“Al giardino ancora non l’ho detto” di Pia Pera
Recensione di Maria Cristina Sferra
Pia cammina nel suo rigoglioso, amatissimo giardino, fisicamente finché le è possibile, con lo sguardo ove ciò non le è più permesso.
Ci conduce tra fiori di ogni foggia, tra gli arbusti, sotto le fronde degli alberi da frutto, fin nell’orto.
Ci indica con pazienza i profumi, le sfumature di colore, il volo provvidenziale degli insetti. E mentre, accompagnata dal suo cagnolino, si inoltra via via dentro tanta bellezza, ci apre le porte del suo mondo.
“Al giardino ancora non l’ho detto” è un diario intimo, un dialogo serrato che l’autrice intrattiene con se stessa, un calendario senza date, dove il ritmo è scandito dal susseguirsi delle stagioni, tanto visibile nel giardino che cambia livrea quanto nell’inesorabile aggravarsi della malattia che ha colpito la donna.
Il giardino e l’autrice. L’uno lo specchio dell’altra, protagonisti entrambi della naturale caducità dell’esistenza, che solo la piena cognizione regalata dalla malattia rende perfettamente leggibile.
“Morire non era più una speculazione intellettuale, stava realmente accadendo. Molto lentamente e prima del previsto. Lasciandomi forse il tempo di scrivere in presa diretta del giardiniere di fronte alla morte.”
L’indagine che Pia Pera compie è impietosa, profonda, sottile, attenta, spesso inframmezzata da domande alle quali risulta impossibile dare risposta. Domande che sfiorano ogni essere umano, prima o poi.
Il suo sguardo accarezza l’amato giardino, poi torna a cercare nel proprio spazio interiore quel che occorre per avvicinarsi serenamente alla fine del proprio percorso su questa terra.
Niente viene risparmiato: le miserie di un corpo che non risponde più, la progressiva incapacità di prendersi cura di sé, l’idea di una possibile, a volte auspicabile, eutanasia.
“Comincio a somigliare sempre più a una pianta di cui bisogna prendersi cura, divento sorella di tutto quanto vive nel giardino, parte di questa sconfinata materia di cui ignoro confini e profondità.”
Non vi sono sconti in questo libro, eppure non vi si trovano lamenti, non vi si insinuano lacrime, non vi si legge ricerca di compassione.
Vi è piuttosto una lucida capacità di far scorrere sulla carta tutti i dubbi, le sofferenze, i sentimenti di un’anima che si prepara con composta consapevolezza ad andarsene.
L’autrice si mette a nudo con femminile pudore, ma anche con grande determinazione, e per farlo usa la sua scrittura elegante, le sue descrizioni accurate, il suo punto di vista mai banale.
Il testo che ci dona diventa monito per chi, non ancora pienamente conscio della finitezza dell’esistenza, dissipa con noncuranza la propria energia vitale e il breve, prezioso tempo a disposizione.
La narrazione si trasforma così in una meditazione camminata che dal giardino conduce all’anima e da qui all’amore.
Quel che ne resta è l’intenso testamento letterario di una donna colta, raffinata e libera. Il testamento del giardiniere che affronta dapprima la vita, poi la morte.
“Mi manca, tuttavia, la soddisfazione profonda, carnale, nell’intimo di ogni fibra, di quando, sfinita dopo un corpo a corpo con la terra, mi restava appena la forza di compiacermi di quanto avevo realizzato.”
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Sinossi
“Per molti versi, avrei preferito non dover pubblicare questo libro, che non esisterebbe se una delle mie scrittrici preferite – non posso nemmeno incominciare a spiegare l’importanza che ha avuto nella mia vita, professionale ma soprattutto personale, il suo Orto di un perdigiorno – non si trovasse in condizioni di salute che non lasciano campo alla speranza.
Eppure.
L’orto di un perdigiorno si chiudeva con una frase che mi è sempre sembrata un modello di vita, un obiettivo da raggiungere: «Ho la dispensa piena». Oggi questa dispensa, forse proprio grazie alla sua malattia, Pia ha trovato modo di aprircela, anzi di spalancarcela. E la scopriamo davvero piena di bellezza, di serenità, di quelle che James Herriot ha chiamato cose sagge e meravigliose, di un’altra speranza.
È davvero un dono meraviglioso quello che in primo luogo Pia Pera ha fatto a se stessa e che poi, per nostra fortuna, dopo lunga riflessione ha deciso di condividere con i suoi lettori. Non posso aggiungere molto, se non raccomandare con tutto il mio cuore la lettura di un libro che, come pochi altri, ci aiuta a comprendere la straordinaria avventura di stare al mondo”. – Luigi Spagnol
Anche io ho letto questo libro e, da vera appassionata di giardini, mi sono identificata in Pia. Il libro è scritto senza alcuna retorica: una bella fortuna avere una scrittura riconosciuta. Ho trovato anche in questo libri ottimi consigli di lettura.