“Vita e poetica di Nazim Hikmet”

a cura di Carolina Colombi

Nazim Hikmet

Il poeta Nazim Hikmet ha avuto una vita travagliata

  Il più bello dei mari di Nazim Hikmet

“Il più bello dei mari è quello che non navigammo

Il più bello dei nostri figli non è ancora cresciuto

I più belli dei nostri giorni non li abbiamo ancora vissuti

E quello che vorrei dirti di più bello non te l’ho ancora detto”

 Sono l’intensità e la bellezza di questi versi ad accendere nel lettore la voglia di approfondire la poetica di Nazim Hikmet.

 Ma non si può raccontare delle sue liriche senza prendere in considerazione la sua vita, intensa, e spesa non soltanto per la poesia, ma anche per la passione politica.

 Che non è passione politica fine a se stessa, ma guidata da un innato sentimento di giustizia.

Nazim_Hikmet

La vita del poeta è guidata dalla passione politica.

 Nato nel 1902 a Salonicco (attualmente città della Grecia, fino al 1912 parte dell’Impero Ottomano) Nazim Hikmet, viene definito il “romantico rivoluzionario”.

 Considerato uno dei più importanti poeti dell’epoca moderna, Hikmet ha sviluppato un’attività letteraria di grande portata.

  Proveniente da una famiglia aristocratica, nasce e vive in un clima di fervido sentimento poetico.

  Ciò, grazie soprattutto alla madre, la quale amava i poeti francesi, Baudelaire e Lamartine fra questi.

  Ed è in un’atmosfera pregna di cultura che nasce il suo amore per la poesia.

  Che all’età di 14 anni lo esorta a dar vita ai suoi primi testi poetici.

  Il suo mentore però non sarà la madre, ma il suo insegnante di letteratura e poesia.

 Fin da giovane la fede politica anima ogni gesto di vita di Hikmet.

 Sviluppandosi parallelamente alla sua poetica: le due componenti si intrecciano, compenetrandosi una con l’altra.

 Perché il poeta ha fatto delle sue liriche non solo motivo di espressività artistica, ma anche mezzo per denunciare le ingiustizie di cui è stato testimone.

 Il suo percorso politico incrocia quello di Hataturk, importante leader politico turco.

 Nazim Hikmet dà la sua adesione al partito nazionalista di Hataturk, ma poco dopo se ne allontana a causa di forti divergenze.

 L’uomo ha il coraggio, pubblicamente, di denunciare il genocidio nei confronti degli armeni, motivo per cui, intorno agli anni ’20 è costretto a riparare in Russia.

 Si stabilisce a Mosca, e lì studia sociologia.

 Dedicandosi con passione all’attività letteraria e poetica, influenzata anche dal poeta Majakovskij.

 Scopre i testi di Marx e conosce Lenin, personaggi che lo affascinano al punto da farlo aderire al pensiero comunista.

 Proprio a Lenin dedica “Comunista! Voglio dirti due parole”.

 Tornato in Turchia, nel 1928 aderisce al Partito Comunista Turco.

 Mentre la sua attività letteraria continua a essere il suo principale scopo di vita.

 Non solo si dedica alla poesia, ma anche a sceneggiature teatrali e a scrivere una notevole quantità di articoli.

 Ma il suo senso di giustizia è talmente impellente, da dedicarsi ancora all’attività politica.

 Affigge manifesti di protesta, considerati rivoluzionari, e i quali gli costano una condanna a 5 anni di carcere.

 Durante la pena detentiva, la sua attività letteraria è frenetica e vigorosa.

 Scrive 9 libri di poesie, che con i suoi versi liberi rivoluzionano la moderna poetica turca.

 Quando viene a mancare il leader turco Hataturk, il regime si fa maggiormente severo.

 Hikmet viene nuovamente fermato dalla polizia, perchè accusato, attraverso un suo poema, di incitare i marinai alla rivolta.

 E una volta ancora quest’azione gli costa l’arresto e il processo.

 Le sue iniziative antinaziste e antifranchiste non piacciono al regime.

 E le sue poesie di argomento politico sono proibite perché considerate sovversive.

 Sarà perciò condannato a 28 anni di prigione, di cui 12 scontati in un duro carcere dell’Anatolia.

 Durante questo periodo mette in atto uno sciopero della fame che si rivelerà deleterio per la sua salute.

 In conseguenza di tale protesta viene colpito da un infarto.

 Continua comunque, nel corso della sua lunga detenzione, a dare vita a un considerevole numero di poesie, fra cui la celebre “Alla vita”.

 Il suo capolavoro è la raccolta “Poesie d’amore”, che testimonia il suo grande impegno sociale, e da cui traspare anche il profondo sentimento che anima la sua poetica.

 Nel 1949 si forma una commissione internazionale.

 Formata da intellettuali quali Sartre, Picasso, Neruda e Robeson ne chiede l’immediata scarcerazione.

 Esiliato dal suo paese, nel 1951 fa ritorno a Mosca, e da questo momento trascorre il suo esilio viaggiando per l’Europa.

 Durante il suo periodo romano dedicherà alcune poesie a Roma, alle donne romane e alle sue incantevoli terrazze.

Roma

“Quante belle donne ci sono al mondo quante belle ragazze s’affacciano sulle terrazze della città

contemplale vecchio

contemplale e mentre da un canto i tuoi versi si fanno più tersi e lucenti

dall’altro devi contrattare cercando di tirarla in lungo

con la morte che ti sta accanto”

 Tornato a Mosca, gli viene assegnato un alloggio destinato agli intellettuali.

 Anche se alla sua terza moglie e al figlioletto sarà impedito di raggiungerlo.

 Al figlio dedica un’intensa poesia, colma di speranza, dal titolo quanto mai significativo “Prima di tutto l’uomo”.

 Dopo la morte di Stalin, con il nuovo corso impresso da Kruscev alla politica sovietica, Hikmet scrive un’opera satirica contro la burocrazia e la dittatura stalinista dal titolo “Ma è poi esistito Ivan Ivanovic?”.

 Con l’intento di denunciare la corruzione degli ideali comunisti.

 Nel 1959 chiede asilo politico alla Polonia, divenendo cittadino naturalizzato polacco.

Per la quarta volta, nel 1960, si sposa con la giovane Vera, cui dedica una delle sue ultime poesie.

In seguito a una crisi cardiaca, muore nel 1963.

Per completezza, e per ricordare Nazim Hikmet e la sua poetica dal valore altamente didattico, alcuni riconoscimenti.

Il suo nome fu proposto per la candidatura al premio Nobel per la pace.

 Nel 2002, per il centenario della sua nascita, simbolicamente, il governo turco gli restituisce la cittadinanza.

  E l’UNESCO rende omaggio alla sua poesia.

 Il regista turco Ferzan Ozpetek lo ricorda spesso nei suoi film, e lo ha citato anche durante la rappresentazione dell’Aida, di cui è stato regista, durante il Maggio Musicale Fiorentino, inserendo alcuni versi di Hikmet contro la guerra.

 Anche nella canzone “Sogna, ragazzo sogna” di R. Vecchioni si fa riferimento ad alcuni versi di “Alla vita”.

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