Il prete nuovo – di Tina Caramanico
recensione di Emma Fenu
Il prete nuovo è un romanzo di Tina Caramanico edito da Vocifuoriscena nel 2019.
Ci si aspetterebbe una storia con un prete protagonista, forse giovane e bello, di cui qualcuna si innamora segretamente.
Invece no.
Padre Timbault, dai capelli fulvi e gli occhi scuri, è un predicatore carismatico che scuote le coscienze con le sue prediche e confessioni, ma non agisce, fa agire.
In un paese dell’Italia degli anni Sessanta, piccolo abbastanza per far mormorare la gente, si dipanano vite all’apparenza perfette, che nascondono segreti disperatamente umani e inconfessabili se non a Dio, e talvolta imperdonabili perfino da se stessi.
Se è vero che la lingua uccide più della spada, è vero anche che il senso di colpa interiore logora più della pubblica e altrui accusa.
Brigida, anziana che dimentica perfino i dolori alla schiena per spiare le vite dei compaesani, e Bianca, dodicenne che viene a contatto con il mondo degli adulti, diventano il filtro della condizione femminile dell’epoca, quando alle donne non era consentito studiare, avere una vita autonoma e libera, prendere parte al potere e affermarsi professionalmente.
Oltre al ruolo di moglie e madre irreprensibile, oppressa nei desideri di piacere e di indipendenza, non restava alle donne che trovare riscatto e evasione nel pettegolezzo.
Del resto, meglio pettegole e bigotte che puttane o streghe, per lo meno per la morale allora vigente.
Tina Caramanico, affidando la voce narrante alla piccola e ancora ingenua Bianca, ci regala un racconto intenso, privo di falso pudore e di sentenze di giudizio, di un paese che diventa palcoscenico delle umane miserie, miserie che necessitano di perdono e accoglienza.
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Sinossi
Misterioso, inquietante e dotato di un fascino magnetico, padre Thibault – il prete nuovo – irrompe in un piccolo paese italiano degli anni Sessanta, sconvolgendone il quieto e abitudinario vivere.
Forse è un santo, forse un folle, forse uno stregone, ma le sue parole spingono la gente a rinunciare all’ipocrisia condivisa e a porre dinanzi al tribunale della coscienza, se non addirittura a confessare, i propri segreti più oscuri.
Si fanno spettatrici e complici di questa rivoluzione l’anziana Brigida, esperta in pettegolezzi, e la dodicenne Bianca: saranno loro, in un’intrigante complicità tra nonna e nipote, a dipanare i tanti garbugli, a ricostruire i non detti, ad anticipare le verità poi rivelate.
E quasi sempre guardando dalla finestra, come nel capolavoro di Hitchcock.