Intervista a Dori Ghezzi

per ricordare anche Fabrizio De André

a cura di Emma Fenu

Dori Ghezzi De Andrè
C’era una volta un uomo.
Volta la carta e c’è ancora, in forma diversa.

Così è la vita, un libro che si sfoglia e cambia scenari, dai giochi dell’infanzia alla guerra, quella interiore, quella sociale e quella di sterminio; dall’innamoramento al riscatto da pagare con le borse degli occhi.

Eppure finisce in gloria, questa vita di contraddizioni, perché i ricordi hanno un nome, cioè ci sono figli, e abbiamo da partorire sempre una pagina bianca su cui iniziare un nuovo capitolo.

C’era una volta e c’è ancora, dicevo, Fabrizio De Andrè.

Uso l’imperfetto della fiaba, ossia il c’era, non il ci fu, perché ci proietta bel non – tempo del mito in cui tutto è e non si declina mai nella finitezza del passato remoto.

Fabrizio De Andrè ha narrato l’Uomo, quello della terra di mezzo di Tolkien, quello fra terra e luna di Aristotele, quello fra l’apollineo e il dionisiaco delle tragedie greche che saziano di catarsi.

Ci ha regalato storie, racconti scaldati dalle fiamme del fuoco del focale, quei cerchi di pastori disposti lungo il perimetro  della luna, in un eterno ballu tondu anche da fermi, anche da zitti.

Ci ha regalato versi con calligrafia nervosa, vergati su un diario o incisi sulla pelle.

Ci ha regalato canti di folli Cassandre, urla di paura in piena pazza, mentre gli altri seguono il rotolare di una mela da una bancarella.

Nelle canzoni di Fabrizio di De Andrè ci ritroviamo ancora e sempre, perché in quell’equilibrio fra eros e thanatos, ossia fra amore e morte, siamo tutti funamboli e scivolare in un fiume è un attimo.

Marinella annegò, ma mille Alice si salvano dai fiumi di lacrime.

La serata del 14 giugno 2019, messa in scena nell’Istituto di cultura di Copenhagen dalle autorità, dall’associazione “Incantos” e della Fondazione di Fabrizio De Andrè, con la collaborazione di vari organizzatori e sponsor, è stata un viaggio fuori e dentro di noi alla ricerca dell’apocrifo, termine associato a Vangeli ritenuti falsi, ma che deriva dal greco e vuol dire nascosto, in attesa di essere portato in superficie.

E abbiamo scavato, con le mani nude, le unghie fangose, fino a portare alla luce il teschio di Adamo che nell’iconografia medievale è ritratto, sotto la croce, sul Golgota, per indicare che dalla storia di millenni era nato nella morte un nuovo Uomo, un ribelle, un rivoluzionario.

Un uomo che offre pane e vino a chiunque, perché è l’eroe delle vittime e sa di esserlo anch’egli, e che si addormenta con un sorriso, prima di rinascere in ogni canzone che ancora riascoltiamo.

Hanno partecipato cantanti, musicisti, cantautori e poeti d’eccezione, dando il proprio prezioso contributo, persone di arte e di pane di cui troverete i nomi nel comunicato stampa che allego a conclusione del pezzo e di cui scriverò in altro contesto.

Dori Ghezzi De Andrè
Vi riporto l’intervista che ho avuto l’onore di porgere a Dori Ghezzi. Ascoltatela. Pochi minuti di femminilità vera, di arte vissuta, di storia di Donna femmina un giorno e madre per sempre di un ricordo da custodire e donare, un figlio da crescere e da far correre libero.

Dori Ghezzi è magnetica, ha occhi da fanciulla, frangetta da eterna se stessa, eleganza da regina, sorriso da sorella.
Non è solo affettuosa, è solidale. Non è solo gentile, è generosa.
E ti invita nel giardino segreto, o meglio nella tanca segreta, del suo pensare; ti fa sedere accanto, ti racconta e ti ascolta, perché sa che di storie tutti ci nutriamo, ne abbiamo bisogno per essere anime nel corpo.

Da Studiosa di Storia delle Donne, non potevo esimermi dall’ultima domanda.

Un battito d’ali. Avremo potuto trattarne a lungo.

De André è stato profetico, distopico o forse solo molto consapevole della ciclicità dei percorsi storici: ecco perché è attuale, ed ecco perché con Dori Ghezzi, sua compagna di creazioni in notti troppo buie, ho accennato alla nostra società e alla difficoltà di essere donna..

Femminicidio, violenza, emarginazione, abuso.

Ancora.

Nell’attesa di una Buona Novella che, stavolta, intoneranno Le Madri.

 

 

 

Comunicato Stampa “Viva De André. De André è vivo”.

ComunicatoStampaVivaDeAndre (1)

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