti delle margheritine, mentre nuvole d’organza faranno capriole in braccio al vento.
Sono diversi fra di loro, questi soffici piumini.
Chi sorride con coraggio ed esuberanza ad ogni nuova avventura.
Chi si lascia cullare, timido e ritroso, dai presagi di brezza, desideroso di deporre il proprio gracile peso sul morbido tappeto erboso.
Chi danza nell’aria insieme ai fratelli e chi si arrampica sulla propria quieta solitudine.
Ma, pur nelle differenze, a guidare il passo dei giovani acheni è un medesimo bisogno di conoscenza.
Andare. Attraversare. Guardare. Ascoltare. Esplorare.
Il giorno, con il suo ventaglio di luci, e la sera, con le sue ombre accovacciate, sono una continua promessa di scoperta.
Gli acheni affidano la loro leggerezza setosa al cuore generoso e all’anima foderata di saggezza di nuovi e inaspettati compagni di viaggio.
Il torello, la cicogna, la mosca, l’anatra, la lepre, il tasso, lo scoiattolo, la quercia, la farfalla, la formica, la giraffa colorano di amicizia e complicità le ore dei minuscoli semi.
Al loro fianco l’aria soffia parole e disegna storie, le cui trame intrecciano dolore e meraviglia, gioia e delusione, disperazione e tenerezza, aridità e gentilezza, solitudine e armonia, cattiveria e consolazione.
Un mondo senza uomini, ma molto umano nei suoi splendori e nelle sue miserie.
Nelle sue aspirazioni e nei suoi fallimenti, nelle sue inquietudini e nelle sue certezze.
Nei suoi limiti e nelle sue inattese grandezze, nelle sue sciocche presunzioni e nella sua luminosa umiltà.
Nelle sue paure e nei suoi sussulti di forza e coraggio, nei suoi smarrimenti e nella tenacia di ritrovare il cammino.
Il volo del soffione, opera di raro pregio e intensa bellezza, è anzitutto un inno alla gioia del raccontare.
Con notevole abilità narrativa Mirella Morelli incastona all’interno della storia principale tante piccole, grandi storie, aventi sovente per protagonisti gli animali.
Sguardo acuto e sensibile gettato su squarci di vita e frammenti d’anima che induce gli acheni (e il lettore insieme a loro) alla riflessione e a una forte compartecipazione emotiva.
Mi permetto di citare, una su tutte, la storia di Levi, la lupa solitaria, che brilla di nitore e grazia dolente.
Mirella Morelli, raffinata erede della più alta tradizione favolistica, presta voce, pensieri, sentimenti e soprattutto saggezza agli animali.
Il microcosmo che essi popolano, e nel quale i giovani e inesperti acheni si muovono, non è perfetto e alle luci accosta e sovrappone anche le ombre nebbiose.
“Con aria crucciata il giovane achenio volava via. Pareva convinto che allontanandosi dai fratelli avrebbe trovato sollievo alla delusione, ormai intimamente persuaso che proprio i nostri simili possano infliggerci i dolori più tremendi.”
Malgrado le cadute, le brutture, gli egoismi e le sofferenze a prevalere sono però l’apertura verso l’altro, la condivisione e la generosa accoglienza.
“Tutti, solo volendolo, abbiamo qualcosa da dare agli altri.”
Questo è il messaggio di disarmante semplicità e al contempo di straordinaria sapienza che il piccolo achenio pronuncia al termine del suo viaggio solitario, che coincide con l’inizio di un nuovo viaggio a due.
Un messaggio al quale il lettore non può rimanere indifferente…
Una favola intrisa di delicata e soave levità – qualità che Grazia Cocco traduce con grande bravura nelle sue poetiche e luminose illustrazioni – che appende alla pagina di carta, per non disperderne nemmeno una goccia, nemmeno un granello, la Meraviglia muta, nascosta e ineffabile della Natura.
“Sono passati mille insetti rincorsi da mille lucertole, poi mille volpi che rincorrevano mille topi. Sono passate mille albe e poi mille tramonti rincorsi da mille notti. Io li ho visti, li vedo correre e rincorrersi e poi sparire lontani. Il mio tempo è scandito dal loro giungere e poi sparire. Tutto qui, il segreto della mia vita.”
Sinossi
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