“Fahrenheit 451” di Ray Bradbury
Recensione di Chiara Minutillo
Era una gioia appiccare il fuoco. Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite, diverse. Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non si sa quale direttore d’orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia. Col suo elemento simbolicamente numerato 451 sulla solida testa, con gli occhi tutta una fiamma arancione al pensiero di quanto sarebbe accaduto la prossima volta, l’uomo premette il bottone dell’accensione, e la cosa sussultò in una fiammata divorante che prese a arroventare il cielo vespertino, poi a ingiallirlo, infine a annerirlo. Egli camminava dentro una folata di lucciole. Voleva, soprattutto, come nell’antico scherzo, spingere un’altra su un bastone dentro la formare, mentre i libri, sbatacchiando le ali di piccione, morivano sulla veranda e nel giardinetto della casa, salivano in vortici sfavillanti e svolazzavano via portati da un vento fatto nero dall’incendio.
451 gradi Fahrenheit. È la temperatura a cui brucia la carta. La temperatura a cui un libro, una lettera, un qualsiasi foglio di carta diventa nient’altro che cenere.
451 gradi Fahrenheit. È la temperatura a cui brucia la cultura, accartocciandosi su se stessa, in preda agli spasmi.
451 gradi Fahrenheit. È la temperatura a cui brucia la libertà: la libertà di scelta, la libertà di conoscere, la libertà di essere se stessi, diversi da chiunque altro.
Nella società creata da Ray Bradbury, il problema è proprio questo: essere diversi è una facoltà che non è contemplata. Ogni cittadino deve essere uguale all’altro, tutti con gli stessi pensieri e le stesse idee.
I vigili del fuoco, quindi, non sono più coloro che vigilano sul fuoco per spegnerlo, per far sì che non ne restino residui e braci che possano arrecare ulteriori danni.
Nella società di Bradbury, i vigili del fuoco diventano quelli che appiccano il fuoco, affinché esso distrugga tutto ciò che va distrutto.
È una società piena di contraddizioni, di formalismi. Una società che corre veloce, senza soffermarsi sulle piccole cose, quelle più importanti. Una società che rincorre la felicità, senza raggiungerla mai veramente, se non nella propria illusione. Perché non c’è nulla di reale. Tutto è apparenza. Non c’è profondità. C’è solo superficialità.
Una società che indottrina, in cui è impossibile porsi dubbi.
Perché, se si ragiona da soli, si diventa pericolosi. Come Montag, il protagonista, un vigile del fuoco che non è più convinto di fare la cosa giusta, distruggendo il sapere.
Fahrenheit 451 è un classico moderno uscito dalla penna di Ray Bradbury. Un classico che dipinge una società futura, pescando anche elementi dal passato, quando esisteva una lista di libri proibiti, quando uno scritto veniva bruciato.
È un libro breve, che si legge in un attimo, in cui si ritrova una società futura, che sembra essere regredita a un passato barbaro. Alcuni dei suoi elementi ormai sono il presente: macchine che corrono veloci, schermi TV che mostrano immagini in tre dimensioni. Rimane solo un dubbio: quante delle caratteristiche psicologiche e comportamentali descritte da Bradbury sono reali ora?
C’era un buffissimo uccello, chiamato Fenice, nel più remoto passato, prima di Cristo, e questo uccello ogni quattro o cinquecento anni si costruiva una pira e si immolava sopra. Ma ogni volta che vi si bruciava, rinasceva poi subito dalle sue stesse ceneri, per ricominciare. E, a quanto sembra, noi esseri umani non sappiamo fare altro che la stessa cosa, infinite volte, ma abbiamo una cosa che la Fenice non ebbe mai. Sappiamo la colossale sciocchezza che abbiamo appena fatta. Conosciamo bene tutte le innumerevoli assurdità commesse in migliaia di anni e finché sapremo di averle commesse e ci sforzeremo di saperlo, un giorno o l’altro la smetteremo di accendere i nostri fetenti roghi funebri e saltarci sopra. Ad ogni generazione, raccogliamo un numero sempre maggiore di gente che si ricorda. […] E verrà il giorno in cui saremo in grado di ricordare una tale quantità di cose che potremo costruire la più grande scavatrice meccanica della storia e scavare, in tale modo, la più grande fossa di tutti i tempi, nella quale sotterrare la guerra.
Sinossi
Montag fa il pompiere in un mondo in cui ai pompieri non è richiesto di spegnere gli incendi, ma di accenderli: armati di lanciafiamme, fanno irruzione nelle case dei sovversivi che conservano libri e li bruciano. Così vuole fa legge. Montag però non è felice della sua esistenza alienata, fra giganteschi schermi televisivi, una moglie che gli è indifferente e un lavoro di routine. Finché, dall’incontro con una ragazza sconosciuta, inizia per lui la scoperta di un sentimento e di una vita diversa, un mondo di luce non ancora offuscato dalle tenebre della imperante società tecnologica.